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Quanti dei 9 punti del Movimento 5 stelle sono nell’agenda di governo

| 20 luglio 2022
La dichiarazione
«I “nove punti” del Movimento 5 stelle sono quasi tutti già nell’agenda Draghi»
Fonte: Corriere della Sera | 18 luglio 2022
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
ANSA/ALESSANDRO DI MEO
Verdetto sintetico
Il ministro della Pubblica amministrazione la fa un po’ troppo semplice.
In breve
  • Delle nove priorità indicate dal M5s al governo, quattro si avvicinano alle decisioni del governo, tre sono più lontane ma comunque in linea, e altre due sono in contrasto con l’azione del governo. TWEET
  • I due punti di maggiore disaccordo riguardano l’utilizzo e l’estrazione del gas naturale e il depotenziamento di alcune norme previste dal decreto “Dignità”. TWEET
Il 18 luglio, in un’intervista al Corriere della Sera, il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta (Forza Italia) ha commentato l’attuale crisi di governo. Tra le altre cose, Brunetta ha affermato che le nove richieste presentate il 6 luglio dal leader del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte al presidente del Consiglio «non sono affatto in discussione», anzi: «sono quasi tutte già incluse nell’agenda» del governo guidato da Mario Draghi. Anche lo stesso Draghi, in una conferenza stampa del 12 luglio, aveva dichiarato di aver trovato «molti punti di convergenza» tra le richieste del M5s e gli obiettivi del suo esecutivo. 

Abbiamo verificato e Brunetta la fa un po’ troppo semplice: cinque dei nove dei punti indicati da Conte riguardano temi sui quali il governo è già intervenuto o sta per intervenire, sebbene non soddisfando del tutto le richieste del Movimento 5 stelle. Su due punti c’è parziale disaccordo, mentre su altre due richieste sono in contrasto con l’azione del governo.

Gli elementi comuni

Il primo tema presentato da Conte fa riferimento ad «aiuti straordinari a famiglie e imprese», necessari per far fronte all’aumento dell’inflazione e ai rincari sulle bollette. Negli ultimi mesi, il governo Draghi ha finanziato diversi provvedimenti proprio con questo scopo: tra maggio 2021 e aprile 2022, per esempio, ha stanziato quasi 16 miliardi di euro per tagliare i costi delle bollette di luce e gas, a cui si aggiungono i circa 14 miliardi di euro previsti dal decreto “Aiuti” per far fronte alle difficoltà causate dalla guerra in Ucraina e dall’aumento dei prezzi dell’energia. Il Movimento 5 stelle, però, vorrebbe che ulteriori aiuti fossero finanziati tramite uno scostamento di bilancio, ipotesi per ora ritenuta «non necessaria» dal presidente del Consiglio. 

Il documento del M5s invita anche all’introduzione di un salario minimo per dare «dignità al lavoratore». Proprio il 12 luglio, il ministro del lavoro Andrea Orlando (Pd) ha annunciato che il governo sta lavorando per adottare «un meccanismo che tenga insieme il valore positivo della contrattazione collettiva e l’esigenza di un salario minimo». Non si tratta di un vero e proprio salario minimo, inteso come un compenso minimo standard da assicurare a tutti i lavoratori, quanto di un progetto ancora in fase iniziale che vorrebbe estendere a tutti i lavoratori le tutele previste dai principali contratti nazionali di categoria. 

Per quanto riguarda il cashback fiscale, altro tema caro al movimento, il disegno di legge delega per la riforma fiscale – approvata dalla Camera il 22 giugno e ora all’esame del Senato – prevede una «graduale trasformazione» del meccanismo delle detrazioni fiscali, tramite il quale i cittadini dovrebbero ricevere i crediti d’imposta che spettano loro, soprattutto per quanto riguarda le spese sanitarie, direttamente sul conto corrente e senza attendere di compilare la dichiarazione dei redditi. L’emendamento era stato proposto proprio dal Movimento 5 stelle, il quale però ora chiede che la sua applicazione venga anticipata rispetto alle tempistiche previste dalla legge delega.  

Il governo Draghi è intervenuto in diverse occasioni anche sul reddito di cittadinanza, uno dei nove punti del Movimento 5 stelle, pur senza mai modificare in modo sostanziale l’impianto di base della misura. La legge di Bilancio per il 2022, per esempio, ha rifinanziato la misura con oltre un miliardo di euro annui tra il 2022 e il 2029, da aggiungere alle risorse già a disposizione, ma ha anche introdotto una serie di restrizioni per cercare di spingere maggiormente i beneficiari ad accettare le offerte di lavoro e invertire la rotta sulle politiche attive del lavoro – cioè quelle che aiutano chi riceve il sussidio a trovare un’occupazione – che finora hanno avuto scarsi risultati. Anche il decreto “Aiuti” contiene due misure pensate per aumentare il numero di beneficiari che accettano un’offerta di lavoro: per esempio, ha stanziato 13 milioni di euro per rinnovare i contratti di circa 1.800 navigator, e ha stabilito che un datore di lavoro privato può fare un’offerta di lavoro direttamente ai beneficiari del reddito di cittadinanza, senza passare per i centri per l’impiego. Ricordiamo che dopo due rifiuti a offerte di lavoro ritenute “congrue”, quindi adeguate in base a diversi fattori come la paga e i tempi di trasporto, il sussidio decade. 

