Il 22 novembre, ospite a Uno Mattina su Rai 1, il leader della Lega Matteo Salvini ha criticato la politica fiscale del governo Conte II, affermando (min 1:17:20) che «la Corte dei Conti stima in 17 miliardi di euro il nuovo carico fiscale».



Come vedremo, la dichiarazione dell’ex ministro dell’Interno non trova nessun riscontro nel lavoro della Corte dei Conti. La quale, al contrario, attribuisce alla manovra di bilancio del governo un aumento del potere d’acquisto delle famiglie.



Di che cosa stiamo parlando



Con la manovra di Bilancio i governi adottano una serie di misure con l’obbiettivo, solitamente, di stimolare l’economia. Per farlo, le misure consistono di norma in un mix di riduzione della tassazione e di aumento della spesa pubblica.



Per finanziare questo tipo di provvedimenti, ogni esecutivo è costretto a scegliere tra un aumento delle entrate e una riduzione delle spese. Gli effetti vanno tenuti in considerazione nella loro portata complessiva: è infatti possibile che il governo decida allo stesso tempo di aumentare le spese per determinati settori e di ridurle per altri. Allo stesso modo, la tassazione può aumentare per alcune categorie di contribuenti e diminuire per altre.



Nel caso in cui le uscite preventivate dal governo siano superiori alle entrate, lo Stato è costretto a coprire la differenza indebitandosi. Vediamo ora che cosa dice la Corte dei Conti sulla manovra in discussione in Parlamento.



Che cosa dice la Corte dei Conti



L’11 novembre, la Corte dei Conti ha pubblicato la sua relazione sulla manovra. Nel documento viene presentato il quadro finanziario delle misure prese dal governo Conte II con il disegno di legge di Bilancio per il 2020 e con il cosiddetto “decreto fiscale” (d.l. 124/2019) e ne viene stimato l’impatto sui conti pubblici e sull’economia in generale.



La prima informazione evidenziata dalla Corte è che, per stimolare l’economia, il governo Pd-M5s ha intenzione di adottare un mix di riduzione delle tasse e di aumento della spesa pubblica pari a circa 30 miliardi di euro l’anno per i prossimi tre anni (31,7 miliardi nel 2020; 32,6 miliardi nel 2021; 27,4 miliardi nel 2022).



Riduzione delle entrate



Per quanto riguarda la riduzione delle entrate, nel 2020 il governo ha deciso di diminuire le risorse dovute allo Stato per circa 26,8 miliardi (classificati dalla Corte sotto la voce “minori entrate”).



Gran parte di queste minori entrate previste per il prossimo anno deriva dal blocco dell’aumento dell’Iva e delle accise sulla benzina – le cosiddette “clausole di salvaguardia” – e dal taglio delle imposte sui lavoratori dipendenti, pari rispettivamente a 23,1 e 3 miliardi di euro. Ciò significa che il governo ha deciso di rinunciare ad alcune delle entrate dovute allo Stato, con lo scopo di ridurre il livello di tassazione sui consumatori e sui lavoratori dipendenti.






Tabella 1: Le minori entrate previste dalla manovra per il periodo 2020–2022 – Fonte: Corte dei Conti



Aumento della spesa



Per quanto riguarda le spese previste per il 2020, il governo ha deciso di aumentarle di circa 3,9 miliardi (questa è, invece, la voce “maggiori spese”).



La Corte riporta che il 63,5 per cento dei nuovi esborsi sono destinati a quattro obiettivi: il Sud, le famiglie, il rifinanziamento di provvedimenti precedenti (come ad esempio la cosiddetta “Nuova Sabatini”) e, infine, il finanziamento di fondi (ad esempio, il Fondo investimenti delle Amministrazioni centrali).






Tabella 2: La maggiore spesa prevista dalla manovra per il periodo 2020–2022 – Fonte: Corte dei Conti



Nel 2020, il rapporto tra minori entrate e maggiori spese è quindi sbilanciato a favore della prima voce (sul valore totale della manovra, l’86,3 per cento contro il 13,7 per cento). Questo rapporto viene però riequilibrato negli anni successivi. Infatti, le maggiori spese crescono dai 3,9 miliardi menzionati in precedenza fino ai 12,5 miliardi del 2022. Al contrario, le minori entrate passano – a causa della riduzione dell’ammontare delle clausole di salvaguardia per gli anni successivi al 2020 – dai 26,8 miliardi del 2020 ai 11,4 miliardi del 2022.



Ma come si finanziano minori entrate e maggiori spese contenute nella manovra di Bilancio?



E io pago?



Come abbiamo detto in precedenza, per coprire il costo della manovra il governo è costretto ad aumentare le entrate o a diminuire le spese, e, quando il ricavato di queste operazioni sia inferiore alle minori entrate e alle maggiori spese previste, ad indebitarsi.



Con la manovra di Bilancio, spiega la Corte dei Conti, per il 2020 il governo giallorosso ha deciso di ricavare le risorse necessarie a finanziare la manovra con maggiori entrate per circa 10,9 miliardi e con minori spese per circa 3,5 miliardi, indebitandosi per la restante parte (pari a circa 16,3 miliardi di euro). Negli anni successivi, le coperture della manovra aumenteranno, spinte soprattutto da una crescita delle entrate previste (pari a 15,6 miliardi nel 2021 e 13,1 miliardi nel 2022), e, di conseguenza, si ridurrà l’aumento dell’indebitamento (dai 16,3 miliardi del 2020 ai 10,5 del 2022).






