La leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, il 21 luglio ha commentato sulla sua pagina Facebook l’accordo trovato dal Consiglio europeo del 17-21 luglio sul Recovery Fund (o, più precisamente, Next Generation Eu). Meloni, tra le altre cose, ha sostenuto che, mentre le tasse sui «colossi extraeuropei e la finanza speculativa» vengono rinviate «a data da destinarsi», viene introdotta dal 1° gennaio 2021 «una tassa sulla plastica di 80 centesimi al chilo».

L’affermazione è sostanzialmente corretta, al netto di un’imprecisione. Vediamo di dare un po’ di contesto e i dettagli della questione.

Come si finanzia il bilancio Ue

Dei 750 miliardi di euro che la Commissione potrà prendere a debito sui mercati per finanziare il Next Generation Eu, 360 miliardi saranno dati agli Stati sotto forma di prestiti, che dunque verranno restituiti dagli Stati che ne beneficiano, e 390 miliardi sotto forma di finanziamenti.

Questi ultimi verranno ripagati dal bilancio dell’Ue nel corso dei prossimi decenni (entro il 2058). Ad oggi il bilancio Ue è finanziato in gran parte (72 per cento circa) dai contributi degli Stati membri (“risorse proprie basate sul reddito nazionale lordo”) e in parte minoritaria da risorse che vengono o da dazi doganali, agricoli e contributi nel settore dello zucchero (“risorse proprie tradizionali”, che pesano circa per il 15 per cento) o da una quota dell’Iva raccolta dagli Stati e poi versata all’Ue (“risorsa propria basata sull’Iva”, 12 per cento circa).

Per aumentare le proprie risorse non legate ai contributi degli Stati, la Ue ha deciso di approfittare dell’occasione del Next Generation Eu per creare una serie di nuove fonti di introito (che, come avevamo scritto commentando la proposta della Commissione europea in proposito, consentono di parlare di “finanziamenti a fondo perduto”). Andiamo a vedere che cosa viene detto in proposito nelle Conclusioni del Consiglio europeo del 17-21 luglio.

Le nuove tasse europee

La tassa sulla plastica

Nelle Conclusioni del Consiglio europeo del 17-21 luglio si legge che «come primo passo, sarà introdotta e applicata a decorrere dal 1º gennaio 2021» una tassa calcolata «in base al peso dei rifiuti di imballaggio di plastica non riciclati, con un’aliquota di prelievo di 0,80 euro per chilogrammo».

Dunque è vero, come dice Meloni, che dall’inizio dell’anno prossimo sarà introdotta questa tassa sulla plastica.

La tassa sul carbonio e la digital tax

Oltre a questa, il Consiglio europeo ha scritto che la Commissione presenterà entro il primo semestre 2021, e saranno introdotte «al più tardi entro il 1° gennaio 2023», un «meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera e a un prelievo sul digitale».

Come avevamo spiegato in una nostra precedente analisi, la prima proposta consiste di fatto nell’introdurre dazi legati alla produzione di anidride carbonica sull’import di determinati beni dai Paesi extra-Ue. La seconda è la famosa web tax, o digital tax, che dovrebbe andare a colpire, secondo le proposte già avanzate in passato dalla Commissione, le società del settore che fatturano più di 750 milioni di euro all’anno.

Quindi ci sono due tasse con una data certa (il 1° gennaio 2023) che andrebbero a colpire potenzialmente «colossi extra-europei», e qui sta l’imprecisione di Meloni. Bisogna però sottolineare che, a differenza della tassa sulla plastica, per queste due imposte non viene specificata la loro entità o altri dettagli.

La tassa sui «colossi extra-europei» e sulla «finanza speculativa»

La leader di Fratelli d’Italia, tuttavia, con le sue parole sui «colossi extra-europei» e sulla «finanza speculativa» probabilmente intendeva riferirsi ad altre due nuove tasse europee, una contenuta nella proposta di maggio scorso dalla Commissione europea di Next Generation Eu, ma non ripresa dal Consiglio europeo, e l’altra invece su cui la riunione dei capi di Stato e di governo dell’Ue ha detto poche parole.

Partiamo dalla prima. La Commissione europea negli allegati alla sua proposta di Next Generation Eu aveva parlato genericamente di una tassazione su «società che ottengono enormi benefici dal mercato unico europeo». Secondo quanto ha scritto il centro di ricerca statunitense Tax Foundation, all’indomani della proposta della Commissione, è probabile che questa «si riferisca alla Common Consolidated Corporate Tax Base [un unico set di regole per calcolare i fatturati delle multinazionali nei vari Stati europei già proposto nel 2016 dalla Commissione, n.d.r.], che si applicherebbe alle multinazionali che operano nella Ue con un fatturato superiore ai 750 milioni di euro all’anno».

Di questa tassa, nelle conclusioni del Consiglio europeo non c’è traccia.

La seconda tassa «rinviata a data da destinarsi» di cui parla Meloni è quella sulle transazioni finanziarie. Nelle Conclusioni del Consiglio europeo si legge in proposito solo che «nel corso del prossimo Qfp [Quadro finanziario pluriennale, il prossimo copre gli anni che vanno dal 2021 al 2027 n.d.r.], l’Unione lavorerà all’introduzione di altre risorse proprie, che potrebbero comprendere un’imposta sulle transazioni finanziarie». Non ci sono insomma tempistiche definite e quella di tassare le transazioni finanziarie è solo un’ipotesi.

Il verdetto

Giorgia Meloni il 21 luglio ha sostenuto, commentando l’accordo trovato dal Consiglio europeo sul nuovo Recovery Fund (o, più precisamente, Next Generation Eu), che dal 1° gennaio 2021 sarà introdotta una nuova tassa di 80 centesimi per 1 chilo di plastica e che invece le tasse sui «colossi extra-europei» e sulla «finanza speculativa» sono rinviate a data da destinarsi.

È vero che da inizio anno prossimo verrà introdotta a livello Ue una tassa sulla plastica (non riciclata) di 80 centesimi di euro al chilo. Non è invece del tutto vero che sui «colossi extra-europei» non ci siano proposte concrete: entro il 2023 verranno infatti introdotte due nuove tasse, una sulle emissioni inquinanti in Paesi extra-Ue e una sulle grandi società del web, che potrebbero ricadere in questa definizione.

È però vero che sia la tassa sulle transazioni finanziarie (la «finanza speculativa» di cui parla Meloni) sia la Common Consolidated Corporate Tax Base che va a colpire le grandi multinazionali straniere che operano nella Ue non siano previste esplicitamente e con tempistiche certe dalle Conclusioni del Consiglio europeo. Della prima si dice solo che è un’ipotesi e della seconda non se ne parla affatto.

Nel complesso per Giorgia Meloni un “C’eri quasi”.