Pierluigi Bersani non trasudava certo ottimismo per il 2013 in questa dichiarazione. Sciorinando una serie di indicatori davanti ai nuovo parlamentari Pd, li avvertiva che quest’anno sarà addirittura il peggiore dallo scoppio della crisi. Posto che, fino alla fine del 2013, non sarà possibile sapere se le parole di Bersani siano fondate, nel frattempo possiamo verificare se le previsioni dei principali istituti e centri di ricerca danno ragione al suo pessimismo. Riteniamo di poterci basare sulle previsioni perché anche quella di Bersani lo è, e lo dimostra il fatto che non suggerisce numeri precisi, quanto, piuttosto, un andamento (che, in quanto tale, è più difficile che gli istituti sbaglino, a differenza delle stime che invece vengono regolarmente riviste durante l’anno).


Partiamo dal Pil. Qui il Segretario del Partito Democratico sembra esagerare. Sebbene sia le stime di crescita della Commissione Europea rilasciate il 22 febbraio 2013 che l’aggiornamento del World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale di gennaio che, ancora, le previsioni ‘World Economic and Social Prospects 2013’ delle Nazioni Unite mostrino il Pil in calo nel 2013 (le riduzioni variano tra lo 0,3% e l’1%), nessuna di queste stime si avvicina al disastroso -5,5% del Pil nel 2009, e neanche a quello del 2012, che è stato ben peggiore (-2,4%). Per quanto le previsioni in questi anni siano state spesso riviste al ribasso, ad oggi sembra davvero difficile eguagliare il 2009, considerato anche che l’Europa parla di ripresa a partire dal secondo semestre 2013.


Per quanto riguarda l’occupazione, la previsione di Bersani trova, invece (purtroppo, visto il tema), riscontro nelle previsioni ufficiali. Secondo il winter 2013 forecast di Eurostat, ci sarà un calo dell’occupazione (-1,4%) e la disoccupazione in Italia raggiungerà l’11,6%. Anche la Division of Economic Affairs and Social Affairs delle Nazioni, nelle previsioni fatte a fine 2012, attendeva una disoccupazione in Italia pari al 11,5% nel 2013. Questo rappresenterebbe un peggioramento rispetto al 10,7% di disoccupazione rilevato dall’Istat per il 2012, ed il peggior livello dal 2007 quando la disoccupazione era appena al 6,1%. Allo stesso modo, un calo del -1,4% nel numero di occupati, dai circa 22,9 milioni del 2012 ai circa 22,6 milioni del 2013: il valore più basso rispetto dell’intero periodo 2007-2013.


Quando si parla di “situazione delle imprese”, un indicatore utile può essere il numero di imprese chiuse ma al momento di pubblicazione di questa analisi Infocamere non aveva ancora rilasciato i dati per il primo trimestre 2013, ed in ogni caso sarebbe una visione parziale. Cercando le varie associazioni di categoria, abbiamo trovato un documento dell’Osservatorio Confesercenti dove leggiamo di un crollo del 50% nel numero di imprese che hanno aperto nei primi due mesi dell’anno, il peggior risultato in 20 anni. In generale, il documento Confesercenti non esita a lanciare l’allarme per le imprese, dichiarando che, se il trend non dovesse variare, il “2013 sarà ecatombe” e “ben peggiore del 2012”.


Passiamo agli ammortizzatori sociali. Secondo l’Inps, a marzo 2013 sarebbero state autorizzate 97,0 milioni di ore di cassa integrazione guadagni (Cig) – un calo del 2,8% rispetto al marzo 2012. Vale la pena sottolineare due questioni. Intanto, nello stesso comunicato si legge che, se si guarda il primo trimestre del 2013, le ore di Cig autorizzate sono aumentate dell’ 11,98% rispetto allo stesso periodo del 2012. In aggiunta, come specificato sempre dall’Inps e ulteriormente spiegato in questa analisi del Sole 24 Ore sugli ammortizzatori sociali, scopriamo che il calo di marzo, delle ore autorizzate a marzo, è dovuto a un calo delle risorse utilizzabili e non ad un calo nelle richieste. Insomma, anche qui il trend del primo trimestre non promette bene e, visto che gli ammortizzatori sociali sono per definizione a sostegno dei disoccupati, le stime di un aumento della disoccupazione fanno presagire anche un aumento del ricorso alle varie indennità.


Il 2013 sarà, anche per i redditi, l’anno peggiore dal 2007? L’ultimo dato disponibile dell’Istat, relativamente ai redditi degli italiani, è di febbraio 2013, e misura il reddito disponibile nel 2011, pari a 17.979 euro per abitante. Il reddito disponibile era di 17.999 euro nel 2007, ma il punto più basso del periodo considerato si è raggiunto nel 2009 con un reddito disponibile pari a 17.592 euro (si veda l’ultimo foglio di questa tabella di sintesi dell’Istat sul reddito disponibile delle famiglie). L’Istat si ferma quindi a due anni fa, ma usando l’Ufficio Studi Confcommercio, usando dati Istat e della Commissione Europea ha stimato il calo nel reddito disponibile per il 2012 a -4,4%, e prevede un ulteriore calo del -1,9% per il 2013 (si veda pag. 1 del documento). Facendo un rapido calcolo, il reddito disponibile nel 2012 sarebbe, quindi, pari a 17.188 euro nel 2012 per calare a 16.861 euro quest’anno. Tale valore sarebbe ben al di sotto del valore del 2009 e del 2007, e dobbiamo andare all’indietro fino al 2004 per trovare un valore più basso. Certo, si tratta di una singola previsione di Confcommercio, però è evidente che la combinazione di contrazione del Pil e aumento della pressione fiscale nel 2012 e nel 2013 prevista dal governo nell’aggiornamento del Def di marzo avranno avuto un effetto negativo sul reddito disponibile medio nel 2012 e lo avranno anche nel 2013, dando adito a previsioni come quella di Bersani e della Confcommercio.


Infine, Bersani parla del peggioramento dei rischi estremi di povertà. Per misurare questo fenomeno usiamo i dati del “Misery Index” di Confcommercio (si veda la figura 8 a pagina 9). Il numero di italiani in condizioni di estrema povertà sarebbe aumentata da circa 2,3 milioni nel 2007 a 3,4 milioni nel 2011, e la previsione di Confcommercio è di arrivare a circa 4 milioni per il 2013. Un altra triste conferma per le previsioni di Bersani, quindi.


Bersani promette un 2013 di fuoco e le previsioni sembrano dargli ragione su tutti i fronti fatta eccezione dell’andamento del Pil che, sembrerebbe, decrescerà in maniera meno marcata di quanto visto nel 2012 e molto meno del -5,5% riscontrato nel 2008. E’ solo un indicatore dei sei citati, ma è una chiara esagerazione: “C’eri quasi” per Bersani.