Nel corso della sua audizione alle commissioni riunite di Camera e Senato per le attività produttive, il ministro per lo Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, sciorina una serie di dati su quella che è stata definita la priorità del governo Letta: la lotta alla disoccupazione.
Secondo gli ultimi dati Istat sull’occupazione, aggiornati ad aprile 2013, l’Italia conta 3 milioni e 83 mila disoccupati. Ricordiamo che per l’Istat i “disoccupati” comprendono le persone non occupate tra i 15 e i 74 anni che:
A) hanno effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro nelle quattro settimane che precedono la settimana di riferimento e sono disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive;
B) inizieranno un lavoro entro tre mesi dalla settimana di riferimento e sarebbero disponibili a lavorare (o ad avviare un’attività autonoma) entro le due settimane successive, qualora fosse possibile anticipare l’inizio del lavoro.
Dopo aver azzeccato il numero dei disoccupati, l’ex sindaco di Padova inciampa invece sul numero di persone che si dichiarano disposte a lavorare di più. Secondo i dati Eurostat sulla forza lavoro nel 2012, sono infatti 605 mila gli Italiani occupati part-time che vorrebbero lavorare a tempo pieno. Ci siamo domandati da dove provenga il dato dei sei milioni menzionato da Zanonato. Di sicuro non si è confuso con il totale dei lavoratori part-time. Come leggiamo a pagina 102 del Rapporto Annuale dell’Istat – edizione 2013, i lavoratori a tempo parziale (dipendenti e autonomi) sono oltre tre milioni. Probabilmente il ministro faceva riferimento al numero dei potenzialmente impiegabili: a pagina 95 del già citato rapporto dell’Istat leggiamo, infatti, che “Il numero di persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo si avvicina ai 6 milioni di individui se ai disoccupati si sommano le forze di lavoro potenziali. Si tratta di 3 milioni e 86 mila individui che si dichiarano disposti a lavorare anche se non cercano oppure sono alla ricerca di lavoro ma non immediatamente disponibili e per questo inclusi tra gli inattivi.” Giustificabile o meno, a nostro avviso questa parte della dichiarazione puzza proprio di Panzana.
Veniamo ora alla terza parte della dichiarazione: Zanonato si mostra decisamente preparato sulla nuova categoria dei Neet, acronimo inglese di “Not in Education, Employment or Training”. Si tratta di quei giovani che non essendo occupati, non si stanno istruendo né professionalizzando. Tanta precisione terminologica difficilmente porta ad un errore numerico: come leggiamo a pagina 120 del Rapporto Annuale dell’Istat – edizione 2013, “sono ormai in questa posizione due milioni e 250 mila giovani (23,9 per cento). Molti sono alla ricerca attiva di lavoro (40 per cento), circa un terzo sono forze di lavoro potenziali e il restante 29,4 per cento sono inattivi che non cercano lavoro e non sono disponibili a lavorare”.
Due su tre per Flavio Zanonato che, pur mostrandosi ferrato su questo argomento, la svista sugli italiani che vorrebbero lavorare di più gli costa caro: “Nì” targato Pagella Politica!