Durante una cerimonia all’Università di Bari, il governatore della Puglia e candidato alla Segreteria del Partito Democratico Michele Emiliano ha detto la sua sulla questione delle retribuzioni dei parlamentari, che è tornata di attualità con la proposta del Movimento 5 Stelle di equiparare la pensione degli attuali membri del Parlamento a quella di tutti gli altri cittadini (senza toccare i vitalizi precedenti: ce ne siamo occupati qui).
Emiliano ha detto di essere a favore di una totale eliminazione degli stipendi dei politici, come previsto dalla Costituzione di Cuba. Ha aggiunto che gli stipendi “devono essere sostituiti da una indennità che ripaghi della eventuale rinuncia stipendiale che si fa quando un politico è costretto a fare il politico a tempo pieno”.
Lo “stipendio” dei parlamentari oggi
La Costituzione italiana stabilisce semplicemente che “i membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge” (art. 69). Oggi il trattamento economico dei parlamentari italiani si compone di diverse voci: la base è appunto l’indennità prevista dalla Costituzione, che ammonta a circa 5.000 euro netti. A questa si aggiungono una diaria come rimborso per le spese di soggiorno a Roma (fino a un massimo di 3.500 euro circa), un rimborso spese per il mantenimento del rapporto tra eletto ed elettori (fino a 3.690 euro), più diversi altri benefit economici legati alle spese di trasporto e telefoniche, all’assegno di fine mandato e così via. Ma come detto, l’unico trattamento economico garantito dalla Costituzione è l’indennità prevista dall’articolo 69.
Al netto dello stipendio e dei benefit, quali altri redditi dichiarano i parlamentari italiani? Non è facile stabilirlo, dato che essi non sono tenuti a pubblicare integralmente la loro dichiarazione dei redditi, ma solo una sintesi. In questa non si può distinguere quali redditi vengono dalla retribuzione parlamentare e quali da altre fonti. Tuttavia, un’analisi di OpenPolis basata sui redditi dichiarati per il 2014 permette di farsi una prima idea.
Poiché la retribuzione di un parlamentare varia dagli 80 ai 150 mila euro annui a seconda degli incarichi ricoperti, possiamo vedere che circa il 15 per cento dei membri di Camera e Senato (precisamente il 12,29 e il 16,51 per cento) hanno redditi dichiarati superiori ai 150 mila euro, e cioè redditi più o meno sostanziosi che si aggiungono a quelli da parlamentare.
Che cosa dice la Costituzione di Cuba
Vediamo che cosa succede a Cuba. La Costituzione della Repubblica di Cuba è stata proclamata il 24 febbraio del 1976, sedici anni dopo l’arrivo al potere del governo rivoluzionario guidato da Fidel Castro. All’articolo 1 stabilisce che “Cuba è uno stato socialista di lavoratori”, e l’impianto della Costituzione riflette la forma di governo socialista (prevedendo, ad esempio, la proprietà collettiva dei mezzi di produzione).
Come dice Emiliano, a Cuba non si prevede una retribuzione per i membri dell’Assemblea Nazionale del Potere Popolare, che equivale pressapoco al nostro Parlamento, ha 612 membri e che detiene costituzionalmente il potere legislativo. Le ultime elezioni per rinnovare l’ANPP si sono tenute nel febbraio 2013 e tutti gli eletti sono membri del Partito Comunista di Cuba (PCC).
Nel decimo capitolo, che si occupa degli “Organi superiori del Potere Popolare”, l’articolo 82 della Costituzione stabilisce che: “La condizione di deputato non implica privilegi personali né privilegi economici. Durante il tempo impiegato nel disimpegno effettivo delle proprie funzioni, i deputati percepiscono lo stesso salario o stipendio che guadagnerebbero se fossero al proprio posto di lavoro e mantengono un rapporto con questo a tutti gli effetti”.
Affinità e divergenze tra Cuba e l’Italia
Tuttavia è più difficile sostenere che “i politici” a Cuba coincidano con i deputati italiani, visto che i poteri effettivi dell’ANPP sono limitati e per nulla paragonabili a quelli del nostro Parlamento. Di norma, l’ANPP si riunisce infatti solo due volte l’anno e per pochi giorni: le leggi sono per lo più emanate, sotto forma di decreti, dal Consiglio di Stato. Quest’ultimo è un organo composto da 31 membri ed eletto dalla stessa Assemblea. Il presidente del Consiglio di Stato è il capo dello Stato e del governo di Cuba: fino al 2008 la carica è stata mantenuta da Fidel Castro, a cui è succeduto il fratello Raúl.
Bisogna poi precisare che a Cuba il lavoro è sostanzialmente diverso rispetto a quanto avviene in un’economia di mercato come quella italiana. La stessa Costituzione cubana precisa che esso “è garantito dal sistema economico socialista”, e tale sistema “ha eliminato la disoccupazione” (art. 45).
Emiliano dice che, invece dell’attuale retribuzione, bisognerebbe limitarsi a garantire agli eletti lo stesso stipendio che percepivano al momento dell’elezione. Che cosa succederebbe se qualcosa del genere venisse effettivamente attuato in Italia? Ci sarebbero per prima cosa alcuni problemi da risolvere, sconosciuti a Cuba: come comportarsi, ad esempio, con i liberi professionisti come medici o avvocati (gli avvocati e i medici sono rispettivamente 103 e 39 tra Camera e Senato) o gli imprenditori (che sono 43 alla Camera e 38 al Senato). Non è poi escluso che in alcuni casi le retribuzioni precedenti all’elezione siano superiori a quelle attualmente previste dai parlamentari.
Il verdetto
Il candidato alla segreteria del PD Michele Emiliano ha dichiarato che nella Costituzione cubana si prevede l’assenza di stipendi per i politici. Effettivamente, l’articolo 82 della Costituzione di Cuba esclude “privilegi economici” per chi viene eletto all’Assemblea Nazionale del Potere Popolare. Stabilisce però anche che venga mantenuto lo stipendio che gli eletti ricevevano in precedenza. Si può poi discutere se a Cuba i “politici” siano soltanto i deputati dell’ANPP, vista la forma di governo del Paese. Insomma, il suo paragone ha bisogno di qualche precisazione. “C’eri quasi” per il presidente della Regione Puglia.