Toni cupi al limite dell’allarme sociale, quelli utilizzati da Roberto Speranza in questa dichiarazione. Ma avrà ragione? Andiamo per punti.
Nella prima parte della dichiarazione il capogruppo dei democratici alla Camera fa riferimento al Primo Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) messo a punto da Istat e Cnel e che affiancherà il Pil nella valutazione dello stato di salute del Paese. Speranza, però, fa un po’ di confusione: come si legge a pagina 97 del Capitolo 4 del Rapporto BES, dedicato al Benessere Economico, infatti, la percentuale di italiani che vivono in condizioni di grave deprivazione materiale è pari all’11,1%, che tradotto in numeri significa 6,7 milioni (calcolato secondo i dati dell’ultimo censimento). A pagina 105, però, leggiamo che l’indice di grave deprivazione materiale rappresenta la percentuale di persone che vivono in famiglie con almeno 4 dei seguenti problemi: 1) non riuscire a sostenere spese impreviste, 2) avere arretrati nei pagamenti (mutuo, affitto, bollette, debiti diversi dal mutuo); non potersi permettere: 3) una settimana di ferie lontano da casa in un anno, 4) un pasto adeguato (proteico) almeno ogni due giorni, 5) di riscaldare adeguatamente l’abitazione; non potersi permettere l’acquisto di: 6) una lavatrice, 7) una televisione a colori, 8) un telefono o 9) un’automobile. Ovviamente la situazione è drammatica, ma è errato considerare che l’impossibilità di far fronte ad una spesa improvvisa sia stata indicata da ognuno di questi 6,7 milioni di italiani. Purtroppo, questa voce viene segnalata in crescita: dal 33,3% al 38,5%, che tradotto in numeri significa 2,6 milioni di italiani. Ne troviamo conferma in diverse agenzie stampa: l’Ansa stessa precisa, infatti, che “si tratta di individui in famiglie con 4 o piu’ sintomi di disagio in un set di 9.”
Siccome i dati del Rapporto sul BES si fermano al 2011, ci siamo fatti aiutare dal Rapporto Annuale Istat – La Situazione del Paese (2013); a pagina 10 del Capitolo 1, dedicato specificamente al Quadro Macroeconomico e Sociale, possiamo leggere che “nel 2012, gli individui in famiglie gravemente deprivate […] rappresentano il 14,3 per cento del totale”, ovvero 8,5 milioni di italiani. A pagina 11 del già citato rapporto leggiamo poi che di questi 8,5 milioni, il 41,7 percento dichiara di non essere in grado di far fronte ad una spesa imprevista di un importo relativamente contenuto, quantificata in circa 800 Euro. Traducendo nuovamente le percentuali in valori assoluti, si tratterebbe di 3,5 milioni di italiani. Siamo ben lontani, quindi, dai 7 milioni indicati da Speranza che deve aver confuso questa particolare categoria di italiani con la più generale di coloro che vivono in condizioni di grave deprivazione materiale.
Passiamo ora alla disoccupazione giovanile. L’Istat dà ragione a Speranza: il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale al 41,9% nel I trimestre 2013 (valori non destagionalizzati), con un picco del 52,8% per le giovani donne del Mezzogiorno.
Concludiamo ora l’analisi cono uno dei segnali più gravi dell’attuale congiuntura economica: la chiusura delle imprese, di cui Pagella Politica si è già occupata. Avvalendoci dell’ultimo Rapporto 2012 di Unioncamere, l’anno scorso hanno chiuso ben 364.972 imprese (artigiane e non): divise per i 365 giorni dell’anno fanno quasi 1.000 cessazioni al giorno.
Come abbiamo potuto già verificare in quest’altra analisi, Speranza non è nuovo a questi temi. I toni cupi utilizzati sembrano, purtroppo, appropriati, ma l’imprecisione iniziale costa cara al capogruppo democratico alla Camera: “Nì”!