Il 26 gennaio, ospite a DiMartedì su La7, il segretario della Lega Matteo Salvini ha detto (min. 10:26) che la bozza del Recovery plan presentata dal governo italiano «è già stata bocciata» dall’Ue. Il conduttore Giovanni Floris è subito intervenuto per dirgli che quanto detto non corrispondeva al vero, ma Salvini ha replicato, confermando le sue parole.
La critica del “Recovery plan bocciato dall’Ue” non è nuova, ma è stata più volte ripetuta negli ultimi giorni dall’opposizione di centrodestra. Per esempio il 19 gennaio, in occasione del voto di fiducia a Giuseppe Conte a Palazzo Madama, la senatrice di Fratelli d’Italia Isabella Rauti ha detto al presidente del Consiglio: «Bruxelles ha bocciato la sua bozza». Nella stessa occasione la senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli ha dichiarato: «la Commissione europea ha bocciato la proposta di Recovery fund presentata dal governo italiano».
Ma davvero l’Ue ha bocciato la bozza del piano presentata dall’Italia, con cui il nostro Paese spiega come intende utilizzare gli oltre 200 miliardi di euro di soldi europei stanziati per la ripresa? Abbiamo verificato e, al netto delle critiche legittime e dei problemi oggettivi che – come vedremo – ha al momento il nostro Recovery plan, parlare di “bocciatura” come fa Salvini è esagerato. Vediamo perché.
A che punto è il Recovery plan
Dopo settimane di scontri all’interno della maggioranza, il 12 gennaio il Consiglio dei ministri ha approvato il “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr), spesso chiamato da giornalisti e politici Recovery plan. Con questo piano l’Italia deve dire all’Ue come intende spendere i circa 209 miliardi di euro che il nostro Paese riceverà dal Next Generation Eu, definendo, tra le altre cose, anche una serie di riforme in linea con le raccomandazioni europee (ci torneremo tra poco).
Si parla di “bozza” del Recovery plan perché il documento approvato dal Consiglio dei ministri è in realtà la proposta avanzata dal governo per il Pnrr, che è stata trasmessa al Parlamento il 15 gennaio. Ma mancano diversi passaggi perché diventi la versione definitiva.
Al 27 gennaio il Pnrr deve infatti ancora iniziare il suo iter nelle Commissioni Bilancio di Camera e Senato. Queste, nonostante le dimissioni di Conte, continueranno il loro lavoro, attraverso una serie di audizioni. Come spiega un dossier di Montecitorio, il governo si è impegnato a tenere conto delle indicazioni per modificare il piano che saranno contenute nelle risoluzioni approvate in Parlamento. Nel frattempo, l’esecutivo ha poi iniziato un confronto con le parti sociali, le associazioni di categoria e i sindacati per raccogliere le proposte di modifica per il Pnrr.
La valutazione dell’Ue
Non si sa ancora con precisione quando si avrà una versione definitiva del piano, che in base agli accordi europei va inviato alla Commissione Ue non oltre il 30 aprile 2021. Dopo l’invio del piano, la Commissione ha poi due mesi di tempo – allungabili in caso di necessità – per valutarlo. Se lo ritiene soddisfacente, manda una proposta di approvazione al Consiglio dell’Unione europea, che ha quattro settimane di tempo per esprimersi con una maggioranza qualificata. Altrimenti, può chiederne una modifica allo Stato membro.
I criteri su cui si basa la valutazione del piano da parte della Commissione Ue sono diversi e tengono conto, per esempio, della pertinenza e dell’efficacia del Pnrr. In parole semplici, l’Ue valuterà se con il Recovery plan l’Italia rispetta le raccomandazioni ricevute in passato, per esempio, per riformare la giustizia o migliorare le condizioni del mercato del lavoro femminile. Inoltre, sarà valutato se gli importi contenuti nel piano sono ragionevoli e plausibili, con un calendario e una serie precisa di obiettivi da raggiungere nei prossimi anni (come vedremo tra poco, questo è uno dei punti dolenti del nostro Pnrr).
Ricapitolando: al momento il Parlamento italiano sta iniziando l’esame della proposta (definita anche “bozza”) avanzata dal governo per il Recovery plan, che andrà consegnata all’Ue entro fine aprile 2021.
Ma questo testo preliminare come fa già a essere stato bocciato dall’Ue, come dice Salvini, se il suo percorso di approvazione è appena cominciato?