Oltre alle questioni normative, il Movimento 5 stelle ha chiesto a Draghi di mettere fine agli «attacchi pretestuosi e strumentali» che alcune forze politiche di maggioranza – come Italia viva, ma anche la Lega – rivolgono al reddito di cittadinanza. Durante il suo mandato Draghi ha complessivamente sostenuto la misura, pur affermando che sono necessari alcuni cambiamenti. Durante le comunicazioni al Senato del 20 luglio, infatti, Draghi ha definito il reddito di cittadinanza come una «misura importante per ridurre la povertà», aggiungendo poi che questo «può essere migliorato per favorire chi ha più bisogno e ridurre gli effetti negativi sul mercato del lavoro». Anche il M5s, nel documento presentato da Conte, si è detto «disponibile a valutare soluzioni utili a migliorare il sistema delle politiche attive».

I punti di parziale disaccordo

In alcuni casi l’operato del governo di discosta in modo più marcato dalle richieste del Movimento 5 stelle, pur senza essere in aperto contrasto. Un esempio è il Superbonus 110 per cento. La misura, introdotta dal secondo governo Conte, al momento si trova in una fase di stallo a causa di problemi con la cessione dei crediti d’imposta, un meccanismo con cui cittadini e imprese possono trasferire ad altri soggetti (come le banche) le agevolazioni fiscali che spetterebbero loro per l’effettuazione dei lavori di ristrutturazione. 

Per risolvere questo problema, il Movimento 5 stelle aveva chiesto al governo di intervenire per eliminare, con il decreto “Aiuti”, una norma che rende l’ultimo titolare di un credito d’imposta responsabile per eventuali irregolarità avvenute in tutti i precedenti passaggi. La richiesta però non è stata accolta, e per semplificare le procedure il decreto “Aiuti” si limita a stabilire che le banche possono sempre cedere il credito d’imposta a tutti i loro clienti, come imprese, professionisti e anche titolari di partita Iva, con l’eccezione dei consumatori individuali. Il 20 luglio, durante le comunicazioni al Senato, Draghi ha commentato il tema affermando: «Intendiamo affrontare le criticità nella cessione dei crediti fiscali, ma al contempo ridurre la generosità dei contributi».

Altro tema di parziale disaccordo riguarda la rateizzazione delle cartelle esattoriali, cioè dei debiti maturati dai contribuenti nei confronti di enti della pubblica amministrazione come l’Agenzia delle entrate, l’Inps o i Comuni. Il decreto “Aiuti” include misure che alzano la soglia massima entro la quale può essere richiesta l’agevolazione e il numero di rate non pagate dopo il quale decade il benificio. Il M5s però vorrebbe consentire il pagamento in forma rateale «a tutti i contribuenti destinatari degli atti della riscossione», e chiede di introdurre agevolazioni che permettano di pagare in «tempi più lunghi» e senza «interessi e sanzioni».

Il Movimento ha chiesto inoltre che sia assicurato «maggiore rispetto per il Parlamento», in particolare introducendo una clausola che «obblighi» il governo a motivare le proprie scelte al Parlamento quando decide di non ascoltare il parere delle commissioni parlamentari riguardo a possibili problemi rilevati durante l’esame dei decreti-legge. Questa norma è effettivamente stata inserita nel disegno di legge delega per i contratti pubblici, approvato in via definitiva lo scorso 14 giugno, ma resta per ora circoscritta ai decreti relativi a quest’ambito, e non a tutti i decreti-legge come vorrebbe il M5s.

I motivi di scontro

Tra le nove priorità indicate dal Movimento 5 stelle, due sono in contrasto con le iniziative del governo. La prima riguarda il tema ambientale, e in particolare l’opposizione del partito a rafforzare le operazioni di estrazione di gas naturale sul territorio italiano. Questo si scontra con il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai), avviato proprio dal primo governo Conte nel 2019 e approvato definitivamente a febbraio 2022 dal governo Draghi, che punta a individuare le aree dove sarà consentito lo svolgimento di attività di «prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi» sul territorio nazionale. Il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, ha infatti ribadito più volte la necessità di sfruttare meglio i giacimenti già esistenti in Italia, anche per ridurre la dipendenza dall’estero. 

Il secondo tema riguarda il tema della precarietà e, in particolare, la «sospensione» del decreto “Dignità” approvato dal primo governo Conte nel 2018. Questo prevede, tra le altre cose, che i contratti a tempo determinato possano avere durata massima di 12 mesi, rinnovabili fino a 24 mesi per alcune specifiche motivazioni. Per via della pandemia di Covid-19, sia il governo Conte II che il governo Draghi hanno temporaneamente sospeso la necessità di causale fino al 31 dicembre 2021. Il decreto “Sostegni-bis”, approvato dal governo Draghi, ha poi indebolito le premesse del testo ampliando, fino al 30 settembre 2022, l’elenco di motivazioni con cui le aziende possono giustificare la stipula di un contratto a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi (ma comunque inferiore a 24 mesi). Il M5s vorrebbe invece che il decreto “Dignità” venisse riapplicato totalmente, senza più deroghe o sospensioni. 

Il verdetto

Il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha affermato che «quasi tutti» i nove punti indicati come priorità dal Movimento 5 stelle sono «già inclusi nell’agenda Draghi».

Brunetta la fa un po’ troppo semplice: dei nove temi, quattro sono più o meno in linea con l’azione del governo, tre sono più distanti e altri due – l’investimento sul gas naturale e il depotenziamento di alcune norme previste dal decreto “Dignità” – in contrasto.

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