Ospite di Otto e mezzo su La7 a metà settembre, Alessandro Di Battista ha commentato una dichiarazione dell’ambasciatore statunitense in Italia John R. Phillips, secondo cui una bocciatura della riforma costituzionale sarebbe “un grosso passo indietro” per il nostro Paese (alcuni giorni dopo, una delegazione del comitato per il “No” è stata ricevuta dall’ambasciatore, che avrebbe rivisto le sue posizioni).
Di Battista ha definito il commento “un’ingerenza” e si è chiesto se l’ambasciatore non rappresenti, invece del “popolo americano”, “interessi di qualche grande banca d’affari” come J.P. Morgan, che avrebbe invitato alla modifica delle Costituzioni dell’Europa meridionale in un documento di pochi anni fa. Vediamo a che cosa fa riferimento Di Battista.
Il documento di J.P. Morgan
Il documento a cui fa riferimento l’esponente M5S è in inglese, si intitola The Euro area adjustment: about halfway there (“L’aggiustamento dell’area euro: circa a metà strada”) ed è stato pubblicato il 28 maggio 2013 dall’unità di Economic and Policy Research della J.P. Morgan, con sede a Londra. Come specifica il documento stesso nelle note finali, si tratta di un report di 16 pagine indirizzato agli investitori professionali, ma nel giro di pochi giorni è stato pubblicato online in diversi siti di libero accesso (ad esempio qui e qui).
Il tema del report è una panoramica degli aggiustamenti fatti dai singoli Paesi europei all’indomani della crisi, in vari campi tra cui il settore bancario, la competitività, il mercato immobiliare e i conti nazionali, e una valutazione di quanto rimane ancora da fare. La premessa è che la gestione della crisi a livello europeo è egemonizzata dalla Germania, che esige aggiustamenti a livello nazionale prima di procedere a una maggior integrazione.
Il documento non è una scoperta recente: già a metà giugno del 2013 il Fatto Quotidiano ne parlava in un articolo dal titolo Ricetta Jp Morgan per Europa integrata: liberarsi delle Costituzioni antifasciste, l’anno successivo il documento è tornato in un altro articolo ripreso da MicroMega, e nelle ultime settimane la questione JP Morgan è diventata una delle argomentazioni ricorrenti in alcune aree che sostengono il “No” al referendum. Ma che cosa dice di preciso il documento?
Le Costituzioni da cambiare
Il report parla delle diverse iniziative da prendere in risposta alla crisi come di diversi “viaggi” verso un equilibrio futuro. Le Carte costituzionali dei Paesi del Sud Europa sono prese in considerazione nel penultimo capitolo, The journey of national political reform (“Il viaggio della riforma politica nazionale”, pp. 12-13). Traduciamo integralmente la breve sezione – tre paragrafi – evidenziando in corsivo qualche passaggio rilevante:
“All’inizio della crisi, si pensava generalmente che i problemi ereditati a livello nazionale fossero di natura economica. Ma con l’evolvere della crisi è diventato chiaro che ci sono problemi politici dalle radici profonde nella periferia [dell’Europa] che, secondo noi, devono cambiare se l’Unione Monetaria Europea vuole funzionare bene nel lungo periodo.
I sistemi politici nella periferia vennero istituiti in conseguenza della dittatura e furono definiti da quella esperienza. Le Costituzioni tendono a mostrare una forte influenza socialista, riflettendo la forza politica che i partiti di sinistra guadagnarono dopo la sconfitta del fascismo. I sistemi politici della periferia mostrano tipicamente parecchie di queste caratteristiche: esecutivi deboli; stati centrali deboli relativamente alle regioni; protezione costituzionale dei diritti del lavoro; sistemi per la creazione del consenso che nutrono il clientelismo politico; e il diritto di protestare se cambiamenti non graditi vengono fatti allo status quo politico. Le mancanze di questa eredità politica sono state rivelate dalla crisi. I Paesi della periferia hanno avuto successo solo in parte nel produrre agende di riforma fiscale ed economica, con governi ostacolati dalle Costituzioni (Portogallo), da forti poteri regionali (Spagna) e dalla crescita dei partiti populisti (Italia e Grecia).
C’è un crescente riconoscimento della dimensione di questo problema, sia al centro che nella periferia. Il cambiamento sta cominciando ad avvenire. La Spagna ha fatto passi per risolvere alcune delle contraddizioni dell’equilibrio post-Franco con la legislazione dello scorso anno [2012, ndR] che permette un controllo fiscale più stretto sulle regioni. Ma, al di fuori della Spagna, poco è accaduto fino a ora. La prova cruciale, il prossimo anno, avverrà in Italia, dove il nuovo governo ha chiaramente l’opportunità di intraprendere riforme politiche significative. Ma, seguendo l’idea del viaggio, il processo di riforma politica è appena cominciato.”
Come si vede, il riferimento alle Costituzioni dei Paesi “della periferia” è abbastanza generico e, nell’ottica complessiva del report, con un peso e un ruolo chiaramente secondario. Vengono delineate, in modo molto sintetico, alcune caratteristiche delle Costituzioni del Sud Europa che sarebbero state influenzate in modo decisivo dal passato fascista dei Paesi coinvolti. Gli autori definiscono solo la costituzione portoghese come un “ostacolo” passato all’azione di governo, ma esprimono comunque la convinzione che “i sistemi politici” – non necessariamente le Carte costituzionali – debbano cambiare per un miglior funzionamento dell’unione monetaria.
La Germania e le Costituzioni
Nell’ultima sezione – intitolata The macro consequences of crisis management, “le conseguenze macroeconomiche della gestione delle crisi”- si fanno alcune caute previsioni sul futuro. Dopo essersi soffermati sul ruolo della Banca Centrale Europea e aver previsto una crescita poco significativa per gli anni successivi, gli autori si chiedono se la Germania permetterà una maggiore condivisione dei rischi a livello europeo.
Gli autori vedono questa possibilità con un certo scetticismo, perché a loro parere la maggior condivisione dei rischi non avverrà prima che i Paesi della periferia non abbiano fatto manovre di aggiustamento fiscale molto più significative oppure che la situazione socio-politica si sia fatta insostenibile.
A questo punto viene fatto un altro riferimento, in verità piuttosto generico, alle Costituzioni del Sud Europa: “Alcuni ulteriori passi verso l’integrazione – come un’unione fiscale che possa sostenere gli Eurobond – richiederanno probabilmente ancora più progressi, specialmente a livello delle riforme politiche nazionali. Secondo noi, è poco probabile che la Germania possa dare il proprio consenso agli Eurobond senza una modifica significativa nelle Costituzioni politiche della periferia”.
Il verdetto
Alessandro Di Battista dice che, nel 2013, J.P. Morgan invitava al superamento delle Costituzioni dell’Europa meridionale. È vero che, in un rapporto per gli investitori professionisti, alcuni analisti avevano espresso una generica opinione secondo cui i sistemi politici del Sud Europa dovevano essere modificati: avevano aggiunto un maldestro excursus sulle origini delle Costituzioni ed elencato caratteristiche “di sinistra” che, a loro modo di vedere, costituivano un ostacolo. La Costituzione era citata esplicitamente come una difficoltà concreta sulla strada delle riforme solo nel caso del Portogallo. Difficile sostenere, da questo documento, che J.P. Morgan avesse le idee molto chiare su come modificare le Carte costituzionali europee, ma resta che un’opinione in merito è stata espressa. “C’eri quasi” per Alessandro Di Battista.