I commenti alla bozza del Recovery plan
Come abbiamo spiegato in passato, è vero che i piani nazionali vanno consegnati entro fine aprile 2021, ma con l’autunno è iniziato un dialogo informale tra l’Italia e l’Ue sulla realizzazione e la presentazione del Pnrr.
Dopo le vicissitudini e le diverse bozze circolate tra novembre e dicembre, soltanto a metà gennaio 2021 l’Italia ha trasmesso la sua proposta preliminare di piano all’Ue, come fatto anche dagli altri Paesi europei, in formati più o meno completi. Ribadiamo che si tratta di una bozza, come correttamente indicato da Salvini, che esagera però nel dire che questo testo è stato bocciato.
È vero: negli scorsi giorni sono arrivate delle critiche da parte dalle autorità europee, ma non tali da comportare un ripensamento integrale della proposta finora messa in campo per il Recovery plan. La critica del segretario della Lega – così come quella formulata in Parlamento da altri esponenti del centrodestra – fa molto probabilmente riferimento alle parole dette dal commissario per gli Affari economici Paolo Gentiloni all’Eurogruppo (la riunione informale dei ministri delle Finanza dell’area euro) riunitosi lo scorso 18 gennaio.
Al termine della riunione, Gentiloni ha rilasciato alcune dichiarazioni alla stampa, in parte critiche e in parte di apprezzamento sulla bozza del Pnrr ricevuta dal nostro Paese. «Il piano italiano è ampiamente convergente con i nostri obiettivi e politiche generali, ma deve essere discusso e rafforzato dal punto di vista delle riforme, delle raccomandazioni Ue, dei dettagli sul calendario e degli obiettivi che vogliamo raggiungere», ha detto Gentiloni. Secondo l’ex presidente del Consiglio, il Recovery plan è in sintesi «una buona base da rafforzare». Questo compito richiederà degli sforzi ulteriori da parte del governo italiano, che però al momento è dimissionario, con un mandato politico meno solido di prima e in carica solo per il “disbrigo per gli affari correnti”.
Un altro elemento critico riguarda quello della governance del Recovery plan, ossia della struttura che dovrà monitorare come saranno spese le risorse europee. È su questo punto che a dicembre scorso era nato uno scontro tra Conte e Italia viva, e per il momento non è ancora chiaro quale task force sarà creata per questo scopo. La crisi di governo di certo non aiuta e rischia di complicare la presentazione di uno degli elementi – quello della capacità di un Paese membro di monitorare il proprio piano – su cui la Commissione Ue poggia le proprie valutazioni.
L’Italia comunque non è la sola a dover mettere mano alla bozza presentata all’Ue. Sempre Gentiloni, il 21 gennaio in una videoconferenza organizzata da Reuters, ha detto che ci sono alcuni Paesi – senza nominarli – che sono più indietro di altri con i loro piani nazionali.
Ricapitolando: per bocca del commissario Gentiloni, l’Ue ha commentato evidenziando luci e ombre della bozza del Recovery plan presentata dal governo italiano (ora all’esame del Parlamento). Il piano, in base ai primi commenti delle autorità europee, va modificato e rinforzato – chiarendo obiettivi, scadenze e struttura di governance – ma non per questo è corretto dire che sia stato «bocciato» e rimandato al mittente.
Il verdetto
Secondo Matteo Salvini, la bozza del Recovery plan presentata dal governo italiano è stata «bocciata» dall’Ue. Questa versione dei fatti è però un’esagerazione.
Al momento, la proposta del “Piano nazionale di ripresa e resilienza” (Pnrr) avanzata dal Conte II deve iniziare il suo esame in Parlamento, che indicherà alcuni miglioramenti. Nel frattempo, il testo è stato mandato alla Commissione Ue: si tratta di un passaggio informale, dal momento che la proposta definitiva andrà inviata entro il 30 aprile 2021.
In ogni caso, i primi commenti della Commissione Ue sono stati sì critici verso il Pnrr, ma non di completa bocciatura. Il testo presentato va bene come base di partenza, ma dovrà essere migliorato sotto diversi punti di vista, per esempio quelli relativi al calendario degli obiettivi e il loro monitoraggio da parte di una governance nazionale.
In conclusione, Salvini si merita un “Nì”.
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
30 ottobre 2024
Fonte:
Porta a Porta – Rai 1