In visita a Mirandola, paese terremotato della Bassa Modenese, Grillo affronta un tema al centro del dibattito internazionale, ossia la pratica della fratturazione idraulica (fracking in inglese). Oltre al caso menzionato nella dichiarazione, nella stessa occasione, Grillo ha sostenuto l’esistenza di un nesso tra trivellazioni e terremoti. Questa affermazione non è verificabile in maniera definitiva: come evidenziato in questa analisi, è infatti in corso un dibattito controverso sui rapporti causa-effetto tra i due fenomeni, e allo stato attuale delle evidenze è difficile affermare con certezza che vi sia o non vi sia un nesso. Sicuramente quindi, al di là del caso svizzero citato, il leader M5S avrebbe potuto essere più cauto nell’affermare con certezza la presenza di una relazione, sottolineando che ad oggi il dibattito è ancora aperto.
Il fracking è una tecnica estrattiva di gas naturale, introdotta nel 1949 negli Usa dalla Stanolind Oil, che consiste nel provocare fratture all’interno delle formazioni rocciose scistose utilizzando la pressione dei liquidi (per questo si parla di hydro-fracking). Per maggiori dettagli sul processo di estrazione potete leggere questo articolo in italiano oppure il report della Commissione Europea sui gas non convenzionali in Europa, disponibile in inglese (Main features of the shale gas activities, pag. 7). La prospettiva di smisurate riserve di shale gas ancora inesplorate ha inizialmente inebriato non solo le compagnie minerarie, ma anche molti ambientalisti e politici. I primi hanno visto nel fracking un mercato vergine, mentre alcuni dei secondi hanno visto in questa causa un’opportunità di riduzione dell’uso di fonti di energia più inquinanti, come petrolio e carbone. Secondo la International Energy Agency, dal 2006 al 2011, le emissione di CO2 negli Stati Uniti sono diminuite di 430 milioni di tonnellate, ovvero del 7,7%, proprio grazie alla riduzione dell’impiego del carbone nella produzione di elettricità. Non ultimo, dal punto di vista politico, il fracking rappresenta per molti Paesi la possibilità di ridurre i prezzi dell’energia e, forse, anche se è presto per dirlo, un biglietto di sola andata per l’indipendenza energetica. Alcune stime parlano di 200.000 miliardi di metri cubi a livello mondiale ancora inesplorati.
Come sempre, accanto alle tesi dei sostenitori, si aggiungono quelle dei detrattori, in particolare quelle legate al problema dell’inquinamento. Come ben riassunto da questo documento dell’Istituto Superiore di Sanità, si va dal rischio di contaminazione delle falde acquifere da parte di sostanze chimiche o difetti di funzionamento dei pozzi, allo spreco di enormi volumi di acqua nel processo estrattivo, all’inquinamento acustico degli impianti, fino all’aumento delle emissioni di CO2 nella combustione dei gas. Sarebbe, quindi, da verificare se il risparmio di CO2 dovuto al minor utilizzo di carbone sostenuto dallo IEA, non sia in realtà reso vano dall’aumento di emissioni di anidride carbonica dovuto alla combustione del gas scisto. Secondo Energydesk di Greenpeace il bilancio sarebbe negativo, con un aumento complessivo delle emissioni nel lungo periodo.
Infine, sempre secondo il documento dell’ISS, uno dei pericoli del fracking sembra essere l’impatto negativo sull’attività sismica delle zone in cui sono effettuate le trivellazioni. La questione è piuttosto controversa e non mancano gli scettici: secondo lo US Geological Survey non esistono dati a supporto di una relazione causa-effetto tra il fracking e i terremoti e lo stesso pare pensare la procura di Modena. Tuttavia, i timori di Grillo sembrano essere condivisi da più parti. Già dallo scorso giugno, il governatore Errani aveva chiesto alla Protezione Civile di indagare sul fenomeno della fratturazione per svelare un’eventuale relazione tra le presunte trivellazioni e il terremoto del maggio 2012.
Il caso a cui il leader M5S fa riferimento potrebbe essere quello di Basilea (che Grillo confonde con Berna), seguito con una certa attenzione dal New York Times. In un primo articolo, datato giugno 2009, il NYT afferma che il terremoto avvenuto nella città nel dicembre 2006 sia ascrivibile al progetto di fracking portato avanti dall’ex petroliere Markus O. Häring, amministratore delegato della Geo Explorers Ltd. All’epoca la compagnia stava effettuando una trivellazione di 3 miglia di profonditá, pari a 4,8 km (non 7, come affermato da Grillo) quando si registrò una serie di terremoti, il cui maggiore toccò forza 3.4 gradi (non 3.7). Un altro articolo del NYT, di dicembre 2009, conferma quanto detto da Grillo: Häring finì sotto processo per i danni derivanti dal progetto. Secondo uno studio del Departement für Wirtschaft, Soziales und Umwelt (economia, società e ambiente), il processo di fracking avrebbe provocato le scosse del 2006, causando danni economici per 9 milioni di dollari, anche se l’indagine afferma come sia prematuro collegare qualsiasi progetto geotermico alla possibilitá di terremoti, date le specifiche caratteristiche geologiche e demografiche dell’area di Basilea, nonché delle fasi di implementazione del progetto della Geo Explorers Ltd. La nota positiva è che i terremoti provocati dal fracking risultano, in genere, di forza ridotta e quindi relativamente poco dannosi (non ci fu nessuna vittima a Basilea nel 2006). Al contrario di quanto sostiene Grillo, il processo sembra essersi già concluso: come riportato dal sito Zoominfo, Häring venne assolto poichè i danni derivanti dalla trivellazione non erano intenzionali. Lo stesso sito riporta un comunicato secondo cui la Corte di Basilea, già il 18 dicembre 2009, aveva affermato che l’amministratore delegato aveva agito in conformità con quanto allora conosciuto sul tema del fracking [The criminal court of Basel City said on Monday that Markus Häring, director of Geothermal Explorers which was in charge of the project, had acted in accordance with the state of scientific knowledge at the time, and had not downplayed the possible risks].
A Grillo va senza dubbio riconosciuto il merito di aver portato l’attenzione su un tema particolarmente critico. Che ci sia un nesso tra fracking e terremoti è sicuramente un’ipotesi condivisa da molti studiosi, ma allo stesso tempo le evidenze sono ancora poche e contraddittorie. E’ vero che nel caso di Basilea, di cui parla Grillo, il report aveva rilevato un rapporto tra i due fenomeni, sottolineando, tuttavia, come sia prematuro generalizzare quanto successo in Svizzera. Per quanto riguarda la parte di dichiarazione verificabile, è da notare che i numeri citati sono vicini al vero, anche se riportati in maniera non molto precisa: il terremoto era di magnitudo 3,4, la trivellazione era a 4800 metri di profondità e il processo ad Häring si è concluso praticamente immediatamente con l’assoluzione. Voto complessivo: “C’eri quasi!”