Il dato sulla chiusura delle imprese viene spesso riportato dai leader dell’opposizione per sottolineare l’inadeguatezza dell’azione governativa. Stavolta è Beppe Grillo ad affermare che ci sono due aziende che chiudono ogni ora, o circa cinquanta al giorno. Verifichiamo subito se ha ragione.
Cessazioni o chiusure?
Partiamo innanzitutto dal rapporto Unioncamere per l’anno 2014, che spiega come siano state circa 340 mila le imprese ad aver cessato la propria attività, ovvero poco meno di mille al giorno. Ricordiamo però che, secondo la definizione della stessa Unioncamere, “cessazione” non significa necessariamente “fallimento” né “chiusura”. Include infatti svariate ragioni che possono aver portato un’azienda a scomparire dai registri delle Camere di Commercio: ritiro dagli affari, trasferimento in un’altra provincia, scioglimento o cessazione di ufficio.
Se vogliamo invece consultare solamente i dati riguardanti le procedure per chiusura, l’ultimo rapporto del Gruppo Cerved rivela come queste siano state circa 60 mila nei primi nove mesi del 2014. Sono qui inclusi fallimenti, liquidazioni volontarie e procedure non fallimentari. Dal calcolo manca l’ultimo trimestre dell’anno, pertanto possiamo stimare che il dato sia ancora superiore. In ogni caso, calcolando le chiusure sui primi tre trimestri, si tratterebbe di circa 220 aziende al giorno, comunque ben oltre il dato citato da Grillo.
Due buone notizie
In mezzo a questi dati non certo esaltanti ci sono un paio di buone notizie. Ad esempio, il citato rapporto Unioncamere spiega che nel 2014 si sono contate circa 30 mila cessazioni di impresa in meno rispetto al 2013 e il saldo positivo tra nuove iscrizioni e cessazioni è cresciuto. Il rapporto Cerved rivela invece che il dato relativo alle 60 mila chiusure è in calo del 6,9% rispetto allo stesso periodo del 2013 e che si tratta inoltre del primo calo registrato nei primi nove mesi dell’anno dal 2008.
Grillo in realtà ha sottostimato notevolmente il dato, che nel mondo di Pagella Politica denota una certa “buona fede” del politico (avrebbe, da leader di un movimento di opposizione, tutto l’interesse ad esasperare la realtà): “C’eri quasi”.