Abbiamo un problema. Il sottosegretario Delrio esagera clamorosamente il numero di inattivi in Italia. Come si può vedere, infatti, nell’ultima rilevazione Istat, con i dati relativi a febbraio 2014, gli inattivi in Italia erano 14,4 milioni. Questo numero è circa un terzo di quello citato da Delrio. Cosa succede? Per scoprirlo facciamo un passo indietro e leggiamo la definizione di inattivi nel documento Istat: “le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle non classificate come occupate o in cerca di occupazione”. A rigor di logica – visto che gli stessi dati Istat indicano che gli occupati sono 22,2 milioni e i disoccupati 3,3 – gli inattivi dovrebbero essere il resto della popolazione (59,7 milioni – 22,2 – 3,3)? Se così fosse il risultato – 34,1 milioni – non è propriamente 40 milioni ma neanche lontanissimo da quanto sostenuto da Delrio.



L’errore in questo ragionamento dovrebbe essere evidente ai più: così come l’occupazione e la disoccupazione vengono conteggiate su una fascia di popolazione che esclude i bambini in età scolastica e i pensionati, anche il tasso di inattività si calcola su un sotto campione della popolazione totale. L’Istat, come Eurostat, sceglie come popolazione quella tra 15 e 64 anni. Difficilmente, infatti, in questa epoca si considerano “inattivi” i bambini dell’asilo, poiché fuori dal mercato del lavoro.



Dopo averla sparata grossa, Delrio passa al tasso di attività italiano, quindi alla proporzione tra persone nel mercato del lavoro (occupati + disoccupati) e la popolazione totale. E’ il più basso d’Europa? Dai dati Eurostat che conteggiano il tasso di attività per la popolazione 15-64 vediamo che quanto dichiarato dal sottosegretario risulta sostanzialmente vero: l’Italia è penultima, con il 62,8% di popolazione attiva, ed appena il 55,5% di donne attive della stessa età.



Delrio rischia la bocciatura in partenza ma si salva con il confronto europeo: “Nì”.