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Davvero il lockdown italiano è stato il più duro di tutti?

| 06 maggio 2020
La dichiarazione
«Secondo una stima di Goldman Sachs il lockdown italiano è stato il più duro di tutti. Francia, Germania, Spagna, stanno ripartendo più velocemente di noi dopo aver rallentato meno di noi»
Fonte: La Repubblica | 28 aprile 2020
Ansa
Ansa
Verdetto sintetico
Vero
Il 28 aprile 2020, in un’intervista a La Repubblica riportata sul suo sito web personale, il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha sostenuto che «secondo una stima di Goldman Sachs il lockdown italiano è stato il più duro di tutti» e che Francia, Germania, Spagna, stiano ripartendo più velocemente dell’Italia dopo aver rallentato meno.

Abbiamo verificato e l’ex presidente del Consiglio ha sostanzialmente ragione.

Andiamo a vedere i dettagli, prima riguardo la stima di Goldman Sachs, e poi riguardo le strategie di uscita dal lockdown, per cui abbiamo consultato i siti governativi dei Paesi citati da Renzi.

L’“indice di lockdown” di Goldman Sachs

Partiamo dalla stima di Goldman Sachs a cui fa riferimento Renzi. Il documento originale ci è stato gentilmente fornito da Wall Street Italia.

Si tratta di un’analisi, pubblicata il 26 aprile dalla società finanziaria, in cui si crea un indice (Effective Lockdown Index, Eli) per quantificare la durezza e l’efficacia delle misure restrittive, e lo si mette in correlazione con le stime di decrescita del Pil in vari Paesi. In questo modo sarebbe possibile, al netto di una serie di limiti che chiarisce fin da subito la stessa analisi, stabilire una correlazione tra durezza delle misure di lockdown e conseguenze economiche.

Ma vediamo meglio i dettagli.

L’indice Eli

L’indice Eli è stato ricavato rielaborando due indicatori principali: i rapporti di Google sugli spostamenti globali e quello dell’Università di Oxford sulla severità delle misure di lockdown. Nei dati di Google viene ricavata la differenza negli spostamenti per recarsi presso posti di lavoro, negozi, trasporti pubblici e luoghi d’interesse nelle settimane in cui è in corso la pandemia, rispetto alla media calcolata sul periodo 3 gennaio – 6 febbraio 2020. L’indice di Oxford invece è fatto sulla base dell’introduzione o meno di sette misure prese dalle autorità dei diversi Paesi e varia da 0 a 100, dove un valore più alto indica un livello maggiore di restrittività delle misure.

Queste misure sono chiusure scolastiche, chiusure di uffici e altri posti di lavoro, cancellazione di eventi pubblici, chiusura del trasporto pubblico, campagne d’informazione per i cittadini, restrizioni al movimento interno e controlli su viaggi internazionali. Goldman Sachs, nel costruire il suo indice Eli, sostituisce quest’ultimo parametro dell’indice di Oxford con un indicatore relativo al contact tracing, cioè alla ricerca di soggetti potenzialmente contagiati operata dagli operatori sanitari.

Dall’indice Eli agli effetti sul Pil

Creato l’indice Eli, l’analisi di Goldman Sachs cerca poi di quantificare la correlazione tra le misure di lockdown rappresentante da questo indice e quanto cambiano i livelli di attività economica.

Per farlo, l’analisi mette in relazione le stime preliminari sul calo previsto del Pil su base mensile in Canada, Cina, Corea del Sud e Francia con l’indice Eli di questi quattro Paesi, ipotizzando che senza lockdown o distanziamento sociale non ci sarebbe alcun impatto sulla crescita economica.

Da questa relazione ricavata dalla media dei quattro Paesi citati, Goldman Sachs astrae un parametro generale che dovrebbe stimare la sensibilità del Pil alle misure di lockdown. Una volta ottenuto questo parametro, la società finanziaria lo applica all’indice Eli di ogni singolo Paese – tra cui anche l’Italia – per prevedere che impatto avrà il lockdown sulle rispettive economie.

