Nelle ultime settimane, in due interviste pubblicate su La Repubblica (8 novembre) e Il Messaggero (2 novembre), il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha ripetuto che la spesa per beni e servizi del nostro Paese è aumentata molto rispetto a quando c’era lui a capo del governo: di circa 14 miliardi di euro.

Già a inizio ottobre, in una lettera al Corriere della Sera, Renzi aveva scritto che «nel triennio del nostro governo, lo stanziamento per beni e servizi si è attestato tra i 134 e 136 miliardi di euro. Nei tre anni successivi la voce di spesa per beni e servizi schizza rispettivamente a 140, 146, 150 miliardi di euro».

Un concetto identico è stato espresso più volte negli ultimi giorni anche dall’ex consigliere economico di Palazzo Chigi Luigi Marattin – oggi deputato di Italia Viva – in tre interviste al Corriere della Sera (19 ottobre, 4 novembre e 10 novembre) e una a La Stampa (2 novembre).

Ma è davvero così? Abbiamo verificato.

Di che cosa stiamo parlando

Quando si usa la generica espressione “spesa per beni e servizi”, solitamente si fa riferimento alla spesa per i cosiddetti “consumi intermedi” della Pubblica amministrazione.

Come spiega la Treccani, all’interno della spesa pubblica «la distinzione più significativa è quella tra spesa per beni e servizi e spesa per trasferimenti». Questi ultimi fanno riferimento ai sussidi per le famiglie e le imprese, mentre la prima tipologia di spesa «crea valore aggiunto, finanziando il processo produttivo dei servizi pubblici».

In questo caso, tra le varie voci di spesa, rientrano i consumi intermedi citati prima, che Istat definisce come «il valore dei beni e dei servizi consumati quali input in un processo di produzione, escluso il capitale fisso il cui consumo è registrato come ammortamento. I beni e i servizi possono essere trasformati oppure esauriti nel processo produttivo».

Più semplicemente, i consumi intermedi della Pa fanno riferimento a diverse tipologie di spesa – ripartite tra l’Amministrazione centrale e quella locale – tra cui rientrano, per esempio, le spese energetiche e di manutenzione ordinaria, servizi di ricerca e sviluppo e gli acquisti di farmaci. Sono dunque definiti “intermedi” perché precedono lo svolgimento di un servizio.

Come riassume un approfondimento della Camera di marzo 2019, dal 2010 la spesa per beni e servizi è al centro della cosiddetta spending review, l’azione di governo volta a contenere, appunto, la spesa destinata ai consumi intermedi.

I numeri di Renzi

Vediamo ora se i miliardi di euro citati dall’ex presidente del Consiglio sono corretti. Secondo Renzi, con il suo governo la spesa per beni e servizi si aggirava tra i 134 e i 136 miliardi di euro, mentre oggi avrebbe raggiunto i 150 miliardi di euro.

La fonte dell’ultimo dato è la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza per il 2019 (Nadef), pubblicato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il 30 settembre scorso.

Qui si stima che nel 2020 la spesa per consumi intermedi sarà di 150,2 miliardi di euro, mentre per il 2019 il valore sarà pari a circa 147 miliardi di euro, in leggero aumento rispetto al dato del 2018 (146,7 miliardi di euro).

La Nadef per il 2017 conteneva invece la stima tra i 134 e 136 miliardi di euro citata da Renzi. Nel 2016 – il governo Renzi rimase in carica fino al 12 dicembre di quell’anno – la spesa per consumi intermedi era infatti fissata dalla Nadef a 135,2 miliardi di euro.

Questi numeri danno dunque ragione al leader di Italia Viva? Non proprio: c’è una questione metodologica non di poco conto che cambia i dati appena visti.

La revisione delle stime Istat

Il 23 settembre 2019 – tre settimane prima della lettera di Renzi al Corriere – l’Istat ha pubblicato il rapporto sui conti economici nazionali, relativi al periodo 1995-2018. Come spiega l’Istituto, questo documento non contiene solo una revisione generale dei dati passati relativi al Pil del nostro Paese, ma anche quella dei conti della Pa.

In sostanza, l’Istat ha annunciato di aver aggiornato alcuni metodologie di calcolo, introducendo alcune innovazioni e miglioramenti per le fonti dei dati e modificando la classificazione di alcune voci di entrata e di uscita. Di conseguenza questa riclassificazione – che aggiorna le stime fatte dall’Istat ad aprile 2019 – modifica i dati di Renzi relativi al suo governo.

