Renato Brunetta, in un recente editoriale sui sistemi elettorali da adottare in Italia, fa un lungo excursus sulla situazione economica internazionale, parlando anche di crescita economica e politica internazionale.
L’affermazione del capogruppo di Forza Italia si rivela molto interessante perché permette di confrontare informazioni ben precise, facendo un bilancio dell’andamento delle principali economie mondiali attraverso gli anni della crisi economica.
Per verificare la dichiarazione, abbiamo preso i dati del Fondo Monetario Internazionale (stime più recenti a ottobre 2013), per confrontare i dati del Pil in moneta locale (per neutralizzare l’effetto-cambio) dal 2007 al 2013, e per usare l’orizzonte temporale indicato da Brunetta. Per correttezza abbiamo inoltre incluso i dati sia a prezzi correnti sia a prezzi costanti, per evidenziare come l’inflazione sia una variante determinante in questo tipo di analisi.
Abbiamo selezionato i dati delle cosiddette major advanced economies e dei Paesi dell’area euro, in quanto ci sono sembrati i campioni statistici dell’Imf più coerenti con le definizioni utilizzate da Brunetta. Per quanto riguarda le major adavanced economies, abbiamo aggiunto, oltre al campione statistico tradizionalmente preso in considerazione dall’Imf, anche Australia e Sud Corea che, pur non essendo nel G7, riteniamo siano Paesi di grandi dimensioni ed economie ormai considerate a tutti gli effetti come avanzate da non trascurare (inoltre membri Oecd e del G20 fuori dall’area euro).
I risultati che ne derivano non sono perfettamente in linea con quanto affermato dal capogruppo di Forza Italia.
Possiamo approcciare il discorso in due modi differenti, in termini reali (a prezzi costanti) e in termini assoluti (a prezzi correnti). Il Pil viene tradizionalmente misurato in entrambi i modi, ma noi di Pagella Politica saremmo più propensi a leggere il problema in termini reali, considerando l’inflazione che resta un fenomeno prettamente monetario.
Brunetta non ha totalmente ragione in entrambi i modi di pensare:
1. A prezzi costanti si sbaglia nell’escludere il Canada (ed eventualmente Francia e Germania, se Brunetta ragiona “al di fuori del gruppo dei Paesi membri dell’Eurozona”) dal gruppo delle grandi economie avanzate che sono cresciute: non ci sono solo Usa e Giappone; inoltre esagera sull’Eurozona, definendo “di molto” il gap del Pil 2007-13, quando il delta è sotto il 2%. Se allargassimo il campione anche ad Australia e Sud Corea (entrambe economie Ocse e G20), l’errore sarebbe ancora più grande.
2. A prezzi correnti si sbaglia a considerare il Giappone come cresciuto (c’è un forte gap dovuto alla deflazione degli ultimi anni prima del cambiamento giustamente citato da Brunetta): dovrebbe invece considerare nel gruppo dei grandi Paesi che sono cresciuti il Canada e il Regno Unito (ed eventualmente Francia, Germania e perfino Italia se parla di Paesi membri dell’Eurozona). Si sbaglierebbe, inoltre, totalmente sull’Eurozona, in cui la crescita sarebbe di circa il 6.0% (ma sarebbe “tutta inflazione”). Se allargassimo il campione anche ad Australia e Sud Corea, l’errore sarebbe maggiore.
Anche utilizzando il primo approccio, Brunetta dimentica Paesi importanti come Canada, Francia e Germania, nonostante parli correttamente di Usa e Giappone (citando anche correttamente il cambio di rotta politico/monetario). Inoltre esagera sostenendo che il Pil dell’Eurozona sia rimasto “molto al di sotto” del livello del 2007. Seguendo il secondo approccio, l’errore sarebbe ancora più grave. Brunetta generalizza e si arena sul “Ni” di Pagella Politica.