Il 9 giugno, ospite a DiMartedì su La7, l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha sostenuto (min. 1:00:12) che la crisi causata dalla pandemia di coronavirus sarà la peggiore degli ultimi anni per l’Italia. Peggio di quelle – elencate dal conduttore Giovanni Floris – della lira nel 1992, dei mercati nel 2008 e dei debiti sovrani nel 2010-2011.
Letta ha poi aggiunto che «in un colpo solo l’Italia perde 150 miliardi», cioè «il 10 per cento di ricchezza nazionale» e che il nostro debito pubblico «passa dal 135 al 155 per cento».
Le parole dell’ex presidente del Consiglio poggiano evidentemente su previsioni, visto che l’anno è ancora in corso. E, come ha scritto Banca d’Italia nella sua relazione annuale, pubblicata il 29 maggio, nelle condizioni attuali «formulare previsioni macroeconomiche diventa estremamente arduo».
Ma, in base alle previsioni, possiamo comunque verificare se le informazioni da lui riportate sono plausibili o meno.
La crisi peggiore degli ultimi decenni
Per il 2020 il governo ha previsto nel Documento di economia e finanza, approvato il 24 aprile, un calo del Pil dell’8 per cento. L’Istat ha stimato, nelle sue previsioni pubblicate l’8 giugno, una contrazione del Pil italiano dell’8,3 per cento. Stime leggermente più pessimistiche sono state fornite dal Fondo monetario internazionale (-9,1 per cento) e dalla Commissione europea (-9,5 per cento).
Prendiamo comunque il dato meno negativo tra quelli di fonte non governativa, quello dell’Istat, e vediamo se nei decenni precedenti – in particolare in corrispondenza delle tre crisi citate esplicitamente nell’intervista – si sono registrati cali del Pil paragonabili.
Il database Eurostat, che per l’Italia riceve i dati dall’Istat, riporta i dati dal 1996 al 2019, che comprendono quindi la crisi finanziaria del 2008 e quella dei debiti sovrani del 2010-2011. Il Pil italiano, nei 23 anni presi in considerazione, ha avuto il segno negativo quattro volte, in conseguenza di queste crisi: nel 2008 (-1 per cento), nel 2009 (-5,3 per cento), nel 2012 (-3 per cento) e nel 2013 (-1,8 per cento).
Non si è insomma mai registrato un calo dell’8,3 per cento in un anno, come dovrebbe invece accadere nel 2020.
Se allarghiamo lo sguardo alle altre due gravi crisi che hanno colpito l’Italia nel secondo dopoguerra, quella petrolifera del 1973 e quella della lira del 1992, vediamo nel database della Banca Mondiale che anche in questi casi il Pil non è mai crollato tanto quanto si prevede accada nel 2020. Dopo la crisi petrolifera, infatti, il Pil italiano calò nel 1975 del 2,1 per cento, e dopo la crisi della lira calò nel 1993 dello 0,9 per cento.
Insomma, anche il crollo peggiore mai registrato negli ultimi decenni, quello del 2009, è inferiore di almeno 3 punti percentuali a quello previsto per il 2020. Possiamo quindi dire che Letta abbia ragione nel parlare della crisi peggiore per l’Italia repubblicana.
Nel 2021, in ogni caso, è previsto un “rimbalzo” del Pil – +4,6 per cento secondo l’Istat, +6,5 per cento secondo la Commissione europea – che dovrebbe così recuperare parte di quanto perduto nel 2020.
L’Italia perde 150 miliardi di euro in un anno
Il Pil dell’Italia a prezzi correnti nel 2019 è stato pari a 1.787,7 miliardi di euro e, secondo quanto riporta* il database della direzione generale degli Affari economici e finanziari della Commissione europea (Ameco), nel 2020 dovrebbe calare a 1.631,7 miliardi di euro.
Dunque un calo di 156 miliardi di euro, anche un po’ di più di quanto affermato da Letta.
Secondo il Def 2020 il calo dovrebbe essere invece di 126,3 miliardi (da 1.787,7 a 1.661,4 miliardi), quindi meno di quanto affermato da Letta.
In ogni caso si tratta del calo più consistente dal 1946: finora il calo maggiore era stato quello registrato tra 2008 e 2009 (da 1.637,7 a 1.577,3 miliardi di euro), quando il Pil era diminuito di 60 miliardi.
In rapporto al Reddito nazionale lordo dell’Italia – la “ricchezza nazionale” di cui parla Letta, che nel 2018 (dati più recenti) ammontava a circa 1.785 miliardi di euro – un calo di 156 miliardi (utilizziamo il dato della Commissione) corrisponde all’8,7 per cento. Un po’ meno dunque del 10 per cento riportato dall’ex presidente del Consiglio.
Il boom del debito pubblico
Per quanto riguarda il debito pubblico, secondo il Def 2020 dovrebbe passare dal 134,8 per cento del Pil del 2019 al 155,7 per cento.
In base alle previsioni di primavera 2020 della Commissione europea, dovrebbe invece passare dal 134,8 per cento del Pil del 2019 al 158,9 per cento nel 2020.
Letta ha quindi sostanzialmente ragione anche se, utilizzando preferibilmente la fonte non governativa come abbiamo fatto finora, il “boom” del debito pubblico in rapporto al Pil è addirittura superiore a quello da lui riportato: dal 135 per cento a quasi il 160 per cento.
In questo balzo, ovviamente, pesa in maniera determinante la contrazione del Pil: diminuendo il denominatore, la percentuale aumenta.
Il verdetto
Enrico Letta, intervistato il 9 giugno, ha sostenuto che quella del 2020 sarà la crisi peggiore per l’Italia rispetto a quelle del passato, che in un colpo solo l’Italia perderà 150 miliardi, cioè il 10 per cento della ricchezza nazionale, e il debito pubblico schizzerà dal 135 al 155 per cento del Pil.
Le varie affermazioni sono, al netto di alcune leggere imprecisioni, tutte corrette: il calo previsto del Pil nel 2020 (-8,3 per cento secondo l’Istat) sarà il peggiore di sempre per l’Italia repubblicana. I miliardi persi saranno, secondo la Commissione europea, 156, che corrispondono all’8,7 per cento del Reddito nazionale lordo. Il debito pubblico poi, sempre secondo la Commissione, passerà dal 135 per cento a quasi il 160 per cento del Pil.
Nel complesso per Letta un “Vero”.
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*Percorso: selezionare “Domestic product” > “Gross domestic product” > “At current prices (UVGD)”
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7 dicembre 2024
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