Salvini non è per nulla nuovo a posizioni marcatamente pro-russe: dalle critiche alle sanzioni imposte da Unione Europea e Stati Uniti, allo scetticismo nei confronti dell’Ucraina sorta dopo la cacciata di Yanukovich. Ora segue altri leader politici, come Grillo e Berlusconi, nel difendere le azioni politiche e militari di Mosca nei confronti del vicino ucraino: secondo il leghista, il referendum che sancisce l’indipendenza (e poi annessione) della Crimea alla Russia sarebbe stato non soltanto plebiscitario, ma anche legittimato dalla presenza di osservatori internazionali.
La Crimea e il referendum
Come già spiegato in precedenti analisi, la Crimea è una regione ucraina (non più, secondo Mosca) a maggioranza etnica russa, storicamente molto più legata a Mosca di quanto non lo sia a Kiev. Nel porto di Sebastopoli risiedeva la flotta russa per il Mediterraneo, e la regione faceva parte della Repubblica Federativa Sovietica Russa, prima di essere consegnata nel 1954 all’Ucraina in occasione del trecentenario dal trattato di Pereyaslav.
Il 16 marzo, in seguito all’invasione russa e alla proclamazione dell’indipendenza dal resto dell’Ucraina da parte del Consiglio Supremo di Crimea, è stato portato a termine un referendum per permettere alla popolazione di esprimersi circa l’eventuale annessione del territorio alla Russia. Più del 95% dei votanti ha espresso un’opinione favorevole, con percentuali di partecipazione vicine all’80%, secondo la stampa ucraina, mentre il sito ufficiale del Consiglio della Repubblica di Crimea annunciava una partecipazione dell’83,1%, con una percentuale di “Sì” del 96,77%.
Il dato sulla partecipazione è stato oggetto di un aspro dibattito tra fonti di informazioni diverse. Mentre la minoranza tataro-musulmana della penisola annunciava il boicottaggio del referendum, un articolo apparso su Forbes citava un rapporto (“accidentalmente pubblicato” da fonti vicine al Cremlino) con tassi di partecipazione molto più bassi. Tale rapporto è stato ripreso da giornali ucraini, immediatamente rimosso e successivamente smentito da blog filo-russi; la validità di questo articolo è da prendere comunque con cautela dati i riferimenti a fonti ucraine.
Le reazioni internazionali
Mentre il governo russo firmava un trattato di “accessione” della penisola al resto della Federazione, giustificando l’atto come riconoscimento della volontà del popolo crimeano esibita attraverso i risultati del referendum, entità come l’Unione Europea e gli Stati Uniti affermavano l’illegalità del processo referendario e dei risultati, annunciando le sanzioni che sarebbero poi seguite.
Anche le Nazioni Unite sono intervenute. Il tentativo, da parte di tredici Paesi membri del Consiglio di Sicurezza, di affermare la “sovranità, l’indipendenza, l’unità e l’integrità del territorio ucraino” non è passato a causa del diritto di veto della Russia e dell’astensione cinese. E’ stata successivamente l’Assemblea Generale a votare una risoluzione che dichiarava l’illegalità del referendum, passata con 100 voti a favore, 11 contro, e 58 astensioni.
Gli osservatori
L’Osce, (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) dichiarava, in un comunicato dell’11 marzo, non solo di non volere riconoscere la legalità del referendum, ma di non avere neanche l’intenzione di andare a presidiare le operazioni di voto in maniera ufficiale, dato che il processo referendario era stato giudicato contrario alla costituzione di uno dei suoi Paesi membri, l’Ucraina. Successivamente, osservatori Osce in visita “non ufficiale” venivano dissuasi dall’entrare in Crimea in seguito a spari di avvertimento alla frontiera tra l’Ucraina e l’autoproclamatasi Repubblica di Crimea. Vale la pena ricordare che l’Osce è un’organizzazione riconosciuta ufficialmente anche dal governo russo, dato che la Russia è tra i suoi Paesi membri, tant’è che la stessa Russia ha approvato una missione dell’organizzazione internazionale in territorio ucraino.
Se l’Osce disertava il monitoraggio del referendum crimeano, altri “osservatori” internazionali presenziavano alle operazioni di voto. RT, canale all-news in lingua inglese giudicato abbastanza vicino alle posizioni del Cremlino, riportava le opinioni degli osservatori presenti, descritti come “deputati” di Paesi europei o “eurodeputati” provenienti da Bruxelles. Tra i “leader” il polacco Mateusz Piskorski, membro del partito polacco di estrema destra Samoobrona (Auto difesa), e l’austriaco Ewald Stadler, europarlamentare ed ex membro del Partito della Libertà austriaco (FPÖ). Allo stesso modo una delegazione di “osservatori internazionali indipendenti” pubblicava un comunicato congiunto (in un inglese infarcito di errori), in cui annunciava la legalità delle prassi e del processo referendario. Infine, un rapporto del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulle discussioni in corso rimarcava la totale assenza di osservatori indipendenti nella zona durante il referendum, descrivendo i “trenta osservatori presenti” come rappresentanti di partiti di estrema destra europei, non muniti del mandato internazionalmente riconosciuto agli osservatori dell’Osce o delle Nazioni Unite.
Il verdetto
Insomma, ammantare il referendum crimeano di una certa riconoscibilità dovuta alla presenza di “osservatori internazionali” è veramente troppo per potere andare oltre il “Nì”. Nessuna organizzazione internazionale ha mandato personale in visita ufficiale, e non basta una delegazione auto-costituita di parlamentari ed eurodeputati (la cui visita in Crimea è contornata da forti connotazioni politiche) a garantirne la validità e, di conseguenza, a definire corretta la dichiarazione di Salvini. Ancor più che il segretario della Lega Nord ha rilasciato questa dichiarazione in risposta a una domanda sulla legittimità internazionale del referendum in Crimea, facendo passare un messaggio fuorviante.