Il 30 dicembre, nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che una «legge del 2007 attribuisce al presidente del Consiglio la responsabilità politica e giuridica sulla sicurezza nazionale». Il premier ha sostenuto che, se anche se decidesse di cedere ad altri la delega ai Servizi segreti – decisione «facoltativa» – sarebbe comunque chiamato a risponderne personalmente. Inoltre, Conte ha aggiunto che anche il suo predecessore Paolo Gentiloni non si era «avvalso di una persona di fiducia a cui delegare» le questioni legate alla sicurezza nazionale.
La dichiarazione di Conte risponde a uno dei tanti temi divisivi all’interno della maggioranza in questo momento. Nello specifico, nelle ultime settimane, Italia viva ha chiesto con insistenza che il premier rinunci a occuparsi personalmente dei Servizi segreti. «L’insistenza con cui non ti apri a un confronto di maggioranza sul ruolo dell’Autorità Delegata è inspiegabile. L’intelligence appartiene a tutti, non è la struttura privata di qualcuno – ha scritto Matteo Renzi in una lettera rivolta a Conte il 17 dicembre – tu non puoi lavorare con te stesso anche in questo settore».
Abbiamo verificato e Conte riporta informazioni sostanzialmente corrette ma un po’ troppo semplificate: la legge attribuisce la responsabilità “generale” sulla sicurezza nazionale al presidente del Consiglio, ma se il premier delegasse a terzi, questi avrebbero comunque una responsabilità individuale per le funzioni che esercitano. È poi vero che, prima di lui, anche Gentiloni non ha ceduto la delega ad altri, ma si tratta dell’unico precedente.
Ciò non toglie che, al di là degli aspetti legali, rimanga un tema di opportunità politica, ancora da risolvere all’interno della maggioranza.
Vediamo intanto cosa dice la legge.
La legge del 2007
Il provvedimento a cui fa riferimento Conte è la legge n.124 del 3 agosto 2007, con la quale è stato riorganizzato il comparto dell’intelligence fino a quel momento regolamentato da una normativa del 1977.
All’articolo 1 viene stabilito che al presidente del Consiglio dei ministri sono attribuiti, «in via esclusiva» i seguenti poteri: «L’alta direzione e la responsabilità generale della politica dell’informazione per la sicurezza, nell’interesse e per la difesa della Repubblica e delle istituzioni democratiche poste dalla Costituzione a suo fondamento»; le decisioni relative all’apposizione del segreto di Stato su alcuni dossier; la nomina e la revoca del direttore generale e di uno o più vice direttori generali del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e dei servizi d’informazione per la sicurezza; e la quantificazione delle risorse finanziarie per i servizi segreti.
Il punto che qui ci interessa, citato alla lettera, è il primo. «L’alta direzione e la responsabilità generale della politica dell’informazione per la sicurezza» sono attribuite senza alcuna ambiguità, «in via esclusiva», alla presidenza del Consiglio.
L’espressione «in via esclusiva» è chiave anche per interpretare la natura della delega. La stessa legge, infatti, stabilisce all’articolo 3 (comma 1) che il presidente del Consiglio dei ministri, «ove lo ritenga opportuno» – e quindi Conte ha ragione quando sottolinea che sia una scelta facoltativa – «può delegare le funzioni che non sono ad esso attribuite in via esclusiva» a un ministro senza portafoglio o a un sottosegretario, che a quel punto diventano l’«autorità delegata». Ricapitolando: il primo ministro può delegare le funzioni legate al compito, ma non quelle che sono attribuite a lui esclusivamente, fra cui, come abbiamo visto, la responsabilità generale e la direzione.
Nel caso una delega ci sia, questa crea delle responsabilità in capo alla persona che viene delegata. Non la responsabilità generale, che come abbiamo detto rimane al presidente del Consiglio, ma la responsabilità specifica per le funzioni che vengono demandate. Quindi se l’Autorità delegata commettesse un reato, ad esempio, il presidente del Consiglio potrebbe anche non essere chiamato a rispondere (se non venissero dimostrate sue colpe nel mancato controllo o nella modalità in cui è stato scelto il delegato). In assenza di delega, tutte le funzioni e tutte le responsabilità rimangono in capo al presidente del Consiglio.
