L’ex ministro dei Trasporti Graziano Delrio (Pd), in un video pubblicato il 25 luglio sulla sua pagina Facebook, ha duramente attaccato la linea dell’attuale ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sul tema dell’immigrazione. In particolare Delrio accusa Salvini di aver fallito i suoi obiettivi sui rimpatri, che anzi procedono più lentamente che durante il governo Gentiloni, e di aver aumentato il numero di immigrati irregolari con il suo primo decreto sicurezza.
Andiamo a vedere qual è la situazione.
Le promesse di Salvini sui rimpatri
Delrio riporta correttamente le promesse di Salvini in tema di rimpatri. Durante la campana elettorale, l’11 gennaio 2018, il segretario della Lega aveva sostenuto che «in Italia ci sono troppi immigrati, non vedo l’ora di vincere le elezioni per riempire gli aerei e riportarli a casa loro». Pochi giorni dopo aveva ribadito: «ci sono mezzo milione di irregolari in Italia. Con le dovute maniere vanno allontanati tutti».
Queste promesse erano anche entrate nel Contratto di governo stretto da Lega e M5s prima dell’insediamento del governo Conte. Nel Contratto si legge: «Ad oggi sarebbero circa 500 mila i migranti irregolari presenti sul nostro territorio e, pertanto, una seria ed efficace politica dei rimpatri risulta indifferibile e prioritaria».
Ma questa «seria ed efficace politica dei rimpatri» ha mai visto la luce? In base ai numeri, sembrerebbe proprio di no.
I numeri dei rimpatri
È vero che i rimpatri nel 2018 siano stati meno che nel 2017, come abbiamo verificato anche di recente. L’anno scorso sono infatti stati 5.615, mentre due anni fa erano stati 7.045.
Bisogna tuttavia sottolineare due elementi: in primo luogo, nel 2018 Salvini è stato ministro dell’Interno per 7 mesi su 12, non per l’intero anno. In secondo luogo il calo del numero dei rimpatri riguarda sia quelli volontari che quelli coatti. Se invece guardassimo solo ai rimpatri coatti, nel 2018 si registra un leggero aumento: da 4.935 a 5.180.
In ogni caso, sembra evidente che la promessa di rimpatriare tutti gli irregolari presenti in Italia – o anche solo di accelerare significativamente i ritmi dei rimpatri rispetto a quanto fatto dai governi del Pd – sia rimasta disattesa.
Salvini ha provato a depotenziare il tema, cambiando i numeri sul tavolo: dopo aver parlato per mesi di 500-600 mila «clandestini» – termine scorretto e da evitare – ha sostenuto nell’aprile 2019 che fossero «circa 90mila. Una cifra importante, ma non sono le centinaia di migliaia che temevamo in molti»
Ma non è vero: come avevamo verificato per Agi, secondo il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo, così come secondo l’Ismu e l’Ispi, gli irregolari sono davvero tra i 500 e i 600 mila e per rimpatriarli tutti ai ritmi attuali servirebbe circa un secolo. La sua promessa è quindi stata valutata come un’esagerazione anche dal collega di partito e sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, secondo cui in campagna elettorale Salvini «l’aveva sparata grossa».
Il decreto sicurezza ha aumentato gli irregolari
Veniamo allora alla seconda parte dell’affermazione di Delrio, quella secondo cui il decreto sicurezza avrebbe aumentato di 100 mila unità il numero di immigrati irregolari presenti in Italia.
Il numero è impreciso, ma la sostanza è corretta. La questione è stata analizzata da Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, in un’analisi che dà sostanzialmente ragione all’ex ministro dei Trasporti.
L’analisi di Villa si basa su alcune premesse: che non arrivino altri irregolari nei prossimi due anni (il che porta a sottostimarne il numero), che nessun irregolare lasci l’Italia nello stesso periodo (il che porta a sovrastimarne il numero), che i tassi di protezioni internazionali concesse restino stabili (realistico, dato che negli ultimi 3 anni non ci sono stati scostamenti significativi) e che allo stesso modo non cambino i tassi di rimpatrio (come abbiamo appena visto, anche con Salvini sono rimasti simili – anzi leggermente inferiori – a quanto accadeva in passato).
Fatta questa premessa metodologica, la simulazione di Villa stima che senza il decreto sicurezza voluto da Salvini – in particolare senza la parte che elimina la protezione umanitaria per introdurre una protezione per “casi speciali”, restringendone fortemente di fatto la portata – da giugno 2018 a dicembre 2020 gli irregolari sarebbero aumentati di 60 mila unità.
Grazie al decreto sicurezza e all’eliminazione della protezione umanitaria, molte più persone che già si trovano in Italia e che hanno fatto richiesta di asilo si vedranno rigettare la domanda e, non venendo espulsi nel frattempo, andranno a ingrossare le fila degli irregolari. Secondo la simulazione di Villa da giugno 2018 a dicembre 2020 l’aumento di irregolari sarà di 70 mila unità superiore a quello che si sarebbe avuto altrimenti (nel complesso dunque +130 mila).
«In totale – conclude Villa – entro il 2020 il numero di migranti irregolari presenti in Italia potrebbe superare quota 670.000. Si tratta di un numero più che doppio rispetto ad appena cinque anni fa, quando i migranti irregolari stimati erano meno di 300.000».
Dunque, secondo questa analisi l’effetto del decreto sicurezza è aver creato 70 mila – e non 100 mila, come afferma Delrio – irregolari in più. Si tratta di una stima in ogni caso, e dunque la gravità dell’imprecisione dell’ex ministro è relativa.
Il verdetto
Graziano Delrio fa un’affermazione sostanzialmente corretta ma che necessita di alcune precisazioni. In primo luogo è vero che i rimpatri nel complesso siano diminuiti nel 2018 rispetto al 2017, ma nel 2018 Salvini è stato ministro per 7 mesi su 12.
È poi vero che, secondo una simulazione recente fondata sui dati condotta dal ricercatore dell’Ispi Matteo Villa, il decreto sicurezza aumenti il numero di irregolari nel prossimo futuro: l’abolizione della protezione umanitaria comporta infatti un aumento dei dinieghi delle domande di asilo, con un conseguente aumento degli irregolari presenti in Italia (che, come detto, vengono espulsi a ritmi molto bassi).
La stima di Villa tuttavia non è di 100 mila unità, come afferma Delrio, ma di 70 mila in più dovuti al decreto sicurezza tra giugno 2018 e dicembre 2020. Nel complesso, l’ex ministro merita un C’eri quasi.
«Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»
7 dicembre 2024
Fonte:
Instagram