I limiti dell’analisi

Questa operazione è da prendere con una certa cautela perché presenta alcuni limiti di accuratezza, che la stessa Goldman Sachs riconosce.

In primo luogo l’indice Eli è una misura probabilmente non del tutto affidabile del lockdown e del distanziamento sociale. Secondo, la relazione tra Eli e Pil si basa poi sulle stime preliminari di soli quattro Paesi. Terzo, non si tiene conto della differenza tra i Paesi per ciò che riguarda il peso delle attività economiche che richiedono molta interazione personale. Quarto e ultimo, l’ottimizzazione delle misure restrittive da parte dei governi e l’adattamento di famiglie e imprese alle mutate circostanze potrebbe modificare la relazione tra Eli e Pil.

Il lockdown più restrittivo d’Europa

Fatte queste premesse, il grafico elaborato da Goldman Sachs mostra che l’indice Eli per l’Italia ha un valore prossimo a 90, seguito da Spagna, Francia e poi, sotto il 70, da Regno Unito e Germania (Grafico 1).
Grafico 1. Indice di lockdown effettivo nell’Europa occidentale. Fonte: Oxford University, Google, Apple , Wind, Goldman Sachs Global Investment Research
Grafico 1. Indice di lockdown effettivo nell’Europa occidentale. Fonte: Oxford University, Google, Apple , Wind, Goldman Sachs Global Investment Research
Quello italiano è dunque il lockdown più stringente in Europa (e anche nel mondo: solo India e Filippine hanno un valore simile), seguito da quelli francese e spagnolo.

Peraltro anche in una precedente analisi ci eravamo occupati delle diverse misure messe in atto negli altri Paesi europei per far fronte al Covid-19, e avevamo visto che Francia e Spagna avevano seguito una politica molto simile a quella italiana, mentre in Germania le misure sono state un po’ meno stringenti.

Questa scelta restrittiva, secondo l’analisi di Goldman Sachs, si riflette sulla produttività, che viene colpita più duramente in Italia che in qualunque altro Paese del mondo, come si vede nel grafico seguente, in cui viene stimato l’impatto massimo del lockdown sul Pil a livello mensile.
Grafico 2. Maggiori impatti sulla produzione causati dal lockdown stimato sulla base dell’indice Eli Fonte: Goldman Sachs Global Investment Research
Grafico 2. Maggiori impatti sulla produzione causati dal lockdown stimato sulla base dell’indice Eli Fonte: Goldman Sachs Global Investment Research
Per quanto le differenze tra Italia, Francia e Spagna non siano molto significative, è dunque vero che per la stima di Goldman Sachs il nostro Paese si trovi al primo posto sia per severità delle misure restrittive (combinata con l’impatto sugli spostamenti), sia per ricadute stimate sul Pil.

Insomma Renzi ha sostanzialmente ragione nel dire che, secondo Goldman Sachs, le nostre misure sono le più restrittive e che Francia, Spagna e Germania hanno “rallentato di meno”. Ma è vero anche che questi Paesi stanno ripartendo più velocemente di noi?

Le strategie dei paesi europei

Francia

Il 28 aprile il governo francese ha annunciato che dall’11 maggio farà iniziare una seconda fase in quei dipartimenti che hanno un basso tasso di contagi, un sistema di test rapido e i reparti di terapia intensiva non sovraccarichi. In questa seconda fase si prevede una graduale riapertura delle scuole, con un massimo di 15 allievi per classe. Sarà possibile muoversi nella propria regione, praticare sport individualmente, visitare biblioteche, celebrare funerali (massimo di venti persone) e riunirsi fino a un massimo di dieci individui. Chiusi fino al 2 giugno musei, cinema, teatri, spiagge e messe, e gli eventi sportivi continuano ad essere sospesi. La decisione sulla riapertura di bar e ristoranti non è stata presa, ma si valuta una riapertura il 2 giugno.

