Tra violenze e diritti negati, l’Italia chiede più gas a Paesi simili alla Russia

Il governo tratta con Algeria e Qatar e spera di aumentare l’import dall’Azerbaijan. Tutti Stati considerati autoritari
Il ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, durante la missione a Doha (Qatar) il 5 marzo 2022. ANSA/ANGELO CARCONI
Il ministro degli Affari Esteri, Luigi Di Maio, durante la missione a Doha (Qatar) il 5 marzo 2022. ANSA/ANGELO CARCONI
L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto il governo italiano a ridurre la propria dipendenza dal gas proveniente dalla Russia, che nel 2021 ha pesato per circa il 40 per cento su tutto il gas importato dall’Italia. Ma dall’Algeria al Qatar, passando per l’Azerbaijan, i Paesi con cui il governo sta trattando per aumentare le forniture di gas dall’estero sono per certi versi molto simili alla Russia di Vladimir Putin, soprattutto dal punto di vista dei diritti umani e civili.

L’anno scorso quasi il 96 per cento del gas importato dall’Italia è infatti arrivato da Paesi considerati “autoritari” dal Democracy Index 2021, un’analisi curata dalla rivista britannica The Economist, che valuta la solidità dei meccanismi democratici in 167 Paesi del mondo. La Russia è alla posizione numero 124, mentre l’Algeria – secondo nella classifica dell’import di gas, con il 31 per cento – è alla numero 113. L’Azerbaijan, con il 9,9 per cento di gas, è alla numero 141, il Qatar (9,5 per cento di gas importato) alla 114; e la Libia (4,4 per cento di gas importato) alla 154. Solo una piccola parte del gas importato in Italia è invece arrivato da Paesi considerati “pienamente democratici”, come la Norvegia, la Francia e i Paesi Bassi.
Vediamo più nel dettaglio qual è il profilo dei tre Paesi a cui sta guardando con maggiore interesse il governo Draghi per ridurre le importazioni dalla Russia. Da un lato, ci sono il Qatar e l’Algeria, con cui l’esecutivo ha avviato discussioni diplomatiche, e dall’altro lato l’Azerbaijan, con cui il governo spera di intensificare le proprie relazioni energetiche.

Il «dialogo strategico» tra Italia e Qatar

Già il 14 febbraio il presidente del Consiglio Mario Draghi ha ricevuto a Palazzo Chigi il vice primo ministro e ministro degli Esteri del Qatar, lo sceicco Mohammed Al Thani, dando avvio a un «dialogo strategico» tra i due Paesi che ruota intorno ai temi della collaborazione energetica e alla risoluzione delle crisi regionali in Afghanistan e Libia. 

Il 6 marzo il ministro per gli Affari esteri Luigi Di Maio (M5s) si è recato a Doha, la capitale dell’emirato, insieme all’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi per incontrare sia Mohammed Al Thani che Saad Sherida Al-Kaabi, ministro per l’Energia e amministratore delegato di Qatar Petroleum, la compagnia statale che gestisce tutte le attività legate al gas e al petrolio nel Paese. In un punto stampa organizzato durante la visita Di Maio ha definito il Qatar come un «partner energetico storico e affidabile per l’Europa e per l’Italia», e ha affermato che l’emirato si impegnerà per «rafforzare la partnership energetica con l’Italia».
Immagine 1. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l’Ad di Eni Claudio Descalzi in visita in Qatar il 5 marzo 2022. Fonte: Profilo Facebook di Luigi Di Maio
Immagine 1. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e l’Ad di Eni Claudio Descalzi in visita in Qatar il 5 marzo 2022. Fonte: Profilo Facebook di Luigi Di Maio
L’Italia non è l’unico Paese che guarda con interesse verso il Qatar: secondo l’agenzia di stampa Reuters il 31 gennaio – quindi prima dell’invasione russa in Ucraina – il presidente americano Joe Biden avrebbe chiesto all’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani di aumentare le esportazioni di gas verso l’Europa, proprio nel caso in cui una «invasione dovesse mettere a rischio le forniture russe». 

In generale, secondo i dati dell’Amministrazione per l’informazione energetica degli Stati Uniti (Eia), nel 2021 il Qatar poteva contare su riserve di gas naturale pari a 843 trilioni di piedi cubici, ed era quindi il terzo Paese al mondo per quantità di riserve dopo la Russia e l’Iran. Come detto, nel 2021 il Qatar ha fornito all’Italia poco meno del 10 per cento del gas importato, un valore in media con quelli degli ultimi dieci anni, durante i quali la percentuale di gas qatariota importato è sempre oscillata tra l’8 per cento e il 10 per cento del totale. 

In particolare, l’Italia importa dal Qatar gas naturale liquefatto (gnl) – cioè gas sottoposto a un processo di raffreddamento che ne riduce notevolmente il volume – di cui il Qatar è da anni tra i primi esportatori al mondo insieme all’Australia e, più di recente, gli Stati Uniti. Il combustibile in questa forma arriva a un terminal in provincia di Rovigo (Veneto), dove viene rigassificato in uno dei tre impianti in Italia predisposti per questo procedimento. 
Immagine 2. Il terminal di rigassificazione Adriatic Lng, in provincia di Rovigo. ANSA/U.S./ DBA
Immagine 2. Il terminal di rigassificazione Adriatic Lng, in provincia di Rovigo. ANSA/U.S./ DBA
Il Paese è quindi un partner importante dal punto di vista energetico, se si è disposti a mettere da parte i valori democratici. Il Qatar infatti è una monarchia assoluta ereditaria in cui il potere è concentrato nella famiglia degli Al Thani da più di un secolo. Secondo la costituzione approvata tramite referendum nel 2003, 30 dei 45 membri dell’Assemblea Consultiva del Paese devono essere scelti tramite il voto dei cittadini (gli altri 15 sono nominati dall’Emiro), ma le elezioni sono state rimandate per più di un decennio e si sono tenute per la prima volta solo nel 2021. 

