In risposta ad un utente che lo criticava su Twitter, l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha provato a chiarire l’estraneità del suo governo rispetto alla presunta cancellazione di una multa da 98 miliardi destinata ad alcune aziende attive nel settore del gioco d’azzardo. L’esponente del Pd, attualmente professore alla Paris School of International Affairs, ha infatti dichiarato che la multa è stata abolita dalla magistratura e non dal governo da lui rappresentato.

Verifichiamo.

Il fatto

In Italia, dopo alcuni anni di lenta apertura nei confronti della diffusione delle slot machines, prima limitati a pochi luoghi come i casinò, nel 2002 il governo presieduto dall’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ne approvò una decisa liberalizzazione (con la legge di bilancio per il 2003, art. 22 comma 2). Venne previsto però un rigido processo di approvazione delle concessioni e di controllo fiscale da parte dello Stato.

Con la legge del 2002 si stabilì, infatti, che l’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (Aams) sarebbe stata incaricata di autorizzare e monitorare il funzionamento degli apparecchi. Esiste infatti un obbligo, per ogni slot machine, di essere attivata su una rete che riporti direttamente all’Aams l’importo delle giocate a fini di prelievo fiscale. Il collegamento in rete venne decretato come obbligatorio entro il 31 dicembre 2003.

Alcuni di questi concessionari, però, non rispettarono questo obbligo, finendo per non riportare l’ammontare delle giocate all’Aams almeno fino al gennaio 2007.

Proprio per questo motivo il Procuratore Generale della Corte dei Conti per il Lazio citò in giudizio alcune delle società che gestivano gli apparecchi destinati al gioco e alcuni dirigenti dell’Aams accusati di inadempimenti nel loro lavoro di monitoraggio.

La sentenza della Corte dei Conti

La Procura chiese originariamente una serie di risarcimenti per danno erariale. Con questa espressione si indica un danno che lo Stato o un ente pubblico subiscono a causa dall’azione di un soggetto facente parte, in qualche modo, della pubblica amministrazione. L’ammontare delle sanzioni individuate inizialmente dalla procura con gli atti di citazione del 2007 raggiungeva la cifra di 98 miliardi di euro.

Il 17 febbraio 2012 però, dopo numerose diatribe legali, la Corte dei Conti (Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio) impose in primo grado ai gestori di apparecchi per il gioco d’azzardo un ammontare di sanzioni pari a una cifra molto minore, 2,5 miliardi di euro. La richiesta iniziale della procura non venne quindi mai accolta.

Questo vuol dire che le società condannate non sono mai state realmente tenute a pagare una multa pari a 98 miliardi di euro, nonostante la cifra sia stata citata spessissimo in seguito. E anche di recente, come dimostra lo scambio tra Enrico Letta e un utente.

Sul punto, poi, sembra aver ragione l’ex Presidente del Consiglio. Sono stati infatti i magistrati in sede giudicante a ritenere che le decine di miliardi di euro di sanzioni richieste dalla Procura non fossero in linea con quanto stabilito dalla legge.

Che cosa c’entra il governo Letta?

Il governo presieduto dal Presidente del Consiglio Enrico Letta ha giocato un ruolo in questa vicenda. Con l’approvazione del decreto per l’abolizione dell’IMU, l’esecutivo ha introdotto la cosiddetta «richiesta di definizione agevolata in appello dei giudizi di responsabilità amministrativo-contabile».

Secondo questa norma, coloro che sono stati condannati in primo grado per responsabilità di tipo amministrativo-contabile (come nel caso dei gestori di slot machines), possono usufruire di uno sconto consistente sulla sanzione pecuniaria (che comunque non può essere maggiore al 75% della multa), perdendo però il diritto di ricorrere in appello. Uno sconto che viene di volta in volta negoziato e approvato dalla corte giudicante e con il pagamento da effettuarsi entro certi termini stabiliti dalla legge.

Una disposizione che a quel tempo andò incontro a forti critiche, sia da parte della stampa che da parte dell’opposizione in Parlamento (in particolare il Movimento Cinque Stelle), che lo definirono un vero e proprio condono ai concessionari del gioco d’azzardo.

