Aggiornamento ore 17:43 del 21 luglio 2020 – Dopo il fact-checking di Pagella Politica, il viceministro Mauri ha corretto il testo del suo articolo pubblicato su Immagina.eu, sostituendo il riferimento erroneo ai “rimpatri” con quello corretto sui “ricollocamenti” (come aveva già specificato il 23 giugno scorso in un’intervista con La Repubblica). Il viceministro Mauri ha contattato Pagella Politica per ringraziarla di aver fatto notare e correggere il termine inappropriato che era stato utilizzato.

Il 20 luglio, in un articolo pubblicato su Immagina.eu e ripreso anche dalla pagina Facebook ufficiale del Partito democratico, il viceministro dell’Interno Matteo Mauri ha criticato la gestione dei rimpatri di quando a capo del Viminale c’era Matteo Salvini, che «aveva promesso di rimpatriare facilmente 600 mila stranieri irregolari».

Secondo Mauri, non solo il leader della Lega «ne ha rimpatriati meno del governo precedente», ma ne ha anche rimpatriati «il 600 per cento in meno di quello attuale sotto la guida di Luciana Lamorgese».

Queste due affermazioni sono corrette o no? Abbiamo verificato e Mauri sbaglia.

Le promesse di Salvini sui rimpatri

Durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018, Salvini ha più volte promesso agli elettori che in caso di vittoria alle urne si sarebbe impegnato a rimpatriare tutti gli immigrati irregolari presenti nel nostro Paese.

«Ci sono mezzo milione di irregolari in Italia», aveva dichiarato il 22 gennaio 2018 il leader della Lega in un’intervista con La Repubblica. «Con le dovute maniere vanno allontanati tutti».

Due giorni dopo, ospite a DiMartedì su La7, Salvini aveva invece detto (min. 0:58) al conduttore Giovanni Floris, in vista del voto di marzo: «Mi dia due settimane di Ministero dell’Interno e ne espello cento al giorno, in aereo».

Come abbiamo spiegato in passato, con queste promesse il leader della Lega stava facendo riferimento ai cosiddetti “rimpatri forzati”, quelli con cui lo Stato riporta – per esempio, con voli charter – gli immigrati irregolari nei loro Paesi d’origine. Questi rimpatri vanno distinti da quelli volontari, con cui lo straniero abbandona volontariamente, appunto, il territorio italiano, o dai rimpatri volontari assistiti, in cui al migrante viene offerta la possibilità di abbandonare l’Italia, con un percorso di reinserimento sociale ed economico nel proprio Paese d’origine.

Dunque è vero, come dice Mauri, che in passato Salvini ha più volte promesso di rimpatriare tutti gli immigrati irregolari presenti in Italia, stimati essere circa 600 mila. Ma vediamo adesso i dati sui rimpatri forzati di quando il leader della Lega è stato ministro dell’Interno: è vero, come dice Mauri, che ne ha fatti di meno del suo predecessore al Viminale Marco Minniti (Pd)?

I numeri dei rimpatri con Salvini al Viminale

Ottenere le statistiche ufficiali sui rimpatri forzati eseguiti dallo Stato italiano non è semplice. A differenza dei dati sugli sbarchi, che sono forniti ogni giorno dal Ministero dell’Interno, i numeri sui rimpatri non sono pubblici.

A inizio 2020, con la collaborazione del progetto Foia 4 Journalists di Transparency Italia, capitolo italiano di una delle più grandi organizzazioni al mondo che si occupa di prevenire e contrastare la corruzione, Pagella Politica ha ottenuto i dati mensili sui rimpatri forzati effettuati nel 2017, 2018 e 2019, grazie a una richiesta di accesso civico (“con un Foia”, insomma).

Ricordiamo che Matteo Salvini è stato ministro dell’Interno per quindici mesi, dal 1° giugno 2018 al 4 settembre 2019.

Secondo i dati del Viminale, ottenuti da Pagella Politica con il Foia, i rimpatri fatti con Salvini ministro sono stati in totale 8.383: ossia circa 18,2 al giorno. Questa media giornaliera è sostanzialmente in linea (anzi leggermente superiore) con quella registrata nei 12 mesi del 2017 dal precedente ministro Minniti: 17,8 rimpatri al giorno (6.514 in totale).

Dunque, come abbiamo scritto più nel dettaglio a febbraio 2020, non c’è stata una differenza sostanziale tra i numeri dei rimpatri forzati eseguiti con Salvini ministro dell’Interno rispetto al suo predecessore Minniti. È vero comunque che il leader della Lega non ha nemmeno lontanamente raggiunto gli obiettivi che si era dato in campagna elettorale.

Vediamo adesso se invece è corretto dire, come fatto dall’attuale viceministro dell’Interno, che Salvini ha realizzato «il 600 per cento in meno» di rimpatri rispetto all’attuale ministra Lucia Lamorgese. Anticipiamo che Mauri sbaglia anche in questo caso, ma la percentuale citata, come vedremo tra poco, ha un fondo di verità.

– Leggi anche: Salvini non parla più di rimpatri? I dati su quanto (non) ha fatto al governo

I rimpatri con Lamorgese ministra

Negli ultimi mesi, a causa dell’emergenza coronavirus le procedure di rimpatrio forzato sono di fatto state sospese dall’Italia, come è stato confermato da un approfondimento del Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale a fine maggio 2020, da un comunicato del Viminale a giugno e da un dossier del Parlamento a luglio. Da un lato questa scelta è stata presa per ridurre al minimo le possibilità di nuovi contagi, dall’altro lato è stata imposta anche dalle forti limitazioni introdotte al traffico aereo.

