La pressione fiscale è uno degli argomenti cardine di questa campagna elettorale ed anche il Segretario del Pd non si tira indietro a dire la sua sull’operato del governo Berlusconi.


Per verificare la sua dichiarazione abbiamo utilizzato la tabella a lato, costruita su dati Istat e Oecd (le differenze poi presentate sono calcolate su dati Istat  per semplicità di lettura. Il risultato complessivo non varia se si considerano i dati Oecd). 


La pressione fiscale è qui intesa come il rapporto tra oneri fiscali e contributivi sul Prodotto Interno Lordo (per questo bisognerebbe, ad onore di precisione, considerare congiuntamente anche l’andamento di quest’ultimo). I dati presentati si riferiscono agli ultimi 20 anni.


La differenza tra la pressione fiscale del 2008 e quella del 2011, entrambe attribuibili all’ultimo governo Berlusconi, è di soli 0.1 punti percentuali in meno.


Se anche considerassimo un periodo più lungo, dal 2001 – inizio del governo Berlusconi II – al 2011, la pressione fiscale risulterebbe aumentata di soli 1.2 punti percentuali (e si deve tener conto che il picco massimo si è raggiunto nel 2007 sotto il governo Prodi II). 


I quattro punti citati da Bersani non compaiono neppure calcolando la differenza tra la pressione fiscale del 1994, anno del primo insediamento di Berlusconi quale Presidente del Consiglio dei Ministri, e quella del 2011, che si ferma a 1.7 punti percentuali.


A cosa si riferisce, quindi, il candidato premier del centrosinistra? Come spiega sul sito del Partito Democratico, Bersani attribuisce a Berlusconi 4 punti di aumento della pressione fiscale sulla base della Nota di aggiornamento del DEF del 20 settembre 2011 (firmato quindi dallo stesso Berlusconi, ancora in capo al governo), secondo cui, nel 2012, la pressione fiscale sarebbe stata pari a 43.8. A questo numero va inoltre aggiunto l’aumento derivante dalla riduzione delle agevolazioni fiscali, pari a 0.2. Una pressione fiscale che tocca 44 punti percentuali.


Stando quindi a questi calcoli la differenza tra il 2008 e il 2012 dovrebbe essere pari a 4 punti, ma così non è. Si tratta infatti di “soli” 1.4 punti percentuali (44 – 42.6). E’ solamente la differenza con la pressione fiscale del 2005 (40.4) che sarebbe effettivamente pari a circa 4 punti percentuali (3.6 per la precisione, il sito del PD riporta alcuni dati leggermente diversi da quelli presentati dal sito dell’Istat e calcola la differenza a partire dal 2002). 


Insomma, circa 4 punti da qualche parte “saltano fuori” ma la dichiarazione di Bersani risulta fuorviante perché non tiene in considerazione che un aumento della pressione fiscale si è verificato anche durante il governo Prodi II tra il 2006 e il 2008 e che nel 2011-2012 c’è stato il governo Monti. Anche se è innegabile che Berlusconi abbia governato per la maggior parte degli ultimi 15 anni e sia attribuibile a lui buona parte delle decisioni prese in materia (molte delle quali con effetto non immediato negli anni del suo governo, ma posticipato ai governi successivi), stabilire esattamente le responsabilità dell’aumento della pressione fiscale non è cosa scontata e tutti i governi dovrebbero prendersi la propria parte di responsabilità (chi più e chi meno). Inoltre quelle citate da Bersani sono previsioni delle quali non avremo mai conferma data la caduta del governo Berlusconi e il subentro di quello di Monti. La chiarezza della comunicazione avrebbe richiesto almeno l’uso del condizionale.


Pinocchio andante per il segretario del Pd.