Il 21 giugno il presidente del Consiglio Mario Draghi è intervenuto, con un videomessaggio, alla sessione di apertura del Women political leaders Summit 2021, un evento dedicato alla partecipazione delle donne alla politica nel mondo.
Nel suo discorso Draghi ha detto che dal 2004 il nostro Paese ha registrato il tasso di crescita «più alto d’Europa» per il numero di donne membri del Parlamento. Quindici anni fa, secondo il presidente del Consiglio, in Italia «le donne rappresentavano solo il 9,9 per cento del numero totale di parlamentari», percentuale oggi salita al «35,8 per cento».
Abbiamo verificato e Draghi rivendica un primato corretto. Vediamo i dettagli.
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Quante donne c’erano e ci sono nei Parlamenti europei
Per fare un confronto tra i vari Paesi europei abbiamo utilizzato le statistiche Eurostat, che considerano sia gli Stati membri dell’Ue sia altre nazioni del continente.
La situazione nel 2004
Nel 2004 il 9,9 per cento dei seggi nel Parlamento italiano era occupato da donne, quart’ultima percentuale tra i 27 Paesi oggi membri dell’Ue (mancano i dati della Croazia, all’epoca ancora non parte dell’Ue), che aveva una media del 21,4 per cento, oltre il doppio di quella italiana.
Dietro di noi – di poco – c’erano Malta (9,4 per cento), Cipro (9,1 per cento) e Ungheria (8,8 per cento). Il primo posto era occupato dalla Svezia (47,9 per cento), seguita da Finlandia (38,2 per cento) e Danimarca (37,6 per cento). Tra i grandi Paesi Ue, Spagna e Germania facevano nettamente meglio dell’Italia, con percentuali rispettivamente del 31,6 per cento e del 30,8 per cento, mentre la Francia si attestava sul 14,1 per cento.
Tra i Paesi d’«Europa» – non membri dell’Ue – ci superavano in classifica nazioni come Norvegia (38 per cento), Islanda (30,6 per cento) e il Liechtenstein (12,5 per cento).
Come sono cambiate le cose negli ultimi 15 anni?
La situazione nel 2020
Secondo Eurostat, nel 2020 la percentuale di donne nel Parlamento italiano è salita al 35,6 per cento, nona percentuale in classifica tra i 27 Paesi membri dell’Ue, e al di sopra della media Ue del 32,7 per cento. Sul podio c’erano ancora Svezia (49,6 per cento) e Finlandia (46 per cento), con la nuova entrata Belgio (43,3 per cento). Spagna (42,2 per cento) e Francia (38,6 per cento) erano ancora davanti all’Italia, mentre abbiamo superato la Germania (31,4). Nelle ultime tre posizioni, alla fine dell’anno scorso, c’erano Malta (13,4 per cento), Ungheria (12,6 per cento) e il Liechtenstein (12 per cento), che non fa parte dell’Ue.
Tra i Paesi non membri dell’Unione, nel 2020 meglio di noi facevano ancora la Norvegia (40,8 per cento) e l’Islanda (39,7 per cento), con l’aggiunta di Serbia (39,4 per cento) e della Macedonia del Nord (35,8 per cento).
Un salto record
Tra il 2004 e il 2020 l’Italia ha dunque registrato un aumento del 25,7 per cento nelle percentuali di donne in Parlamento, dal 9,9 per cento al 35,6 per cento. Come ha correttamente sottolineato Draghi nel suo videomessaggio, questo è un salto record in Europa, sia tra i 27 Paesi attualmente membri dell’Ue, sia tra quelli che fanno parte del continente (di cui abbiamo i dati relativi al 2004 e al 2020).Dopo l’Italia, il balzo maggiore è stato registrato dalla Francia (+24,5 per cento) e dal Portogallo (+19,8 per cento).
Solo tre Paesi hanno invece registrato un calo: Paesi Bassi (-3,4 per cento), Bulgaria (-0,9 per cento) e Liechtenstein (-0,5 per cento).
Il verdetto
Secondo Mario Draghi, «negli ultimi 15 anni l’Italia ha registrato il tasso di crescita più alto d’Europa per quanto riguarda il numero di donne presenti nel Parlamento», passando dal 9,9 per cento del 2004 all’attuale 35,8 per cento.
Abbiamo verificato che cosa dicono i numeri e il presidente del Consiglio ha ragione. Tra il 2004 e il 2020 l’Italia ha registrato un +25,7 per cento nella rappresentanza delle donne in Parlamento, l’aumento più alto, davanti a quelli di Francia e Portogallo.
La percentuale del 9,9 per cento registrata oltre 15 anni fa era la quarta più bassa tra gli attuali 27 Paesi membri dell’Ue, mentre nel 2020 il 35,6 per cento – leggermente aumentato da Draghi al 35,8 per cento – era il nono tra i membri Ue.
In conclusione, il presidente del Consiglio si merita un “Vero”.
«Finalmente un primato per Giorgia Meloni, se pur triste: in due anni la presidente del Consiglio ha chiesto ben 73 voti di fiducia, quasi 3 al mese, più di qualsiasi altro governo, più di ogni esecutivo tecnico»
7 dicembre 2024
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