Il 13 aprile la Commissione contenziosa del Senato, l’organo che decide sui ricorsi interni a Palazzo Madama, ha stabilito il diritto al vitalizio per Roberto Formigoni, ex parlamentare ed ex presidente della Regione Lombardia. Formigoni aveva fatto ricorso contro la sospensione del vitalizio a seguito della condanna definitiva a 5 anni e 10 mesi di reclusione per corruzione.

Questa decisione ha scatenato le proteste in particolare del M5s, che ha accusato apertamente la Lega di essere responsabile per questa decisione, viste anche le posizioni molto dure assunte in passato da Matteo Salvini sul punto. Cerchiamo di capire meglio qual è la situazione e che cosa potrebbe succedere adesso.

Di chi è la colpa?

Nella Commissione contenziosa del Senato siedono cinque membri: tre politici e due “laici”. Ne avevamo parlato anche in una nostra precedente analisi, a proposito di una decisione riguardo al taglio retroattivo dei vitalizi per gli ex parlamentari: anche allora la Commissione aveva deciso per il ripristino dei vitalizi nella loro interezza, suscitando le ire del M5s. Ne parleremo anche più avanti.

In ogni caso, i tre politici “titolari” (sono previsti dei supplenti, in caso di impossibilità dei titolari) della Commissione contenziosa sono il presidente Giacomo Caliendo, di Forza Italia, Simone Pillon, della Lega, e Alessandra Riccardi, eletta con il M5s e successivamente passata alla Lega. I membri “laici” – Cesare Martellino e Alessandro Mattoni, e i supplenti Gianni Ballarani e Giuseppe Dalla Torre – sono stati nominati dalla presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati (Forza Italia) tra «magistrati a riposo delle supreme magistrature ordinaria e amministrative, professori ordinari di università in materie giuridiche, anche a riposo, e avvocati dopo venti anni d’esercizio».

Non è noto né il risultato finale della votazione, se sia stata unanime o con quanti voti contrari, né chi abbia votato a favore del ripristino del vitalizio per Formigoni (anche sulle pagine social dei membri non abbiamo trovato indicazioni sul voto espresso). Dunque è teoricamente possibile, come sembra sia accaduto per la precedente decisione sui vitalizi che abbiamo citato poco fa, che gli esponenti della Lega non siano responsabili di questa decisione.

I motivi (secondo le indiscrezioni) della decisione

Da indiscrezioni trapelate sui motivi della decisione sembra che abbia giocato un ruolo fondamentale la legge sul reddito di cittadinanza (legge n.26 del 29 marzo 2019), che all’articolo 18 bis stabilisce che si possa togliere il trattamento previdenziale (pensione o anche vitalizio) a soggetti condannati a una pena superiore ai due anni solo se questi «si siano volontariamente sottratti all’esecuzione della pena» o siano comunque evasi o latitanti. Formigoni risulta invece ai domiciliari dal 2019.

Secondo una tesi opposta, sostenuta ad esempio dal Fatto Quotidiano, questa argomentazione non reggerebbe alla luce dell’autodichia del Parlamento, cioè la possibilità per l’organo legislativo di decidere autonomamente sui ricorsi interni, senza dover coinvolgere la magistratura.

Fino al deposito delle motivazioni della decisione, ad oggi 15 aprile ancora non avvenuto, si tratta comunque di speculazioni e certezze non ce ne sono.

Da un punto di vista astratto, comunque, la scelta del legislatore di prevedere che non si tolga la pensione nemmeno ai condannati per reati gravissimi, purché questi non siano in qualche modo in fuga dalla giustizia, nasce dall’esigenza di garantire il sostentamento a queste persone. Se in età da pensione, e se privato della pensione stessa, un ex detenuto non avrebbe infatti di che mantenersi.

Che cosa può succedere adesso?

Sul caso del vitalizio restituito a Formigoni è probabile che venga proposto un ricorso al Consiglio di garanzia del Senato – altro organo interno al Senato, che decide sui ricorsi presentati contro le decisioni della Commissione contenziosa ed è composto interamente da parlamentari, seppur con esperienze in ambito giuridico – come accaduto con la citata precedente decisione sul taglio dei vitalizi per gli ex parlamentari.

In quel caso il ricorso portò a una decisione che sospendeva, in attesa di una decisione definitiva, gli effetti della decisione della Commissione contenziosa. Dunque per gli ex parlamentari continuò (e continua) a valere il taglio ai loro vitalizi, bocciato appunto dalla Commissione contenziosa. Contro questa sospensiva a gennaio è stato presentato ricorso da parte dei ricorrenti, vincitori in primo grado, ma ad oggi non risulta ci siano stati sviluppi.

Dunque possiamo ipotizzare che anche sul caso Formigoni verrà presentato un ricorso al Consiglio di garanzia del Senato, questo potrà decidere se sospendere o meno gli effetti della decisione della Commissione contenziosa e successivamente potrà prendere una decisione definitiva.

Vediamo allora brevemente da chi è composto il Consiglio di garanzia.

Il Consiglio di garanzia del Senato

Presiede il Consiglio di garanzia del Senato il forzista Luigi Vitali, che durante gli ultimi giorni del governo Conte II sembrava in procinto di passare dall’opposizione all’allora maggioranza, ma poi si convinse a restare nel centrodestra.

Gli altri quattro componenti “titolari” sono Ugo Grassi (ex M5s) e Pasquale Pepe, entrambi della Lega, Alberto Balboni di Fratelli d’Italia e Valeria Valente del Pd. Non sono presenti qui esponenti del M5s.

Tra i cinque “supplenti” troviamo invece Enrico Aimi (Forza Italia), Francesco Bonifazi e Ernesto Magorno (di Italia Viva-Psi), Emanuele Pellegrini (Lega) e Gianluca Perilli (M5s).

In conclusione

Il 13 aprile la Commissione contenziosa del Senato ha deciso – ancora non si sa col voto favorevole di quali dei propri membri – di restituire il vitalizio all’ex parlamentare ed ex presidente della Lombardia Roberto Formigoni. Subito si sono scatenate le proteste del M5s, che ha accusato la Lega per quanto accaduto.

Le accuse alla Lega potrebbero essere fondate o meno, ma al momento non è possibile stabilirlo con certezza. Inoltre sembra, ma anche qui mancano le carte per dirlo con sicurezza, che nella decisione abbia pesato una norma contenuta nella legge che ha istituito il reddito di cittadinanza, che limita molto la possibilità di togliere i trattamenti previdenziali anche ai condannati con sentenza definitiva.

In ogni caso, contro questa decisione è probabile venga presentato ricorso al Consiglio di garanzia del Senato ma non è possibile sapere al momento né quale sarà l’esito della decisione né quando questa verrà presa. Il precedente più recente – sul taglio retroattivo dei vitalizi per gli ex parlamentari – dimostra che le tempistiche possono essere lunghe e incerte.