Monti ritorna a parlare di competitività, dopo i dati sulle posizioni recuperate dall’Italia all’interno del Global Competitiveness Report, e cita qui una delle principali cause (messe in luce all’interno dello stesso rapporto), della difficile situazione del Paese: la corruzione. La dichiarazione è stata infatti rilasciata in occasione della presentazione del Rapporto sulla corruzione rilasciato dai ministri dell’Interno, Annamaria Cancellieri, della Pubblica Amministrazione, Filippo Patroni Griffi, e della Giustizia, Paola Severino, lunedì 22 ottobre.


Il rapporto sottolinea come “il danno indiretto, e forse più grave, è quello inferto all’economia nazionale, perché la corruzione allontana le imprese dagli investimenti”. Un danno che in Italia è particolarmente gravoso visto che, le principali graduatorie internazionali ci collocano in posizioni decisamente basse (per un riassunto sul rapporto si veda qui). Per il Corruption Perception Index (CPI) di Trasparency International, l’Italia si colloca 72esima con un punteggio di 42 su 100 (=assenza di corruzione), mentre i dati della Banca Mondiale sul controllo della corruzione ci posizionano nel 50esimo – 75esimo percentile, a differenza di Francia, Olanda, Belgio, Germania e Regno Unito che stanno in “zona verde” (percentile tra 90 e 100).


Nella stessa direzione vanno i dati dello già citato Global Competitiveness Index (GCI) che evidenzia, nel rapporto del 2009 – 2010 e più recentemente in quello 2012 – 2013, come l’Italia occupi solamente la 97esima posizione, con 3.6 punti su 7, per quanto riguarda il parametro “istituzioni”. Quest’ultimo comprende 22 fattori, tra cui la deviazione dei fondi pubblici, la fiducia nei politici e i pagamenti irregolari e tangenti, che vengono comunenemente raggruppati sotto la voce “etica e corruzione”.



Più nel dettaglio e coerentemente con la dichiarazione di Monti, il GCI afferma che [tradotto dall’inglese]: “altre debolezze istituzionali includono alti livelli di corruzione e di criminalità organizzata, oltre alla percezione della mancanza di indipendenza del sistema giudiziario, che aumentano i costi del fare business ed erodono la confidenza degli investitori”. La controprova si ha nel posizionamento del fattore “corruzione” al settimo posto su sedici, tra i principali ostacoli al “fare impresa” indicati nel report (7,1% delle risposte. Ai primi posti troviamo l’inefficienza della burocrazia governativa e la pressione fiscale).


L’insolita situazione italiana è ancora più evidente se la si paragona con quella delle altre principali economie europee. Germania, Regno Unito e Francia, che detengono rispettivamente il sesto, l’ottavo e il ventunesimo posto nella graduatoria generale del GCI, hanno livelli di corruzione sensibilmente più bassi: per la Francia e la Germania il fattore “corruzione” si colloca solamente al tredicesimo posto su sedici, tra gli ostacoli del fare impresa, mentre per il Regno Unito la corruzione occupa addirittura la penultima posizione.  


Insomma, un infelice “Vero” per Monti questa volta.