Matteo Renzi tenta di mettere in mostra i risultati del suo giovane governo per quanto riguarda l’occupazione. Tralasciando l’impossibile verifica del fatto che l’aumento possa essere attribuibile direttamente a “noi”, vediamo se i dati del Premier sono corretti.

Partiamo da un’importante premessa: Matteo Renzi dimostra di non sapere o non voler precisare la distinzione tra “posti di lavoro” e “occupati”. Si tratta di un errore non trascurabile che ha già fatto in passato (si veda qui e qui) e da cui, evidentemente, non ha ancora imparato. Torniamo a spiegarglielo noi: in generale, in un determinato momento i posti di lavoro possono essere più degli occupati e la creazione di essi deve essere considerata al “netto” dei posti di lavoro persi, mentre gli occupati sono uno “stock”.



“Hanno perso 1 milione di posti di lavoro”?



E’ proprio l’erronea interpretazione dei termini che rende sbagliata la dichiarazione di Renzi: i posti di lavoro persi dalla fine del 2007 a primavera 2014 sono, secondo il Centro Studi Confindustria, 1 milione e 978 mila. Il numero a cui si riferisce invece il Premier è relativo alla variazione del numero di occupati, passati da 23 milioni e 395 mila unità a dicembre 2007 a 22 milioni e 337 mila a dicembre 2013, secondo le serie storiche Istat. Il calo nell’occupazione è effettivamente pari a 1 milione e 58 mila unità.









L’occupazione e il governo Renzi

Il governo Renzi si è insediato a fine febbraio 2014, quando gli occupati erano 22 milioni e 318 mila; l’ultimo aggiornamento Istat indica la presenza di 22 milioni e 457 mila occupati nel mese di settembre. L’aumento febbraio-settembre è quindi pari a +139 mila unità. Incuriositi dal numero preciso ma sbagliato citato dal Presidente del Consiglio, abbiamo confrontato settembre con gli altri mesi del 2014. L’aumento di 153 mila unità si riscontra rispetto ad aprile, ma se si decide di partire da marzo (primo mese pieno di attività del governo) l’aumento è stato meno della metà, “appena” +70 mila. Aver preso aprile come punto di partenza, quindi, rende sproporzionato il risultato positivo, dal momento che quel mese ha registrato l’occupazione più bassa del periodo del governo Renzi. La scelta di aprile inoltre, non si giustifica nemmeno da un punto di vista di azione legislativa, visto che il decreto Poletti, primo atto sul lavoro del governo Renzi, è entrato in vigore a fine marzo; eventuali effetti (qualora ce ne fossero stati) sarebbero quindi decorsi già a partire dal mese di aprile.






Il verdetto



I posti di lavoro persi durante la crisi sono quasi 2 milioni – il doppio rispetto a quello che dice Renzi – ed è vero che l’occupazione è calata di un milione di unità. Gli occupati sono aumentati, a seconda del mese di partenza che si sceglie (febbraio o marzo), di 136 mila o 70 mila unità. Il risultato è che Renzi confonde nuovamente occupati con posti di lavoro ed esagera il risultato positivo dell’occupazione, che pure si registra, nei mesi del suo governo. Complessivamente assegneremmo un “C’eri quasi” ma la scelta di partire dal momento più basso dell’occupazione per amplificarne l’aumento comporta una riduzione ulteriore del verdetto a “Nì”.