Infine, il comma 3 dell’articolo 1 prevede che il presidente del Consiglio dei ministri «è costantemente informato dall’Autorità delegata sulle modalità di esercizio delle funzioni delegate e, fermo restando il potere di direttiva, può in qualsiasi momento avocare l’esercizio di tutte o di alcune di esse». L’ultima parola sulle questioni di intelligence rimane quindi, inequivocabilmente, alla presidenza del Consiglio, insieme alla responsabilità generale.
Il precedente (unico) di Gentiloni
Infine, Conte ha ricordato correttamente che anche Paolo Gentiloni, presidente del Consiglio da dicembre 2016 a giugno 2018, non ha nominato nella propria squadra un’Autorità delegata per la sicurezza nazionale.
Va detto, tuttavia, che dal 2007 – quando è entrata in vigore la legge – si è trattato dell’unico caso (a cui si è aggiunto quello di Conte negli ultimi due anni e mezzo). Nel quarto governo Berlusconi, la delega ai servizi era stata affidata a Gianni Letta, già sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Con Mario Monti a Palazzo Chigi, a occuparsi dell’intelligence era il sottosegretario Giovanni De Gennaro. Sia Enrico Letta che Matteo Renzi hanno invece affidato la delega a Marco Minniti, sempre in veste di sottosegretario. Quando quest’ultimo è diventato ministro dell’Interno, durante il governo Gentiloni, l’incarico è effettivamente rimasto vacante fino alla fine della legislatura e dunque in mano allora presidente del Consiglio.
Conte e i Servizi segreti
La questione politica è più complessa e non riguarda semplicemente quanto viene stabilito dalla legge sull’organizzazione dell’intelligence. Secondo giornalisti e commentatori, la pressione di Italia viva sul tema della delega ai Servizi ha a che fare con una gestione non sempre impeccabile del ruolo da parte del presidente del Consiglio.
Emiliano Fittipaldi, sul quotidiano Domani, ha attribuito l’inizio della diffidenza di Matteo Renzi nei confronti del presidente del Consiglio a un’appendice del Russiagate, ossia l’inchiesta sulle possibili ingerenze russe sulle elezioni statunitensi del 2016. A ottobre 2019, il New York Times ha rivelato due incontri fra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il procuratore generale statunitense William Barr. In quell’occasione Barr avrebbe chiesto a Conte di indagare su Joseph Mifsud, ex professore in visita della Link University di Roma, coinvolto nelle vicende del Russiagate.
Al di là degli esiti della vicenda, la polemica italiana si era concentrata su un aspetto, nello specifico: il presidente del Consiglio non aveva informato il Copasir, il Comitato di controllo parlamentare sull’intelligence, degli incontri in questione. Matteo Renzi non è quindi l’unico a ritenere che la gestione dell’intelligence da parte di Conte non sia stata impeccabile.
Il verdetto
Il 30 dicembre, nel corso della tradizionale conferenza stampa di fine anno, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha detto che una legge del 2007 attribuirebbe al presidente del Consiglio la responsabilità politica e giuridica sulla sicurezza nazionale, anche nel caso in cui decidesse di affidare la delega ad altri. Il premier ha aggiunto che anche il suo predecessore Paolo Gentiloni non si era «avvalso di una persona di fiducia a cui delegare» le questioni legate alla sicurezza nazionale.
Abbiamo verificato e Conte riporta informazioni corrette: la legge attribuisce la responsabilità sulla sicurezza nazionale al presidente del Consiglio, il quale può delegare le funzioni legate all’incarico, ma sarà sempre l’ultimo a rispondere delle decisioni. Tuttavia, l’Autorità delegata da lui scelta avrebbe delle responsabilità legate alle funzioni specifiche che gli sono state affidate. E su quelle, il presidente del Consiglio sarebbe chiamato a rispondere solo in circostanze molto specifiche. È vero che, prima di lui, anche Paolo Gentiloni non ha ceduto la delega ad altri, ma è l’unico caso da quando esiste la legge del 2007.
Al di là degli aspetti legali, il tema rappresenta comunque una questione irrisolta all’interno della sua stessa maggioranza e fra quanti, in prima linea Italia viva, ritengono che non abbia gestito al meglio l’incarico legato alla sicurezza nazionale.
Conte si merita un “C’eri quasi”.
«L’Italia, tra l’altro, non è certo al primo posto tra i suicidi [in carcere] in Europa, anzi è verso gli ultimi» (min. 16:20)
15 aprile 2025
Fonte:
Zapping – Radio 1