Mercoledì 26 maggio il senatore del M5s Gianluca Ferrara ha condiviso sulla sua pagina Facebook il video che mostra la protesta del Movimento contro i vitalizi, avvenuta lo stesso giorno nell’aula del Senato. Il video è accompagnato dall’affermazione secondo cui il M5s sarebbe stata «l’unica forza politica» a presentare una mozione «per dire chiaramente che i senatori condannati non devono avere i vitalizi».

Abbiamo verificato e Ferrara sbaglia. Andiamo a vedere i dettagli.

Il M5s non è in solitaria

La mattina del 26 maggio in Senato si è tenuta una discussione sul tema dei vitalizi, tornato di attualità dopo le decisioni della Commissione Contenziosa ad aprile e della Commissione di Garanzia a maggio di annullare una precedente delibera (del 2015) dell’Ufficio di presidenza del Senato che toglieva il vitalizio ai condannati per gravi reati. Il caso in questione riguardava in particolare l’ex parlamentare ed ex presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, a cui il vitalizio era stato tolto in quanto condannato per corruzione.

Il 26 maggio a Palazzo Madama sono state discusse, votate e approvate tre mozioni. Una di M5s, Pd e Leu (i primi firmatari sono i senatori Ettore Licheri del Movimento 5 stelle, Simona Malpezzi del Partito democratico e Loredana De Petris, eletta con Leu); una del centrodestra (primi firmatari il leghista Massimiliano Romeo, Anna Maria Bernini di Forza Italia e Luca Ciriani di Fratelli d’Italia); e una di Italia Viva (prima firma Giuseppe Cucca). Tutte e tre riguardano i vitalizi e vanno, con alcune differenze come vedremo tra poco, nella direzione di rivedere la disciplina della revoca dei vitalizi per i politici condannati.

Dunque già in base a quanto appena visto, l’affermazione di Ferrara è scorretta: il M5s non è «l’unica forza politica» ad aver sostenuto una mozione sui vitalizi, al suo fianco ha sicuramente Pd ed esponenti della sinistra (Leu non esiste più, i suoi eletti si sono divisi alla nascita del governo Draghi tra favorevoli – come De Petris – e contrari).

Ma andiamo a vedere più da vicino il contenuto delle mozioni.

Quanto cambia tra una mozione e l’altra?

La mozione sostenuta da M5s, Pd ed ex Leu impegna il Senato, considerato il rischio di un vuoto normativo che hanno creato le decisioni delle Commissioni Contenziosa e di Garanzia annullando la delibera del 2015 che toglieva il vitalizio ai condannati, «ad adottare tutte le opportune determinazioni (…) tenendo conto dei principi posti dalla normativa vigente in materia di incandidabilità, volte a disciplinare i casi di revoca del vitalizio dei Senatori, cessati dal mandato, che siano stati condannati in via definitiva per delitti di particolare gravità».

Quella sostenuta dal centrodestra invece impegna il Senato, «a rivalutare (…) la disciplina dei vitalizi dei Senatori in caso di irrogazione di condanne definitive per reati di particolare gravità».

Quella di Italia Viva infine impegna il Senato «ad adottare tutte le opportune determinazioni (…) volte a disciplinare i casi di revisione o revoca del vitalizio dei Senatori, cessati dal mandato, che siano stati condannati in via definitiva per delitti di particolare gravità».

Come si vede dai testi, la mozione di M5s-Pd ed ex Leu è molto simile a quella di Italia Viva. Due le principali differenze: nella mozione Licheri viene esplicitamente richiamata la normativa in materia di incandidabilità, cioè la legge Severino, che era poi la base per la delibera del 2015 che toglieva il vitalizio ai condannati per certi reati (quelli, appunto, che rendono incandidabili alle elezioni); nella mozione Cucca accanto all’ipotesi di revoca del vitalizio viene contemplata anche quella della revisione.

Maggiori le differenze tra queste due mozioni e quella del centrodestra, che sembra avere un contenuto più blando, impegnando il Senato solo a «rivalutare» la disciplina dei vitalizi in caso di condanne definitive per determinati reati, senza fare alcun esplicito accenno all’ipotesi di revoca.

