Laura Boldrini si aggiunge al dibattito sulle quote rosa, tema già trattato da Pagella Politica in una dichiarazione di Renato Brunetta, scettico sulla loro utilità.
La presidente della Camera torna a parlarne con un approccio diverso, ammettendo che, in alcuni casi, le quote non sono necessarie perché la parità di genere già esiste, specialmente in Paesi come Norvegia o Svezia. Vediamo quindi se questi Paesi hanno introdotto un sistema di quote e se, effettivamente, presentano casi di eguaglianza – o di quasi eguaglianza – nei loro parlamenti.
Secondo il Quota Project (progetto promosso dall’Università di Stoccolma, dall’organizzazione International Idea e dall’Inter-Parliamentary Union), sia Svezia che Norvegia presentano casi di quote volontarie a livello di partito, in alcuni casi addirittura dal 1975 (Partito Socialista di Sinistra norvegese, Sosialistisk Venstreparti) e dal 1978 (Partito Socialdemocratico svedese, Socialdemokraterna). Sia nel caso svedese che nel caso norvegese le quote non sono obbligatorie, ma non possiamo però ignorare il fatto che esistano.
Osservando la classifica dell’Inter-Parliamentary Union, che tiene d’occhio la parità di genere nei parlamenti su scala mondiale, scopriamo che effettivamente la percentuale di donne nel parlamento svedese è del 45%, mentre nel caso norvegese è leggermente inferiore, e raggiunge il 39.6%.
Laura Boldrini crea un nesso causale rischioso – è difficile provare che le quote rosa non vengano applicate “perché non esiste più il problema”. Come afferma Richard E. Matland dell’Università di Houston in un interessante studio svolto per l’organizzazione internazionale International Idea, “In Norvegia come in Svezia, le quote sono state introdotte per la prima volta dai partiti più grandi solo quando le donne avevano già fatto passi importanti all’interno del partito” (pag. 64). È però vero che, negli “alcuni” casi menzionati – specificamente Svezia e Norvegia – le quote rosa obbligatorie non esistono, e le donne vengono rappresentate in parlamento con una presenza che si aggira intorno al 40-50%.
Pur ammettendo la differenza tra quote obbligatorie e quote volontarie, non possiamo non penalizzare la presidente della Camera per la prima parte della dichiarazione, assegnandole un “C’eri quasi”.