Abbiamo contattato il Ministero dell’Interno per sapere quale è stata la data dell’ultimo rimpatrio prima del lockdown e per sapere se ad oggi, 21 luglio 2020, le procedure di rimpatrio siano riprese, ma siamo ancora in attesa di risposta.

I dati ufficiali più completi sui rimpatri forzati eseguiti con Lamorgese ministra restano quelli che arrivano al 31 dicembre 2019, ottenuti da Pagella Politica a inizio 2020 con una richiesta di accesso civico generalizzato. Il 30 giugno scorso Lamorgese è infatti intervenuta in Parlamento, in audizione al Comitato parlamentare sull’Accordo di Schengen (che, tra le altre cose, monitora l’attuazione dell’accordo europeo sulla libertà di circolazione nell’Ue), senza dare dati aggiornati sui rimpatri forzati, ma ribadendo che quelli volontari assistiti e i corridoi umanitari erano ancora sospesi per l’emergenza coronavirus.

Nei primi quattro mesi di governo Conte II, con Lamorgese ministra, da settembre 2019 a fine dicembre 2019 sono stati rimpatriati 2.461 immigrati, con una media giornaliera di 21,8. Questo dato è superiore al 18,2 registrato da Salvini durante il suo periodo da ministro, ma è anche vero che tra settembre e dicembre 2018 la media registrata dal leader della Lega era in linea (21,9 rimpatri al giorno) con quella registrata da Lamorgese nei suoi primi quattro mesi di governo.

Perché Mauri dice che Salvini ha rimpatriato «il 600 per cento in meno» rispetto alla sua successore?

Da dove viene l’aumento del «600 per cento»

Qui il viceministro dell’Interno fa confusione tra i rimpatri e i ricollocamenti negli altri Paesi Ue dei migranti sbarcati in Italia.

Nell’audizione del 30 giugno scorso citata in precedenza, Lamorgese ha spiegato che dal 1° gennaio 2019 al 25 giugno 2020, i richiedenti protezione internazionale trasferiti dal nostro Paese in altri Stati Ue sono stati in totale 700.

Tra questi – ha detto la ministra – 85 ricollocamenti sono avvenuti prima dell’Accordo di Malta del 23 settembre 2019 (arrivato a circa 20 giorni dalla sostituzione di Salvini con Lamorgese) con cui Francia, Germania, Finlandia e Malta si sono impegnati ad accogliere una parte dei migranti sbarcati in Italia solo con le navi delle organizzazioni umanitarie. Prima dell’intesa, i ricollocamenti volontari con i Paesi Ue disponibili venivano decisi non sulla base di un accordo, ma con singole trattative intraprese dall’allora governo Conte I, a seconda della nave Ong a cui era stato impedito lo sbarco.

In base ai dati forniti da Lamorgese, dopo l’Accordo di Malta ci sono stati 615 ricollocamenti, dato che si ottiene sottraendo dai 700 totali gli 85 avvenuti nel periodo pre-accordo.

Questi 615 ricollocamenti, arrivati con Lamorgese al Viminale, sono oltre il 600 per cento in più rispetto agli 85 avvenuti quando Salvini era ministro.

È dunque a questa percentuale a cui fa molto probabilmente riferimento Mauri nella sua dichiarazione, che però, come abbiamo detto, confonde i ricollocamenti – su base volontaria e tra l’Italia e alcuni Paesi Ue – con i rimpatri forzati.

In audizione, la stessa Lamorgese ha confermato che al 30 giugno anche i ricollocamenti – oltre ai rimpatri, come sopra detto – erano fermi, sebbene con la “Fase 2” iniziata a maggio siano comunque riprese «le attività preparatorie ai ricollocamenti».

Il verdetto

Secondo il viceministro dell’Interno Matteo Mauri (Pd), il leader della Lega Matteo Salvini – che aveva promesso di rimpatriare «600 mila stranieri irregolari» prima di diventare ministro dell’Interno – al Viminale ha rimpatriato meno immigrati del suo predecessore Marco Minniti. Mauri ha anche aggiunto che il leader della Lega ha eseguito «il 600 per cento in meno» di rimpatri rispetto all’attuale ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.

Abbiamo verificato e Mauri sbaglia.

Da un lato, non è vero che Salvini ha fatto meno rimpatri forzati di Minniti (anche se è vero che non ha mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale). I numeri al Viminale del leader della Lega sono sostanzialmente in linea con quelli del suo predecessore.

Dall’altro, non è vero che con Lamorgese ministra c’è stato un «600 per cento» in più di rimpatri rispetto al periodo di Salvini ministro. Questa percentuale fa riferimento all’aumento dei ricollocamenti di richiedenti asilo tra l’Italia e alcuni Paesi europei, favoriti con l’Accordo di Malta siglato a settembre 2019. Rimpatri e ricollocamenti non sono la stessa cosa.

È inoltre necessario sottolineare che a causa dell’emergenza coronavirus le procedure di rimpatrio forzato dall’Italia si sono di fatto fermate, così come quelle di ricollocamento.

In conclusione, Mauri si merita un “Pinocchio andante”.