Il sottosegretario agli Affari esteri e deputato Manlio Di Stefano (M5S), ospite della trasmissione televisiva Porta a Porta, ha dichiarato che tutti i rapporti deficit/Pil degli ultimi governi «sono stati più alti» di quello proposto dall’attuale esecutivo.



Di Stefano fa riferimento con ogni probabilità alle cifre contenute nella Nota di aggiornamento al Def approvata a fine settembre dal governo Conte. Questo documento, tra le altre cose, contiene gli aggiornamenti degli obiettivi programmatici per la finanza pubblica del Paese e indica per il 2019 una previsione del rapporto deficit/Pil al 2,4 per cento.



Verifichiamo.



Di che cosa stiamo parlando?



Il deficit – chiamato anche “indebitamento netto”, sebbene i due concetti siano leggermente diversi – è la differenza tra quanto lo Stato italiano incassa e quanto spende in un anno. Il Prodotto interno lordo (Pil) invece è un indicatore macroeconomico che registra la ricchezza prodotta dal Paese in un certo anno.



Questi due elementi – deficit e Pil – vengono messi in relazione per capire lo stato di salute delle finanze pubbliche. Se il rapporto deficit/Pil è negativo, lo Stato incassa più di quanto spende e il debito pubblico scende. Viceversa, se il rapporto deficit/Pil è positivo le entrate sono meno delle uscite e il totale del debito pubblico sale.



Come abbiamo spiegato in una nostra recente analisi, il rapporto deficit/Pil fissato dal governo nei documenti di programmazione economica è una cosa diversa dal valore reale che viene poi registrato di anno in anno. Ciò dipende dalla difficoltà di prevedere con precisione spese e entrate per il futuro.



Il confronto di Di Stefano si può fare in due modi: tra i dati reali registrati gli anni scorsi e la previsione per il futuro fatta dall’attuale esecutivo, oppure tra le previsioni proposte gli anni scorsi con quella fatta dall’attuale esecutivo.



Dato che Di Stefano non chiarisce a che cosa faccia riferimento, vediamo entrambi gli scenari.



Il confronto tra i dati reali



La previsione del rapporto deficit/Pil del governo Conte, come abbiamo detto, si attesta al 2,4 per cento.



Partiamo, per il confronto, dai dati reali degli anni passati. Nella scorsa legislatura – ossia dal 2013 al 2017 – i dati Eurostat hanno mostrato che il nostro Paese ha avuto un rapporto deficit/Pil medio del 2,68 per cento. A eccezione del 2013, l’Italia in questi anni è ricorsa a un utilizzo maggiore del deficit rispetto alla media europea e alla media dei Paesi dell’area Euro (Tabella 1).



Più precisamente, nel 2013 si è registrato un rapporto deficit/Pil del 2,9 per cento; nel 2014 del 3 per cento; nel 2015 del 2,6 per cento; nel 2016 del 2,5 per cento e nel 2017 del 2,4 per cento. Tutte queste cinque percentuali sono superiori – o uguali – al rapporto deficit/Pil proposto dal governo Conte per il 2019 (2,4 per cento).






Tabella 1: Rapporto deficit/Pil Italia (2013-2017) rispetto alla media Ue e a quella dei Paesi dell’area euro – Fonte: Eurostat, Government deficit/surplus, debt and associated data



Il confronto tra le previsioni



Ma Di Stefano potrebbe riferirsi alle sole previsioni. In questo caso, bisogna guardare ai dati riportati nei documenti di programmazione economica degli scorsi esecutivi.



Le previsioni non danno ragione all’esponente del M5S. Solo il governo Letta nel 2013 e il governo Renzi nel 2014 hanno approvato per l’anno successivo previsioni per il rapporto deficit/Pil superiori al 2,4 per cento previsto per il 2019 dal governo Conte. Per il 2014, il governo Letta aveva infatti previsto un indebitamento netto del 2,5 per cento, mentre per il 2015 il governo Renzi aveva programmato un indebitamento netto del 2,9 per cento.



