Noto nemico del Fiscal Compact, Beppe Grillo è contrario anche ad un’altra disposizione del Trattato sulla Stabilità, sul Coordinamento e sulla Governance dell’Ue che lo contiene, ovvero il pareggio di bilancio obbligatorio. Ma in questo caso, invece di attaccare solo i decisori europei, accusa quelli nostrani di aver peccato di zelo nell’implementare il pareggio di bilancio in Costituzione quando il Trattato non lo chiedeva esplicitamente.
L’Italia ha effettivamente inserito il vincolo in Costituzione attraverso la legge costituzionale n.1 del 2012, entrata in vigore il 1° gennaio del 2014 e che ha novellato gli articoli 81, 97, 117 e 119 della nostra Carta Costituzionale.
Vale la pena sottolineare che il pareggio di bilancio è incluso nel Trattato succitato tra virgolette (si parla sempre ed esclusivamente de “la regola del pareggio di bilancio”) perché non si richiede precisamente un bilancio in cui spese ed entrate si equivalgono: si intende per pareggio di bilancio un disavanzo strutturale non superiore allo 0,5%. Effettivamente il Trattato non parla di obbligo di inserire tale regola in costituzione ma di implementarlo “tramite disposizioni vincolanti e di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio”.
Grillo è preciso, il termine usato nel Trattato è proprio “preferibilmente”. I fatti sono questi e fanno guadagnare a Grillo un “Vero”; è però opportuno sottolineare che il Trattato parla in ogni caso di disposizioni vincolanti la cui osservanza deve essere “soggetta alla giurisdizione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.