Se è vero che per il 2018 l’Istat ha confermato una spesa per consumi intermedi di circa 146,7 miliardi di euro (dato contenuto anche nella Nadef 2019), per il 2016 la stima è stata rialzata, salendo a oltre 140,6 miliardi di euro: circa 5,4 miliardi di euro in più rispetto a quanto detto da Renzi.

Negli altri due anni di governo Renzi, secondo la recente revisione Istat (qui sono consultabili le serie storiche) la spesa per consumi intermedi era stata di 136,1 miliardi di euro nel 2014 e 136,7 miliardi di euro nel 2015. Un paio di miliardi in meno rispetto alla cifra più bassa («134 miliardi») citata da Renzi.

La stima dei 150 miliardi di euro, contenuta nella Nadef 2019 e ripresa dal leader di Italia Viva per l’anno prossimo, rimane comunque corretta. Il rapporto tra i soldi destinati ai consumi intermedi e il Pil aggiunge qualche altro elemento chiarificatore.

Spesa per beni e servizi e Pil

Di questo argomento si è occupato di recente un dossier del Senato sulla Nadef 2019, pubblicato il 4 ottobre scorso.

«La spesa per consumi intermedi, rispetto alle stime di aprile è rivista in aumento nel periodo 2019-2022 (per 2,8 miliardi per l’anno 2019, 2,6 miliardi per l’anno 2020, 2,8 miliardi per il 2021 e 2,9 miliardi per il 2022)», spiega il Senato. «Viene tuttavia confermato, rispetto alle stime di aprile, l’andamento in decrescita dell’aggregato in termini di incidenza sul Pil».

Nella Nadef per il 2019, si legge infatti che nonostante l’aumento segnalato da Renzi, a partire da quest’anno la spesa per beni e servizi in rapporto alla ricchezza nazionale calerà. L’aumento per consumi intermedi sarà dunque inferiore, secondo le previsioni, all’aumento del Pil.

Nel 2018, la spesa per consumi intermedi ha rappresentato l’8,3 per cento del Pil. Secondo le previsioni, nel 2019 e 2020 questa percentuale scenderà all’8,2 per cento; nel 2021 all’8,1 per cento e nel 2022 all’8 per cento.

Per fare un confronto con gli anni di Renzi, dalle serie storiche aggiornate dell’Istat (qui consultabili) si ricava che nel 2014 i consumi intermedi pesavano per l’8,37 per cento del Pil, percentuale che negli anni successivi è rimasta sostanzialmente stabile all’8,26 per cento nel 2015 e all’8,29 per cento nel 2016 [1].

Insomma, durante i tre anni di governo di Renzi la spesa per i consumi intermedi è rimasta sullo stesso livello percentuale dell’ultimo anno per cui abbiamo dati completi, il 2018.

Il verdetto

Il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha ripetuto diverse volte, nelle ultime settimane, che la spesa per beni e servizi (o meglio, la spesa per i cosiddetti “consumi intermedi”) è aumentata di circa 15 miliardi di euro rispetto a quando c’era lui al governo: da 134-136 miliardi di euro a 150 miliardi di euro.

I dati danno parzialmente ragione al leader di Italia Viva.

Secondo una revisione dei conti nazionali pubblicata a settembre 2019 dall’Istat, nel 2016 – ultimo anno di governo Renzi – la spesa per consumi intermedi è stata di 140,6 miliardi di euro, oltre 5 miliardi di euro in più rispetto a quanto detto dall’ex presidente del Consiglio.

È vero comunque che dal 2016 la spesa per consumi intermedi è aumentata, fino ad arrivare alla previsione per il 2020 di 150,2 miliardi. Il suo rapporto con il Pil però si stima essere in fase di decrescita: era dell’8,3 per cento nel 2018, e dovrebbe scendere all’8,2 per cento nel 2019 e nel 2020. In conclusione, Renzi merita un “Nì”.




[1] Il valore della spesa per consumi intermedi per gli anni 2014, 2015 e 2016 è contenuta nelle Tavole 18-19 e si ottiene sommando le due voci “Consumi intermedi” e “Prestazioni sociali in natura acquistate direttamente sul mercato”.