Più basse sono state le previsioni degli altri esecutivi. Per il 2016, il governo Renzi aveva infatti programmato un indebitamento netto del 2,2 per cento, mentre per il 2017 aveva dichiarato un valore del 2 per cento. Per il 2018, il governo Gentiloni aveva prospettato un rapporto deficit/Pil del 1,6 per cento.



Tre previsioni su cinque, dunque, sono state più basse di quella programmata dal governo Conte per il prossimo anno.



Non tutte le previsioni si realizzano




A questo punto è quindi chiaro che (la maggior parte delle volte) le previsioni dei precedenti governi non siano poi state confermate dal dato reale. Ad esempio, il governo Letta sbagliava dello 0,5 per cento la sua previsione per il 2014, con il rapporto deficit/Pil che si attestava al 3 per cento contro il 2,5 per cento pronosticato.



Al contrario, il governo Renzi sovrastimava per il 2015 l’indebitamento netto di 0,3 punti percentuali (2,9 per cento previsto contro il 2,6 per cento reale).



Lo stesso governo Renzi ha tuttavia, a sua volta, sottostimato per il 2016 e per il 2017 il livello di indebitamento netto. Nello specifico, nel 2015 prevedeva per l’anno successivo un rapporto deficit/Pil al 2,2 per cento, il quale invece si attestava nel 2016 al 2,5 per cento. L’anno successivo, invece, pronosticava un livello di indebitamento per il 2017 del 2 per cento, ma in realtà il rapporto deficit/Pil nel 2017 risultava essere del 2,4 per cento.



Un errore di calcolo commesso forse anche dal governo Gentiloni, dato che la sua previsione di un rapporto deficit/Pil per il 2018 all’1,6 per cento è stata rivista all’insù dal governo Conte di 0,2 punti percentuali. Gli esecutivi precedenti hanno quindi errato solamente una volta in eccesso (con il governo Renzi nel 2014), prevedendo un livello di indebitamento maggiore a quanto poi non fosse necessario per le casse dello Stato. La maggior parte delle volte hanno invece finito per sottostimare il rapporto deficit/Pil dell’anno successivo.



Bisogna però sottolineare che, sebbene l’indebitamento reale sia sceso più lentamente di quanto prospettato, tutti i governi precedenti si sono impegnati a ottenere per l’anno successivo un rapporto deficit/Pil inferiore a quello dell’anno di approvazione della Nota di aggiornamento al Def, con riduzioni ancora più consistenti per gli anni a seguire.



Promesse che, con l’eccezione del 2014 quando il rapporto è aumentato rispetto all’anno precedente, hanno portato ad una riduzione dell’indebitamento netto reale dal 2,9 per cento del 2013 al 2,4 per cento del 2017.



Viceversa, il governo Conte ha dichiarato di voler aumentare dello 0,6 per cento rispetto al 2018 l’indebitamento netto nel 2019 e dello 0,3 per cento nel 2020, tornando al livello di quest’anno solamente nel 2021.



Il verdetto



Il deputato del M5S Manlio Di Stefano ha dichiarato che i rapporti deficit/Pil degli ultimi governi «sono stati tutti più alti» di quello proposto dal governo Conte. Di Stefano non chiarisce se il confronto sia tra i dati reali registrati di anno in anno sul rapporto deficit/Pil o sulle previsioni fatte dai precedenti governi.



Se confrontiamo i dati reali con la proposta del governo Conte, Di Stefano ha ragione. Nei cinque anni passati, i governi hanno registrato rapporti deficit/Pil maggiori di quello previsto dall’attuale esecutivo per il 2019. Se confrontiamo invece le stime contenute nelle Note di aggiornamento al Def passate, l’affermazione di Di Stefano trova solo un riscontro parziale. Solo il governo Letta nel 2013 e il governo Renzi nel 2014 avevano previsto un rapporto deficit/Pil per l’anno successivo maggiore di quello dichiarato dal governo Conte per il 2019.



In conclusione, Manlio Di Stefano merita un “Nì”.





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2018-11-06 15:55:31 UTC
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«Basta guardare al rapporto deficit/Pil degli ultimi governi sono stati tutti più alti di quello che noi oggi proponiamo».
Manlio Di Stefano
Sottosegretario agli Affari esteri
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Porta a Porta
venerdì 26 ottobre 2018
2018-10-26