A prescindere dalle considerazioni politiche e soggettive, cerchiamo di capire se Berlusconi conosce il funzionamento del sistema elettorale spagnolo.
Il parlamento spagnolo è composto da due Camere: il Congreso de los Diputados e il Senado. La composizione del Congreso (Camera dei Deputati) viene determinata tramite un sistema proporzionale che assegna i 350 seggi a livello provinciale. Ciascuna Provincia riceve un numero di seggi proporzionale alla propria popolazione, con un minimo di due seggi (fanno eccezione le enclave di Ceuta e Melilla che ne ricevono uno ciascuno). Lo sbarramento formale è appena al 3%, ma il sistema di assegnazione a livello provinciale, riducendo i seggi a disposizione in ciascuna circoscrizione, finisce per premiare i partiti più grandi ed aumentare lo “sbarramento effettivo”, come si può vedere in questa analisi delle elezioni del 1993 fatta dal blog Election Resources. Dall’analisi risulta infatti che nella provincia di Zaragoza la suddivisione dei sette seggi disponibili ha finito per “alzare” lo sbarramento al 10,8% dei voti; addirittura attorno al 20% per le province di Teruel e Huesca, che inviano a Madrid solo tre deputati. Il risultato è quindi una rappresentazione più che proporzionale dei principali partiti. Questo effetto si può riscontrare molto chiaramente in una scheda dell’Astrid (Fondazione per l’analisi, gli studi e le ricerche sulla riforma delle istituzioni democratiche e sull’innovazione nelle amministrazioni pubbliche), di cui riportiamo qui la tabella che confronta i voti e i seggi ricevuti alle elezioni spagnole dal 1977 al 2004.
Come si può vedere i partiti principali (Pp e Psoe) ottengono negli anni un premio spesso anche molto consistente in termini di seggi aggiuntivi alla Camera. Ad esempio nel 1989 il Psoe con il 39,9% dei voti ha ricevuto il 50% dei seggi, ed il Pp ha guadagnato una presenza in Parlamento di quasi otto punti percentuali maggiore del voto popolare nel 2000.
Per quanto riguarda il Senado, il sistema è maggioritario, con una componente di voto indiretto. Nelle elezioni del 2011, 208 seggi sono stati assegnati per Regione tramite voto diretto, mentre altri 58 sono stati eletti indirettamente dalle comunità autonome (vedi rapporto Osce). Nel Senato si trova dunque una presenza marcata di realtà regionali come il Convergència i Unió (Catalogna) il Partido Nacionalista Vasco (Paesi Baschi), e così via. Il Senato è però il ramo “debole” del Parlamento spagnolo, come si può vedere nella lista di funzioni sul sito dell’istituzione: il Congresso decide dove far iniziare l’iter legislativo, non ha i limiti di tempo di discussione che vengono invece imposti al Senato, e in caso di parere contrario del Senato può rifiutarne le indicazioni votando per maggioranza assoluta, o anche per maggioranza semplice se sono passati due mesi dal momento del veto.
Infine la questione della governabilità: per quanto le elezioni regionali in un sistema federale come quello spagnolo abbiano spesso delle conseguenze importanti sull’assetto politico a livello nazionale, è vero anche che dal ritorno della democrazia in Spagna nel 1977 i governi sono stati appena 12, rispetto ai 29 nello stesso periodo in Italia.
Scevra dall’analisi politica sul fatto che questo sistema sia il migliore e che converrebbe anche al Pd, la dichiarazione di Berlusconi si merita un “Vero”, poichè il sistema elettorale spagnolo premia effettivamente i partiti principali, provoca un alto sbarramento implicito ed è risultato in governi più longevi.