Il problema dell’interpretazione

Quindi è corretto dire che quella di M5s-Pd-ex Leu sia l’unica mozione che stabilisce «chiaramente che i senatori condannati non devono avere i vitalizi»?

Qui si apre un problema di interpretazione delle mozioni.

Si potrebbe ad esempio sostenere che sia corretto, in quanto la mozione di Italia Viva contempla anche l’ipotesi di «revisione» del vitalizio, accanto a quella della revoca, e quella del centrodestra parla genericamente di «rivalutare la disciplina dei vitalizi».

Ma allo stesso tempo si potrebbe anche sostenere che la mozione Licheri non obblighi il Senato a revocare sempre e comunque il vitalizio ai condannati. Il Senato viene infatti impegnato ad adottare le misure necessarie per disciplinare i casi di revoca del vitalizio dei senatori condannati per reati gravi. Quali siano queste misure, che contorni abbiano, se siano possibili eccezioni e via dicendo, sono tutte questioni che non vengono affrontate nel dettaglio. La mozione contiene solo un generico rinvio alla legge sull’incandidabilità.

Una mozione vale l’altra?

Le tre mozioni in questione siano state approvate tutte e tre: segno che evidentemente non sono in contrasto l’una con l’altra. Il Senato può insomma essere impegnato ad adottare le decisioni necessarie sia per revocare sia per revisionare i vitalizi dei senatori condannati per reati gravi, e può essere impegnato più in generale a rivedere la disciplina della materia.

Le mozioni, lo ricordiamo, sono atti di indirizzo politico che non sono giuridicamente vincolanti. Vista la grande attenzione sul tema dei vitalizi possiamo ipotizzare che in questo caso il Senato adotterà delle decisioni, e forse andranno a ricalcare in sostanza la disciplina del 2015. Sarebbe però eccessivo attribuire questo eventuale futuro risultato alla sola mozione M5s-Pd-ex Leu.

Inoltre, se la nuova disciplina si limitasse a ribadire quella del 2015, non si può escludere che in futuro le Commissioni Contenziosa e di Garanzia – che nelle loro leggi hanno richiamato alcuni principi contenuti in leggi ordinarie – decidano nuovamente di annullarla.

Il problema è infatti che in base alle leggi, e in generale ai principi del nostro ordinamento, eliminare sempre e comunque il vitalizio a un condannato anche per reati gravi potrebbe non essere possibile. Se ipotizziamo il caso di un ex senatore che durante la prima Repubblica abbia fatto la carriera politica di mestiere e la sua unica fonte di sostentamento sia il trattamento previdenziale da ex onorevole (cioè il vitalizio), togliergli integralmente l’unica fonte di sostentamento a seguito di una condanna potrebbe essere considerata una punizione eccessiva. Lo Stato punisce infatti i reati con le pene, non con l’indigenza forzata.

Il verdetto

Il senatore del M5s Gianluca Ferrara il 26 maggio ha sostenuto che il M5s sarebbe stata «l’unica forza politica» a presentare una mozione «per dire chiaramente che i senatori condannati non devono avere i vitalizi».

Questa affermazione è errata.

In primo luogo la mozione del M5s è sostenuta anche da Pd ed ex membri di Leu. In secondo luogo il suo contenuto non è così inequivocabile come lascia intendere Ferrara: il Senato viene impegnato a disciplinare i casi di revoca del vitalizio, che non per forza significa che a tutti i senatori condannati (anche per reati gravi) verrà sempre e comunque tolto il vitalizio.

Le differenze, infine, tra la mozione M5s-Pd-ex Leu e le altre due (quella di Italia Viva in particolare è abbastanza simile) non sono comunque tali da aver impedito l’approvazione di tutti e tre i testi. Ora bisognerà vedere che cosa deciderà in concreto il Senato, a cui appunto restano comunque dei margini di discrezionalità.

Nel complesso per Ferrara un “Pinocchio andante”.