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Il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti ha scritto, in un intervento pubblicato il 29 giugno dal Corriere della Sera, che il Mes è ora «uno strumento finanziario totalmente diverso da quello del passato».
L’affermazione di Zingaretti è imprecisa nella formulazione ed esagerata nella sostanza, ma alla sua base ha alcuni elementi di verità. Andiamo a vedere i dettagli.
L’imprecisione di Zingaretti
Zingaretti parla genericamente di Mes, cioè del Meccanismo europeo di stabilità. Questo, come abbiamo scritto, è nato ufficialmente nel 2012 – sulla scorta di alcuni precedenti – per rispondere alla crisi dei debiti sovrani che aveva colpito diversi Stati europei.
Poteva, e può, contare su una serie di strumenti tramite cui presta denaro agli Stati che ne fanno richiesta.
La novità a cui sembra implicitamente fare riferimento il segretario del Pd è un singolo nuovo strumento che è stato introdotto a seguito dell’epidemia di nuovo coronavirus: il Pandemic crisis support.
Come vedremo meglio tra poco, questo strumento è pensato per finanziare la spesa sanitaria legata all’epidemia, e infatti Zingaretti nel suo intervento sul Corriere della Sera delinea dieci possibili interventi su questa spesa da finanziare grazie al Pandemic crisis support.
Ma se direi che questo strumento è un qualcosa di molto diverso dagli strumenti preesistenti è, con alcuni limiti come vedremo, corretto, parlare genericamente di Mes è impreciso e crea confusione.
Fatta questa premessa vediamo allora se comunque il Pandemic crisis support rappresenti una novità sostanziale rispetto agli altri strumenti già esistenti del Mes.
Il Pandemic crisis support
Il Pandemic crisis support, come anticipato, è stato creato dall’Ue per aiutare gli Stati dell’area euro ad affrontare la crisi economica causata dall’epidemia di nuovo coronavirus.
Ipotizzato per la prima volta nell’Eurogruppo del 9 aprile, questo nuovo strumento è diventato operativo grazie a una decisione del Board of governors del Mes (l’organo dove siedono i 19 ministri dell’Economia degli Stati che hanno l’euro come valuta e che fanno parte del Mes) il 15 maggio.
Consiste in un prestito, che può arrivare al massimo al 2 per cento del Pil del 2019 del Paese che ne fa richiesta (circa 36 miliardi di euro per l’Italia), da spendere in massimo due anni e da restituire nei dieci anni successivi, vincolato a un’unica condizione: che i soldi ottenuti vengano spesi esclusivamente per le spese sanitarie «dirette e indirette» collegate alla pandemia di coronavirus. Potrà essere chiesto, a discrezione degli Stati, fino alla fine del 2022.
I tassi di interesse sul prestito al momento previsti sono estremamente bassi. Come abbiamo scritto in una nostra recente analisi, i prestiti a 7 anni – secondo calcoli fatti in base ai dati di inizio giugno – avrebbero addirittura un interesse negativo, andrebbero cioè restituiti meno soldi di quelli che si sono ricevuti, e i prestiti a 10 anni avrebbero interessi comunque vicini allo zero.
Quali sono gli elementi di novità
L’elemento di novità che giustifica Zingaretti nel dire che questo strumento del Mes sia diverso da quelli preesistenti è l’assenza di condizionalità.
Come abbiamo spiegato in una nostra analisi, il Pandemic crisis support non impone ai Paesi che chiedono il prestito di attuare determinate riforme, come invece è successo per gli Stati che in passato hanno chiesto l’intervento del Mes tramite prestiti con programma di aggiustamento macroeconomico (Grecia, Portogallo, Cipro e Irlanda) o prestiti per la ricapitalizzazione indiretta delle banche (Spagna).
Questi due, lo precisiamo, sono gli unici strumenti del Mes utilizzati finora ma non gli unici previsti: accanto ad essi esistono gli acquisti di titoli sul mercato primario, sul mercato secondario, le linee di credito precauzionali (rafforzate e non) e le ricapitalizzazioni dirette degli istituti finanziari.
C’è in realtà un minimo margine di incertezza sull’assenza di condizionalità visto che il Pandemic crisi support è stato creato e definito tramite decisioni politiche dei massimi vertici dell’Unione europea (Commissione, Eurogruppo, Consiglio europeo) e delle sue istituzioni finanziarie (Mes e Banca centrale europea) ma non è stato formalizzato in atti giuridici vincolanti.
Ma, al di là di questo, è vero che questa caratteristica renda lo strumento del Mes pensato per rispondere all’epidemia di coronavirus qualcosa di significativamente diverso da quelli preesistenti.
Non è invece un elemento di novità il fatto che i soldi ottenuti debbano essere spesi per uno scopo preciso (in questo caso le spese sanitarie collegate alla pandemia). Il citato strumento della ricapitalizzazione diretta degli istituti finanziari, ad esempio, prevede un vincolo paragonabile: i soldi ricevuti dallo Stato dovevano essere impiegati nella ricapitalizzazione e non possono essere spesi per altri scopi.
I tratti di continuità
È però vero che anche il Pandemic crisis support abbia delle caratteristiche che lo accomunano agli strumenti del Mes già esistenti prima della pandemia.
In primo luogo si tratta di un prestito, sono cioè soldi che il Paese ricevente dovrà poi restituire, seppure con tassi di interessi molto vantaggiosi. Questa caratteristica non è presente, invece, per almeno una parte dei fondi che l’Italia potrebbe ricevere – come abbiamo scritto – in base alla proposta di Recovery fund (ora chiamato Next generation Eu) avanzata dalla Commissione europea.
In secondo luogo il Mes resta, anche con il Pandemic crisis support, un creditore privilegiato. Cioè il suo prestito deve essere ripagato prima rispetto ai prestiti dati eventualmente da altri soggetti (tranne che dal Fondo monetario internazionale, che è a sua volta un creditore privilegiato e con precedenza sul Mes).
Il verdetto
Il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha sostenuto il 29 giugno che il Mes sia ora uno strumento «completamente diverso» dal passato.
Zingaretti è impreciso a parlare genericamente di Mes, che è un’istituzione che esiste dal 2012 e che ha nella propria “cassetta degli attrezzi” diversi strumenti, a cui di recente se n’è aggiunto uno nuovo in conseguenza dell’epidemia di coronavirus.
Dunque il Mes nel suo complesso non è completamente diverso rispetto al passato ma, al netto di questa imprecisione di forma, possiamo valutare se nella sostanza il nuovo strumento – il Pandemic crisis support, a cui sembra fare di fatto riferimento il segretario del Pd, nel delineare la sua proposta – sia in effetti così differente da quelli già esistenti.
Da un lato è vero che la caratteristica principale degli strumenti del Mes preesistenti alla pandemia di coronavirus fosse di imporre condizioni, a volte molto pesanti, agli Stati che chiedevano un prestito. Questa caratteristica non è presente nel Pandemic crisis support.
Dall’altro l’intervento del Mes resta comunque un prestito che va restituito (seppure con interessi molto vantaggiosi) e il Mes resta un creditore privilegiato.
Nel complesso per Zingaretti un “Nì”.
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7 dicembre 2024
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