Spagna

In Spagna è stato approvato il 28 aprile un piano “graduale, asimmetrico e coordinato” di uscita dal lockdown in tre fasi, con l’idea di tornare a una nuova normalità per la fine di giugno.

Nella fase 1, che inizierà “a macchia di leopardo” a seconda della situazione nelle varie regioni, si prevede la riapertura delle piccole imprese, dei negozi (esclusi i centri commerciali), la ripresa delle attività di ristorazione (con limitazioni e a certe condizioni), la riapertura degli hotel (sempre a certe condizioni), la ripresa di attività sportive e di culto (sempre in misura limitata).

Nella fase 2 sarà possibile fare ristorazione anche in spazi chiusi, riapriranno i cinema, i teatri e i musei e sarà possibile organizzare eventi culturali e spettacoli, limitando in ogni caso il numero dei partecipanti. L’anno scolastico ricomincerà a settembre ma saranno possibili in questa fase alcune aperture eccezionali delle istituzioni educative, ad esempio attività di supporto o per ospitare i figli piccoli di coppie in cui lavorano entrambi i genitori.

Nella fase 3 si riprenderà la mobilità generale e verranno meno le ultime limitazioni, pur restando incoraggiato l’uso di mascherine e il mantenimento delle distanze.

Ognuna delle tre fasi dovrebbe durare un minimo di due settimane, variando a seconda dell’andamento dei contagi.

Germania

Per quanto riguarda la Germania, le misure restrittive qui non sono mai state tanto severe quanto in Italia. il 14 aprile il governo e gli Stati federali hanno comunque concordato l’estensione delle misure attive da metà marzo fino al 3 maggio 2020. Da quel momento si prevede la riapertura progressiva delle scuole, con priorità per le classi che devono sostenere esami o sono all’ultimo anno. Riaprono poi i negozi con più di 800 metri quadri d’area, negozi di biciclette, concessionari e librerie, così come i parrucchieri. Anche in Germania non è previsto che riprendano celebrazioni liturgiche né grandi eventi prima della fine dell’estate.

Il confronto con l’Italia

Dal confronto con gli altri grandi Paesi dell’Unione europea elencati da Renzi emerge che le strategie di ripartenza dopo il lockdown proposte in Francia e in Spagna (meno in Germania) abbiano alcuni punti di contatto con quella italiana. Ma è vero che tutti e tre i Paesi citati sembrano aver già messo in calendario una ripresa delle attività più rapida di quella prevista dal governo italiano.

Trattandosi comunque di piani teorici, legati al concreto andamento futuro delle curve epidemiche, non è comunque sicuro che la ripartenza degli altri Stati sarà poi in concreto più veloce di quella dell’Italia.

Il verdetto

Matteo Renzi, citando un’analisi di Goldman Sachs, sostiene che Francia, Spagna e Germania avrebbero adottato un lockdown meno duro rispetto a quello italiano, che avrebbero quindi rallentato le proprie attività economiche meno dell’Italia e che ne starebbero uscendo ora più velocemente.

Dalla nostra verifica emerge che l’ex premier ha ragione sulla durezza del lockdown italiano e sul maggior rallentamento (almeno a livello di stima) delle nostre attività economiche. Secondo l’“indice di lockdown effettivo” (Eli) sviluppato da Goldman Sachs, l’Italia ha avuto il lockdown più duro al mondo e quello che avrà l’impatto più negativo sul Pil.

Sul fatto che gli altri Paesi stiano allentando più in fretta le misure anticontagio, è sicuramente vero per la Germania, dove non sono mai state applicate restrizioni paragonabili a quelle italiane, ed è realistico anche per Francia e Spagna, anche se bisogna considerare che i piani di uscita dall’emergenza scontano un forte grado di incertezza dovuto all’andamento concreto dell’epidemia.

In ogni caso per Renzi un “Vero”.

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