Il 21 marzo l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha scritto su Facebook che le organizzazioni mafiose in Italia sono ormai «diventate una grande holding finanziaria» e mobilitano un volume di affari di «circa 220 miliardi di euro all’anno», una cifra «pari all’11 per cento del Pil italiano». Per dare l’idea di quanto sia grande questa cifra, Conte ha aggiunto che il fatturato annuale delle mafie in Italia è «più di quanto l’Europa ci mette a disposizione con il programma Next generation Eu».

L’Italia si aspetta di ricevere oltre 200 miliardi dall’Ue per favorire la ripresa dopo l’emergenza coronavirus. E 220 miliardi corrispondono, più o meno, al 13 per cento del Pil italiano del 2020 e al 12 per cento di quello del 2019.

Ma in base agli studi scientifici più affidabili sul tema, il dato indicato da Conte sembra essere parecchio implausibile. Vediamo nel dettaglio perché.

Da dove vengono i «220 miliardi»

Il numero citato da Conte proviene da Eurispes, un ente privato che si occupa di studi politici e sociali. Circola da anni, ripetuta da politici non solo in Italia ma anche in Europa. Non è chiaro però né quale sia l’anno in cui è stata pubblicata per la prima volta la stima dei «220 miliardi» né quale sia stata la metodologia scientifica utilizzata. Abbiamo contattato l’ufficio stampa di Eurispes per avere maggiori dettagli in merito e al momento della pubblicazione di questo fact-checking siamo ancora in attesa di una risposta.

I «220 miliardi» sembrano circolare almeno da dieci anni. La prima occorrenza che siamo riusciti a rintracciare di questa statistica è nel rapporto Agromafie, pubblicato nel 2011 da Eurispes. Qui si legge l’affermazione ripresa di recente dall’ex presidente del Consiglio: che la «criminalità organizzata» in Italia ha rafforzato il «proprio status di grande holding finanziaria», «con un giro d’affari complessivo stimato dall’Eurispes in circa 220 miliardi di euro l’anno (l’11 per cento del Prodotto interno lordo nazionale)».

Anche altre cifre nell’ordine delle centinaia di miliardi di euro hanno iniziato a comparire oltre un decennio fa.

Il Rapporto Italia 2009, sempre di Eurispes, sosteneva che «Cosa Nostra, ’Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita hanno fatturato insieme, solo nel 2008, circa 130 miliardi di euro». In un rapporto pubblicato nel 2011 da Sos Impresa – un’associazione di Confesercenti che opera contro la criminalità organizzata – si legge invece che «la Mafia Spa si conferma come il più grande agente economico del Paese. Una grande holding company articolata su un network criminale, fortemente intrecciato con la società, l’economia, la politica, in grado di muovere un fatturato che si aggira intorno ai 138 miliardi di euro».

Per arrivare a questa cifra, Sos Impresa sommava i ricavi stimati delle mafie in settori, valutati in 65 miliardi di euro, per esempio, per il solo traffico di droga. Ma anche in questo caso non è chiaro il metodo di calcolo utilizzato per ottenere le stime nei vari traffici illeciti. Il che rende tutte queste stime parecchio discutibili.

Perché i «220 miliardi» sono un stima implausibile

«I “220 miliardi” sono un classico esempio di “numero mitico”: sono una stima implausibile, che cresce negli anni ogni volta che viene ripetuta. Il dato può anche avere un obiettivo socialmente condivisibile, in questo caso il contrasto alle mafie, ma non ha alcun fondamento scientifico, dal momento che non è chiaro come sia ottenuta questa stima», ha spiegato a Pagella Politica Francesco Calderoni, professore associato di sociologia della devianza nella Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Il termine “numero mitico” è stato coniato nel 1971 da Max Singer e indica una statistica – solitamente una sovrastima di un fenomeno – la cui origine è poco chiara e che viene ripetuta periodicamente nel discorso pubblico, senza valutarne la loro fondatezza. Negli anni, Pagella Politica ha smontato in diverse occasioni cifre di questo genere. Si vedano per esempio i «125 miliardi di euro» di Pil che sarebbero prodotti dal calcio italiano (in realtà sono almeno otto volte di meno), la bufala dell’italiano “quarta lingua più studiata al mondo” o i «60 miliardi» di costi della corruzione.

«Il settore della criminalità organizzata ha due caratteristiche che lo rendono terreno fertile per stime di questo tipo», ha aggiunto Calderoni. «È composto da attività illegali, spesso basato su relazioni consensuali, di cui si sa poco. Ed è molto notiziabile per i mass media, che quando possono rilanciano cifre non basate sui dati ufficiali che abbiamo a disposizione».

Nel 2014 Calderoni ha pubblicato uno studio sulla rivista scientifica Global Crime dove ha cercato di quantificare il giro d’affari delle varie mafie italiane (tra cui Cosa nostra, Camorra e ‘Ndrangheta) in nove attività illecite, tra cui il traffico di droga, di armi e di tabacco, la contraffazione, lo smaltimento dei rifiuti, il racket dell’estorsione, l’usura e lo sfruttamento della prostituzione. La ricerca si basava su un progetto di ricerca sviluppato per il Ministero dell’Interno da Transcrime, il centro di ricerca interuniversitario sulla criminalità transnazionale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore insieme con le università di Bologna e Perugia.

Secondo Calderoni, ogni anno le mafie mobilitano circa 11 miliardi di euro, meno dell’1 per cento del Pil, una cifra quasi venti volte inferiore a quella indicata a Conte.

«Fare le stime sui mercati illegali e legati alle mafie, non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo, non è cosa semplice, vista la natura del fenomeno, ma esistono anche altri numeri che mostrano l’implausibilità di certe cifre in circolazione», ha sottolineato Calderoni. «Nonostante i limiti, le altre stime scientifiche hanno ordini di grandezza più ragionevoli e sono ottenute con metodologie più condivisibili».

Per esempio, secondo una stima recente pubblicata dal centro di ricerca statunitense Rand, nel 2019 tutti i mercati illegali in Europa – quindi non solo quelli legati alle mafie in Italia – hanno avuto un valore tra i 92 e i 188 miliardi di euro (pag. xiv), una cifra inferiore ai «220 miliardi» indicati da Conte solo per il nostro Paese e per le mafie.

In base alle stime più aggiornate dell’Istat, infine, l’economia non osservata in Italia ha un valore pari a 211 miliardi di euro l’anno, ma 192 miliardi fanno riferimento all’economia sommersa (per esempio l’evasione) e circa 19 miliardi ad attività illegali – tra cui la produzione e traffico di stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando di tabacco – che non sono tutte necessariamente legate alla criminalità organizzata.

Il verdetto

Secondo Giuseppe Conte, le organizzazioni mafiose in Italia hanno un volume d’affari di «circa 220 miliardi di euro», pari a «l’11 per cento del Pil italiano». Abbiamo verificato e l’ex presidente del Consiglio cita una stima parecchio implausibile, la cui origine e metodologia di calcolo sono poco chiare.

Da anni nel nostro Paese sono ripetute, da politici e non solo, cifre più o meno su quest’ordine di grandezza, ma che sono state fortemente ridimensionate dalla letteratura scientifica.

Quantificare il peso sull’economia delle attività illegali e di quelle legate esclusivamente alle mafie non è un compito semplice, vista la natura sommersa del fenomeno. Ma uno studio scientifico recente arriva a cifre che al massimo si avvicinano all’1 per cento del Pil italiano, non all’11 per cento.

In conclusione, Conte si merita un “Pinocchio andante”.