Di fronte ai dati ancora negativi del Pil, è comprensibile che Matteo Renzi si soffermi su quelli positivi dell’occupazione. Tuttavia, come abbiamo già avuto modo di constatare in passato (si veda qui e qui), Il Presidente del Consiglio ha una certa tendenza a enfatizzare gli aggiornamenti della situazione occupazionale, e lo fa anche da Brisbane, a margine del G20 australiano,



L’occupazione in aumento

Secondo gli ultimi dati Istat, pubblicati a fine ottobre e relativi al mese di settembre, gli occupati in Italia erano 22 milioni e 457 mila. Tale numero corrispondeva ad un aumento di 82 mila unità rispetto al mese precedente, e di 96 mila unità rispetto al gennaio 2014. Se volessimo invece partire dal mese dell’insediamento del governo Renzi, febbraio, l’aumento è più significativo: +139 mila. Per arrivare ai “più 153 mila” indicati dal Premier si deve partire da aprile, il mese con il peggior livello di occupazione nello scorso anno (nel grafico in basso il dato +152 mila è stato arrotondato). Puntualizziamo, come abbiamo segnalato in precedenti analisi, che la scelta di aprile come punto di partenza non sembra dettata da ragioni di efficacia dell’azione di governo dal momento che il decreto Poletti (primo atto del governo sul lavoro) è stato approvato a marzo.






Il verdetto

L’aumento degli occupati quest’anno si ferma a 96 mila unità, meno di due terzi del livello indicato da Renzi. Se non avesse scelto furbescamente di partire dal punto più basso della serie storica, avremmo concesso un “C’eri quasi” al Premier, visto che abbiamo comunque riscontrato un aumento di quasi 140 mila occupati dal suo insediamento. E invece, nella decisione arbitraria di scegliere aprile come punto di partenza per accentuare i risultati positivi, vi ravvisiamo quel precipuo esempio di manipolazione del dato che Pagella Politica vuole combattere. “Nì” per Renzi.



Post Scriptum

I posti di lavoro e gli occupati non sono la stessa cosa. I primi sono un flusso, e la creazione di un certo numero di posti di lavoro deve essere considerato al netto dei posti di lavoro persi nello stesso periodo di riferimento. Inoltre un occupato può avere più di un posto di lavoro. E’ generalmente più utile confrontare il livello dell’occupazione piuttosto che i posti di lavoro.