La mappa dei Paesi su cui punta l’Italia per sostituire il gas russo

Il governo sta prendendo accordi con almeno nove Paesi: in base alle informazioni disponibili, i tempi restano lunghi e le risorse ancora insufficienti
ANSA
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Aggiornamento 21 aprile, ore 17 – Tra il 20 e il 21 aprile i ministri Di Maio e Cingolani hanno firmato accordi con i governi di Congo e Angola. In futuro, i due Paesi dovrebbero fornite all’Italia rispettivamente 5 miliardi e 1,5 miliardi di metri di cubi aggiuntivi di gas naturale liquefatto (Gnl). Non sono ancora chiare le tempistiche.

Aggiornamento 15 aprile, ore 12:30 – In una versione precedente dell’articolo la mappa indicava la Repubblica Democratica del Congo, e non la Repubblica del Congo.




Dall’inizio della guerra in Ucraina, il governo si è attivato per ridurre la dipendenza energetica che lega l’Italia alla Russia, soprattutto per quanto riguarda il gas. L’obiettivo è quello di aumentare le importazioni da altri Paesi per essere il più possibile pronti di fronte a un eventuale embargo europeo del gas russo. 

Le opzioni sono diverse, ma la maggior parte comporta tempistiche non immediate. A grandi linee, in base alle informazioni disponibili, Pagella Politica ha stimato che i nuovi accordi già stretti o in via di definizione con almeno nove Paesi potrebbero portare all’Italia tra i 24 e i 25 miliardi di metri cubi di gas aggiuntivi entro il 2024. Un passo avanti rispetto alla situazione attuale, ma ancora insufficiente a coprire completamente i 29 miliardi importati lo scorso anno dalla Russia. 

Gli accordi con Algeria ed Egitto

L’11 aprile il presidente del Consiglio Mario Draghi si è recato ad Algeri, in Algeria, insieme al ministro degli Esteri Luigi Di Maio e al ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, accompagnati dall’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi. Qui è stato finalizzato un accordo tra Eni e Sonatrach, la compagnia algerina per la gestione degli idrocarburi, per aumentare le forniture di gas tramite il gasdotto TransMed, che dall’Algeria arriva a Mazara del Vallo, in Sicilia. L’intesa prevede che il Paese nordafricano fornisca gradualmente all’Italia volumi crescenti di gas già a partire dal 2022, arrivando «fino a 9 miliardi di metri cubi di gas» aggiuntivi nel periodo 2023-24. 

Ad Algeri, Cingolani ha spiegato che secondo il contratto l’Italia riceverà 3 miliardi di metri cubi di gas «subito», quindi già nell’autunno 2022, ulteriori 6 miliardi nel 2023 e infine un totale di 9 miliardi di metri cubi di gas aggiuntivi nel 2024. L’Algeria infatti non ha immediatamente a disposizione il gas promesso, ma deve lavorare per aumentare le proprie capacità estrattive.

Nel 2021 l’Italia ha importato dall’Algeria poco meno di 23 miliardi di metri cubi di gas naturale, il 31 per cento sul totale. Era quindi il secondo fornitore più importante dopo la Russia, da cui erano arrivati 29 miliardi di metri cubi di gas. Con i 9 miliardi di metri cubi aggiuntivi, la quota importata dall’Algeria dovrebbe quindi superare quella russa, arrivando a 32 miliardi di metri cubi, ma solo entro i prossimi due anni e mezzo.

Il 13 aprile, l’Eni ha poi chiuso un accordo con l’Egitto per l’invio di 3 miliardi di metri cubi di gas nel 2022 «verso l’Europa, e in particolare verso l’Italia». Al momento non è ancora chiaro a quanto ammonterà la quota effettivamente destinata solo al nostro Paese, anche se il quotidiano Il Foglio parla di un miliardo di metri cubi di gas naturale liquefatto (Gnl), quindi gas naturale che viene ridotto allo stato liquido per agevolarne il trasporto, ma che per essere utilizzato deve essere riportato allo stato gassoso tramite appositi rigassificatori. 

Le trattative in corso

Oltre all’Algeria e all’Egitto, il governo italiano sta negoziando un aumento delle forniture di gas anche con altri Paesi. Tra questi c’è il Qatar, tra i principali esportatori a livello globale di Gnl. Nel 2021 abbiamo importato dall’emirato il 9,5 per cento del nostro gas naturale, una quantità pari a circa 7 miliardi di metri cubi. Fonti stampa riportano che già quest’anno potrebbero arrivare altri due miliardi di metri cubi di gas, raggiungendo quindi un totale di 9 miliardi. 

