Partiamo con una definizione per rendere subito chiaro l’oggetto dell’analisi. Il deficit strutturale è il deficit al netto di componenti cicliche (fluttuazioni irregolari del Pil, ad esempio) o misure temporanee. E’ un indicatore molto importante perché è su questo che verte una parte del Fiscal Compact che obbliga i Paesi firmatari ad avere un deficit strutturale non superiore allo 0,5% del Pil.
Detto questo il sottosegretario Delrio non sbaglia nel dire che il deficit strutturale è previsto essere pari a -0,6% nel 2014 dalle ultime stime della Commissione Europea, dopo essersi attestato al -0,8% nel 2013.
Delrio commette però una imprecisione: posiziona l’Italia al secondo posto tra i Paesi dell’Eurozona. In realtà, sempre in base ai dati della Commissione Europea (tab. 41 pag 154), siamo sì dietro alla Germania ma anche alla Grecia, il Lussemburgo e l’Estonia. Come sostiene Delrio, la Spagna (così come l’Inghilterra) dovrebbe concludere il 2014 superando il 4% di disavanzo strutturale, tuttavia questo non è vero per la Francia che si fermerebbe ad “appena” il -2,3%. Il nostro deficit strutturale non si può considerare inoltre “di gran lunga inferiore” a quello di un buon numero di Paesi dell’Eurozona (Finlandia, Austria, Lettonia, Paesi Bassi) dal momento che sono distanti dal nostro valore tanto quanto noi da quello della Grecia, prima in classifica.
Insomma, Delrio fa un po’ di confusione mosso dalla voglia di mostrare che i “fondamentali” dell’economia italiana non sono poi così malaccio, almeno per quanto riguarda i conti pubblici. Pur azzeccando il nostro disavanzo strutturale, prende un granchio relativamente alla posizione di Italia e Francia: “Nì” per l’ex sindaco di Reggio Emilia.