Nello specifico caso delle slot machines, si è trattato di uno sconto effettivamente considerevole (pari a quasi 2 miliardi). Sei dei dieci gestori condannati in primo grado (Snai, Gaemenet, Cogetech, Cirsa Italia, Sisal, Gtech/Lottomatica) hanno accettato di ricorrere alla definizione agevolata, pagando nel 2014 un totale di 291,25 milioni di euro.*

I 410 milioni di euro che ancora mancano all’appello

Gli altri quattro gestori coinvolti hanno deciso di fare ricorso alla sentenza di primo grado. Due di essi sono arrivati a sentenza (Hbg e Bplus/Global Starnet), mentre gli altri due (Codere e G.Matica) hanno richiesto e patteggiato con la Corte d’Appello un pagamento complessivo di 79,5 milioni di euro, pari al 30% di quanto imposto nel giudizio di primo grado.**

Nel giudizio d’appello del 2015, la Corte dei Conti ha poi accolto solo parzialmente le richieste dei due concessionari ricorrenti. Questi, pur ricevendo uno sconto consistente sulla cifra stabilita nella sentenza di primo grado, sono stati comunque condannati a risarcire l’erario per una cifra maggiore a quella che avrebbero potuto versare tramite la definizione agevolata.

A Bplus/Global Starnet è infatti stato imposto di pagare 335 milioni di euro allo Stato (contro gli 845 milioni del primo grado), mentre a HBG è stata comminata una multa di 72 milioni di euro (contro i 200 milioni della sentenza di primo grado).

Il pagamento è stato poi sospeso nel 2015 dalla Corte dei Conti fino all’esito del ricorso in Cassazione, su richiesta dei due concessionari, poiché tale multa avrebbe gravato pesantemente sulla solvibilità delle due aziende.

Nel maggio 2018, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno poi respinto il successivo ricorso intentato da HGB e da Bplus/Global Starnet. Secondo fonti giornalistiche recenti però, i due concessionari non avrebbero ancora (ad oggi) pagato le rispettive sanzioni.

Una bugia dalle gambe lunghe

La multa di 98 miliardi inflitta ai gestori di slot machines sembra essere dunque una bufala dura a morire, nonostante circoli ancora molto su Internet la ricostruzione secondo cui il Partito Democratico avrebbe abbonato una multa di decine di miliardi – in realtà, come visto, mai comminata da un giudice – ai gestori delle slot machines.

La multa inflitta nel 2012 dalla Corte dei Conti (Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio) era infatti di 2,5 miliardi. Ad oggi, lo Stato ha riscosso un totale di circa 560 milioni di euro. Essi provengono dagli otto concessionari che hanno deciso di ricorrere al pagamento tramite la definizione agevolata introdotta nel 2013.

L’erario è invece ancora in attesa dei 410 milioni di euro di multa comminati in secondo grado a Bplus/Global Starnet e a Hgb. Se anche quei soldi dovessero entrare nelle casse dello Stato, la vicenda si chiuderebbe con un pagamento complessivo di circa 970 milioni di euro sui 2,5 miliardi inizialmente richiesti (per circa il 38% del totale).

Il verdetto

L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha smentito su Twitter l’accusa di un utente che attribuiva al suo governo la responsabilità dell’annullamento di una multa da 98 miliardi di euro ai gestori di slot machines. La decisione, secondo Enrico Letta, sarebbe della magistratura e non del governo da lui presieduto.

Letta ha ragione: non è stato il suo governo ma la Corte dei Conti a stabilire quale cifra dovesse essere risarcita allo Stato da quei concessionari che, legati al gioco d’azzardo, non avevano configurato in rete i propri apparecchi. Ma il governo Letta ha comunque avuto effetti sulla vicenda. Nel 2013, una misura inserita in un decreto ha stabilito che tutti i condannati in primo grado per responsabilità di tipo amministrativo-contabile potessero ricevere una sensibile riduzione della sanzione, a patto di non ricorrere in appello.

Rientravano in questa categoria anche i gestori delle slot machines: per questo motivo alcuni dei concessionari coinvolti, invece di pagare i 2,5 miliardi di euro imposti dalla Corte dei Conti, hanno optato per la rinuncia al ricorso e per un sconto della sanzione.

Sul punto contestato, comunque, Enrico Letta ha ragione e merita un “Vero”.



* Ogni gestore ha patteggiato un pagamento del 30% della multa iniziale (più relative spese e interessi): Snai dei 200 miloni dovuti ne ha pagati circa 65,75; Gamenet dei 235 milioni dovuti ne ha pagati 70,5; Cogetech dei 255 milioni dovuti ne ha pagati 76,5; Cirsa Italia dei 120 milioni dovuti ne ha pagati 37,5; Sisal dei 245 milioni dovuti ne ha pagati circa 76,5; Gtech dei 150 milioni dovuti ne ha pagati circa 31.

** Nello specifico Codere Spa ha versato all’erario 34,5 milioni di euro (contro i 115 previsti in primo grado), mentre G.Matica ha pagato 45 milioni di euro allo Stato (contro i 150 previsti in primo grado).