Le donne vengono spesso discriminate, e tra le altre cose hanno bisogno del permesso di un uomo per lavorare e viaggiare, ed è molto difficile per loro chiedere e ottenere un divorzio. I matrimoni omosessuali non sono consentiti, così come le procedure per il cambio del sesso biologico. 

In un rapporto della Commissione per gli affari esteri della Camera statunitense del 2017 si legge che il Qatar ha un «atteggiamento permissivo» per quanto riguarda il finanziamento di organizzazioni terroristiche, tra cui «Hamas e altri gruppi attivi in Siria». Il Paese è anche strettamente legato ai Fratelli Musulmani, un punto di riferimento per numerose organizzazioni integraliste sunnite. 

Come detto, nel 2021 il Paese occupava il posto numero 114 del Democracy Index dell’Economist, ma le criticità sono state segnalate tra gli altri anche da Freedom House (un centro di ricerca non governativo con sede a Washington), e dalle ong Human Rights Watch e Amnesty International

Le trattative con l’Algeria

Il 28 febbraio il ministro degli Esteri Di Maio ha incontrato il suo omologo algerino, Ramtane Lamamra, e il ministro dell’Energia e delle miniere del Paese, Mohamed Arkab, per discutere della possibilità di aumentare le importazioni italiane di gas in arrivo dall’Algeria. 

Nel 2021 il 31,1 per cento del gas importato dall’Italia proveniva dall’Algeria: il Paese era il nostro secondo partner più importante, subito dopo la Russia con il 39,9 per cento. Il gas algerino arriva in Italia tramite il gasdotto Transmed, che attraversa la Tunisia per raggiungere il terminal di Mazara del Vallo, in Sicilia, da cui poi viene immesso nella rete nazionale. 
Immagine 3. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad Algeri il 28 febbraio 2022. Fonte: Ministero degli Esteri
Immagine 3. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ad Algeri il 28 febbraio 2022. Fonte: Ministero degli Esteri
L’Algeria è una repubblica semi-presidenziale, in cui il presidente viene eletto a suffragio universale ogni cinque anni. Le ultime elezioni, del 2019, hanno fatto discutere soprattutto a causa delle proteste organizzate dal movimento noto come “Hirak”, che chiedeva prima l’uscita dalla scena politica di Abdelaziz Bouteflika – presidente dal 1999 che inizialmente intendeva ricandidarsi per un quinto mandato, ma ha desistito in seguito alle proteste – e poi un cambiamento generale nelle modalità di amministrazione del Paese. 

Il governo ha represso duramente le attività dei manifestanti, e anche il Parlamento europeo il 28 novembre 2019 ha approvato una risoluzione per condannare «gli arresti illegali e arbitrari, la detenzione, l’intimidazione e gli attacchi verso giornalisti, sindacalisti, avvocati, studenti, difensori dei diritti umani e tutti i partecipanti alle proteste pacifiche dell’Hirak»

Anche oggi la situazione nel Paese rimane tesa, e il movimento continua a manifestare: nel maggio 2021, per esempio, il governo ha arrestato più di 800 persone che partecipavano a proteste organizzate ad Algeri. Come ulteriore strumento di repressione, nell’aprile 2020 l’Algeria ha inoltre approvato una legge contro le «notizie false», considerate dannose per «l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato».

La questione della Tap, in Azerbaijan

Altro Paese da cui l’Italia importa una percentuale rilevante di gas è l’Azerbaijan, un’ex repubblica sovietica in Asia Centrale. A differenza di Algeria e Qatar, da cui il nostro Paese importa gas da decenni, il combustibile azero è cominciato ad arrivare in Italia alla fine del 2020, quando ne sono stati importati appena 11 milioni di metri cubi. La cifra è rapidamente salita a più di 7 miliardi nel 2021, il 9,9 per cento del totale. 

Nel dicembre 2020 infatti è stato attivato il gasdotto trans-adriatico (trans-adriatic pipeline, Tap) che, grazie all’unione con altre infrastrutture già esistenti, collega il giacimento azero di Shah Deniz con la Puglia, attraversando la Grecia e l’Albania. La costruzione del Tap era stata contestata dal Movimento 5 stelle, che però alla fine si è arreso alla sua costruzione. 

Secondo Human Rights Watch, l’Azerbaijan conduce «un attacco violento verso le voci critiche e di opposizione», al punto che «lo spazio per l’attivismo indipendente, il giornalismo critico e l’opposizione politica è stato praticamente eliminato». L’organizzazione riporta inoltre episodi di «tortura, intereferenze nel lavoro degli avvocati indipnendenti e restrizioni alla libertà dei media». Per decenni poi il Paese è stato coinvolto nella guerra per il territorio del Nagorno Karabakh, conteso con le forze armene. Il conflitto si è risolto solo nel 2020 con un accordo per la spartizione delle terre firmato da Azerbaijan, Armenia e Russia.

Il 25 febbraio, durante un’informativa in Parlamento sul conflitto in Ucraina, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha fatto sapere che «il governo intende lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico, come il Tap dall’Azerbaijan».

Draghi ha menzionato anche il gasdotto GreenStream, che collega l’Italia alla Libia e tramite cui abbiamo importato il 4,4 per cento del nostro gas nel 2021. Ricordiamo che la Libia si trova da anni in una situazione di instabilità causata, come spiega la Treccani, da «un conflitto interno di natura politico-tribale, dall’assenza di istituzioni forti e dall’ascesa di forze radicali, legate al jihadismo ispirato dallo Stato islamico».

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