Tabella 3: La minore spesa prevista dalla manovra per il periodo 2020–2022 – Fonte: Corte dei Conti



In primo luogo, possiamo quindi dire che le entrate a cui lo Stato rinuncia (le minori entrate) sono maggiori delle nuove risorse che il governo ha intenzione di prelevare dai contribuenti (le maggiori entrate). In altre parole, il nuovo prelievo fiscale è più che compensato dalla riduzione dal “vecchio” livello di imposte, ossia quello che si sarebbe avuto se il governo non fosse intervenuto con le sue misure e non avesse modificato le scelte del precedente esecutivo (situazione riassunta nel cosiddetto “bilancio tendenziale”).



Infatti, in ognuno dei tre anni tra il 2020 e il 2022 le nuove entrate dello Stato sono sempre inferiori alle entrate a cui lo Stato “rinuncia” per alleggerire la pressione nei confronti dei contribuenti: 10,9 miliardi di maggiori entrate contro 26,8 miliardi di minore entrate nel 2020; 11,8 miliardi contro 17,2 miliardi nel 2021; ed infine 11,1 miliardi contro 11,4 miliardi nel 2022. Quindi, anche se questa compensazione si riduce di anno in anno, passando dai circa 15,9 miliardi del 2020 ai 325,1 milioni del 2022, la differenza tra le due voci è a favore delle minori entrate e, quindi, dei contribuenti.






Tabella 4: La maggiore entrate previste dalla manovra per il periodo 2020–2022 – Fonte: Corte dei Conti



In secondo luogo, le maggiori entrate previste dallo Stato non derivano completamente dall’introduzione di nuove imposte. Infatti, nel 2020 più di un quarto delle maggiori entrate (2,9 miliardi di euro, ossia il 26,9 per cento) sono associate alle misure di contrasto all’evasione fiscale e alle frodi. Una percentuale che aumenta negli anni successivi, arrivando a quasi un terzo nel 2022 (30,6 per cento delle entrate, circa 3,4 miliardi di euro).



Tasse vecchie e tasse nuove



Entriamo nel merito dell’affermazione di Salvini.



Come abbiamo visto, le mancate entrate derivanti dal blocco delle clausole di salvaguardia e dalla riduzione del carico fiscale sui lavoratori dipendenti è pari a 26,1 miliardi, quindi superiore ai 17 miliardi di «nuovo carico fiscale» menzionato dal leader della Lega. Anche se la dichiarazione di Salvini fosse accurata, quindi, e ci fossero 17 miliardi di nuove tasse, nei prossimi anni i contribuenti italiani verserebbero comunque allo Stato risorse inferiori a quelle a cui il governo Conte II ha deciso di “rinunciare” con il disinnesco dell’aumento di Iva e accise.



A questo si aggiunge il fatto che non si trova riscontro nel lavoro della Corte dei Conti dei 17 miliardi in questione. Infatti, se pure assumiamo che tutte le nuove entrate siano dovute all’introduzione di nuove imposte (cosa, come abbiamo visto in precedenza, non vera), in nessuno dei prossimi tre anni le maggiori entrate previste dalla manovra arriveranno a toccare i 17 miliardi.



È però vero che, se non si considera il disinnesco delle clausole di salvaguardia, la manovra del governo aumenta le entrate per le casse dello Stato. In particolare, le entrate al netto del blocco dell’aumento dell’Iva salgono di 7,2 miliardi nel 2020, 4,3 miliardi nel 2021 e 2,7 miliardi nel 2022, per un totale di 14,2 miliardi. Una cifra comunque inferiore ai 17 miliardi citati da Salvini.



Bisogna poi chiedersi se abbia senso valutare le scelte dell’esecutivo escludendo l’impatto delle clausole di salvaguardia. Infatti, un aumento dell’Iva e delle accise avrebbe comportato imposte maggiori di quanto non previsto adesso dalla manovra di bilancio. Inoltre, è possibile che la politica del governo Conte II sarebbe stata diversa se non vi fosse stata l’incombenza di disinnescare le clausole.



L’opinione della Corte dei Conti



Per finire, è importante notare che la Corte dei Conti valuta positivamente l’impatto della misure proposte dal governo sul potere d’acquisto delle famiglie.



La Corte afferma infatti che «le modifiche che intervengono in senso espansivo sui tributi diretti pagati dalle famiglie restituirebbero risorse per 5,5 miliardi di euro a regime, mentre quelle restrittive raccoglierebbero mediamente 2 miliardi annui».



In aggiunta, la Corte stima che gli interventi del governo dal lato della spesa «comportano un effetto stimato espansivo per oltre 24 miliardi di euro nel 2020 e 17 miliardi nel 2021».



Infine, la Corte evidenzia come la pressione fiscale nel 2020 diminuirà dello 0,1 per cento rispetto al 2019 (dal 42 al 41,9 per cento) e dello 0,7 per cento rispetto al quadro tendenziale (42,6 per cento), aumentando nel 2022 in misura inferiore rispetto a quanto previsto dallo scorso governo (42,2 contro 42,3 per cento).



Il verdetto



Il leader della Lega Matteo Salvini ha dichiarato che «la Corte dei Conti stima in 17 miliardi di euro il nuovo carico fiscale» della manovra del governo Conte II.



Matteo Salvini presenta però un quadro inesatto. Infatti, le entrate dovute all’erario diminuiscono nei prossimi anni. Questo calo è dovuto in larga parte al disinnesco delle clausole di salvaguardia.



Solamente se si considerano le nuove entrate al netto del disinnesco delle clausole di salvaguardia si arriva ad una cifra vicina a quella menzionata da Salvini (pari a 14,2 in tre anni).



Matteo Salvini merita quindi un “Pinocchio andante”.