L’8 maggio la capogruppo in Senato di Forza Italia, Anna Maria Bernini, ha sostenuto in una nota che l’Unione europea esporti «l’80 per cento» delle dosi e dei componenti dei vaccini contro la Covid-19.

Bernini in questa occasione stava dicendosi d’accordo con il presidente del Consiglio, Mario Draghi, sul fatto che non siano i brevetti il principale problema della campagna vaccinale globale, ma la mancata esportazione da parte di Paesi produttori come gli Stati Uniti e il Regno Unito.

Abbiamo verificato ed è falso che l’Ue esporti l’80 per cento della propria produzione di vaccini.

Andiamo a vedere i dettagli.

Quanti vaccini esporta l’Unione europea

Bernini parla di dosi e componenti nel complesso e dunque guarderemo all’esportazione dei vaccini in generale. Segnaliamo però che la questione delle componenti è molto intricata e il tema del loro export non è perfettamente sovrapponibile con quello dei vaccini finiti (qui due studi sul tema, uno della Banca mondiale e uno dell’Ocse).

Tornando ai vaccini, di recente abbiamo verificato, in base ai dati fornitici da Airfinity – società di analisi scientifica con sede a Londra – aggiornati al 12 maggio, che in realtà l’Unione europea esporta poco più di un terzo della propria produzione: oltre 110 milioni di dosi su circa 320 milioni totali.

Questa percentuale è inferiore a quella dichiarata di recente dai vertici istituzionali dell’Ue, in particolare dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen e dall’Alto rappresentante Josep Borrell, secondo cui l’Ue esporterebbe la metà della propria produzione.

Secondo quanto ci ha riferito sempre Airfinity questa discrepanza è probabilmente da attribuire al fatto che i vertici Ue hanno conteggiato nelle esportazioni anche dosi che non sono ancora state materialmente spedite al di fuori dei confini comunitari, ma per cui sono stati presi accordi con gli altri Stati.

In ogni caso, la percentuale dell’80 per cento rivendicata da Bernini è sicuramente sbagliata.

Andiamo ora a vedere da dove potrebbe, forse, provenire questo numero.

Le parole di Draghi

Il 7 e l’8 maggio Mario Draghi ha partecipato alla Riunione informale dei capi di Stato o di governo Ue, a Porto (Portogallo). Qui ha affrontato anche il tema dei vaccini e, in particolare, della possibilità – ventilata di recente dal presidente americano Joe Biden – di sospendere la proprietà intellettuale su di essi. Draghi si è detto teoricamente favorevole ma ha anche sottolineato la necessità al contempo di aumentare la produzione di vaccini e di di rimuovere i blocchi alle esportazioni che hanno alcuni Paesi produttori, Stati Uniti in primis.

Secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa, il presidente del Consiglio italiano avrebbe anche sottolineato la “generosità” dell’Ue, affermando a questo proposito che «l’Unione europea esporta l’80 per cento della propria produzione verso Paesi interessati da blocchi alle esportazioni».

Questa affermazione non è chiarissima ed è difficile da valutare. In teoria qualsiasi Paese potrebbe essere «interessato» dai blocchi alle esportazioni, in particolare quello deciso – di fatto – dagli Stati Uniti, secondo produttore di vaccini al mondo ma che ha finora esportato un misero 1 per cento della propria produzione.

Ad esempio il Giappone, che da solo pesa per più di un terzo sulle esportazioni Ue di vaccini (autorizzate, non necessariamente avvenute), si può dire subisca indirettamente le conseguenze del blocco americano. Senza di esso, considerati il legame di alleanza tra Tokyo e Washington e l’intenso scambio commerciale che porta il Paese asiatico ad essere il quarto partner al mondo degli Stati Uniti, possiamo ipotizzare che il Giappone avrebbe acquistato i vaccini anche dagli Usa.

In ogni caso, le parole di Draghi sono sostanzialmente diverse da quelle di Bernini, che pure in parte le riecheggiano.

Il verdetto

Anna Maria Bernini (Fi) l’8 maggio ha sostenuto che l’Unione europea esporti «l’80 per cento» dei vaccini contro la Covid-19.

La percentuale è decisamente esagerata. Secondo i dati che ci ha fornito Airfinity, società con sede a Londra che si occupa di analisi scientifica, l’export dell’Ue sarebbe pari al 35 per cento circa della sua produzione.

Secondo i rappresentanti istituzionali dell’Ue – che nei loro conti probabilmente considerano anche le esportazioni autorizzate ma ancora non avvenute – la percentuale può salire al 50 per cento. In ogni caso non si raggiunge l’80 per cento.

In ogni caso per Bernini un “Pinocchio andante”.