Il governo italiano sembra anche essere interessato ad aumentare le forniture in arrivo dall’Azerbaijan, da cui parte il gasdotto Tap collegato con la Puglia. A inizio aprile Di Maio, in visita nella capitale Baku, ha annunciato che nel 2022 il Paese fornirà all’Italia altri 2,5 miliardi di metri cubi di gas, arrivando così a un totale di 9,5 miliardi di metri cubi, pari quasi alla capacità totale del Tap di 10 miliardi di metri cubi. 

Il 1° marzo, durante un’informativa in Senato, Draghi ha spiegato che l’Italia deve «ragionare su un possibile raddoppio della capacità» del Tap, in modo quindi da portarla fino a 20 miliardi. In un’intervista con La Stampa del 20 marzo, l’amministratore delegato di Snam – azienda attiva nel trasporto e nello stoccaggio di gas naturale, alla cui rete è collegato anche il Tap – Marco Alverà ha detto che per il raddoppio della capacità sarebbero necessari «quattro o cinque anni, ma si può accelerare»

Tra il 20 e il 21 aprile il presidente Draghi dovrebbe recarsi anche in Congo e in Angola, visitati dal ministro Di Maio il 12 e 13 marzo, ma da cui negli ultimi anni non abbiamo importato quantità rilevanti di gas. Al momento non ci sono numeri certi, ma fonti stampa parlano di 5 miliardi di metri cubi extra di Gnl che potrebbero arrivare dal Congo. In gioco anche il Mozambico, meta toccata da Di Maio a marzo e nei programmi di Draghi per inizio maggio. 

Rimanendo in Africa, altro Paese importante è la Libia, da cui nel 2021 abbiamo importato poco più di 3 miliardi di metri cubi di gas, il 4,4 per cento del totale. Al momento però il gasdotto Greenstream, che collega la Libia alla Sicilia, è già vicino al massimo della sua capacità, e quindi eventuali aumenti di flusso comporterebbero modifiche infrastrutturali.  

Infine, il 15 marzo gli Stati Uniti si sono impegnati a inviare entro il 2022 15 miliardi aggiuntivi di metri cubici di gas naturale liquefatto all’Unione europea, senza per ora specificare i dettagli. Di questi, scrive Luciano Capone su Il Foglio, circa due o tre miliardi potrebbero arrivare all’Italia. 

Le altre misure

Tra le altre misure previste dal governo per allentare la dipendenza energetica dalla Russia c’è anche l’aumento della produzione di gas naturale sul territorio nazionale italiano. Già il 18 febbraio, in conferenza stampa, il ministro Cingolani ha spiegato che sfruttando meglio i giacimenti attualmente esistenti potremmo estrarre circa due miliardi di metri cubi di gas aggiuntivi, arrivando quindi a un totale di circa 5 miliardi di metri cubi estratti. Nel 2021 l’Italia ha prodotto circa 3,3 miliardi di metri cubi di gas, meno del 5 per cento del consumo nazionale, pari a circa 76 miliardi di metri cubi. 

Altra strategia allo studio del governo è l’aumento della capacità di rigassificazione del nostro Paese, fondamentale per poter utilizzare il gas naturale liquefatto che arriva non tramite gasdotto ma a bordo di enormi navi metaniere. Al momento in Italia sono attivi tre rigassificatori, di cui due “off-shore”, quindi in mare, e uno sulla terraferma. I due in mare si trovano nelle acque della provincia di Rovigo (Veneto) e di Livorno (Toscana), mentre l’ultimo è a Panigaglia, in provincia di La Spezia (Liguria). In Europa, il Paese con più rigassificatori è la Norvegia, che ne ha 22, seguita dalla Spagna con 15. Tutti gli altri Stati hanno molti meno impianti, da un minimo di uno a un massimo di otto, nel caso della Germania.

Negli ultimi giorni il ministro Cingolani ha stretto accordi con Snam per attivare nuovi impianti. Il primo, che secondo il ministro dovrebbe essere operativo entro giugno 2023, non sarà una struttura fissa, ma una nave ormeggiata in corrispondenza di un gasdotto sottomarino. «La nave si compra o si affitta per 400 o 500 milioni, e fornisce 5 miliardi di metri cubi l’anno», ha detto Cingolani il 9 aprile, intervenendo all’evento “Live in Bari” organizzato da Sky Tg24. Il ministro ha inoltre sottolineato che in questo modo sarà anche possibile smontare rapidamente l’infrastruttura quando non servirà più.

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