Il 4 novembre, il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha accusato su Facebook il precedente governo Lega-M5s di essere il responsabile per l’annunciata decisione della multinazionale ArcelorMittal di voler recedere dal contratto di affitto dell’acciaieria ex Ilva di Taranto.
Secondo Renzi, «il governo deve da subito togliere alla proprietà ogni alibi eliminando gli autogol come quello sulla immunità voluto dal vecchio governo». L’ex presidente del Consiglio ha inoltre aggiunto che «lo scudo penale è stato cancellato dall’esecutivo Lega-Cinque Stelle».
Ma di che cosa stiamo parlando? È vero che l’impunità penale, che come vedremo è l’oggetto del contendere, è stata eliminata dal governo Conte I? O la responsabilità è della nuova maggioranza?
Abbiamo verificato e Renzi non dice la verità.
La questione dello scudo penale
In un comunicato del 4 novembre, ArcelorMittal Italia ha notificato la propria decisione di recedere dal contratto di affitto dell’ex-Ilva di Taranto. Nel testo, la multinazionale ha scritto che una delle motivazioni di questa scelta è stata l’eliminazione dell’impunità penale, una misura ritenuta imprescindibile da ArcelorMittal per continuare a operare nell’acciaieria pugliese.
«Con effetto dal 3 novembre 2019, il Parlamento italiano ha eliminato la protezione legale necessaria alla società per attuare il suo piano ambientale senza il rischio di responsabilità penale, giustificando così la comunicazione di recesso», ha scritto ArcelorMittal nel comunicato.
Il rischio, secondo l’azienda, è che i suoi manager siano esposti a rischi legali per una situazione che hanno ereditato e non causato, e quindi non siano messi in condizione di poter mettere in regola una volta per tutte lo stabilimento.
Ma quando è stata eliminata la «protezione legale necessaria»? È stato il governo Conte bis – supportato, tra gli altri, anche da Italia Viva di Renzi – o il precedente?
La questione è piuttosto complessa. Ricostruiamo insieme la vicenda.
Che cosa è successo con Lega-M5s
A luglio 2019, è stato convertito in legge il cosiddetto “decreto Crescita”, voluto da Lega e Movimento 5 stelle per introdurre «misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi». Tra quest’ultime, c’era anche l’ex Ilva di Taranto.
L’articolo 46 della norma è intervenuto su un decreto-legge del 2015 (approvato dall’allora governo Renzi) che escludeva la responsabilità penale e amministrativa del commissario straordinario, dell’affittuario o acquirente (e dei soggetti da questi delegati) dell’Ilva di Taranto.
Come spiega un dossier del Senato, il “decreto Crescita” di Lega-M5s ha in sostanza limitato l’esonero da responsabilità alle sole attività di esecuzione del cosiddetto “Piano ambientale” (adottato nel 2014) «escludendo l’impunità per la violazione delle disposizioni a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro».
Il precedente governo aveva anche individuato nel 6 settembre 2019 il termine ultimo di applicazione dell’esonero da responsabilità.
La giravolta di agosto
Già a giugno scorso, prima della conversione in legge del decreto, ArcelorMittal aveva minacciato la possibilità di abbandonare l’Ilva, nel caso in cui l’impunità venisse eliminata.
Questo aveva portato il governo Lega-M5s a intervenire di nuovo in materia.
Il 4 settembre 2019 – il giorno prima del giuramento del Conte-bis – è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il cosiddetto “decreto Salva Imprese”, uno degli ultimi provvedimenti dell’alleanza gialloverde.
L’articolo 14 del decreto conteneva «disposizioni urgenti in materia di Ilva SpA» e di fatto ha reintrodotto una forma di immunità penale, eliminata dal precedente “decreto Crescita”.
Le differenze con la norma precedenti non sono sostanziali, tanto è vero che la ArcelorMittal ha espresso il suo apprezzamento anche per la nuova versione. «Il nuovo decreto legge significa che, almeno per il momento, siamo in grado di continuare a gestire lo stabilimento di Taranto», aveva dichiarato il 6 settembre Matthieu Jehl, Ceo di ArcelorMittal Italia.
Ma che cosa è successo dopo?
Che cosa ha fatto il governo Pd-M5s (con Italia Viva)
Il 4 settembre, il “decreto Salva Imprese” ha iniziato in Senato il suo iter parlamentare di conversione in legge. Qui il testo ha subito alcune modifiche, una delle quali riguarda proprio la questione dell’impunità penale dell’Ilva di Taranto.
Il 21 ottobre, le Commissioni Industria e Lavoro del Senato, riunite in seduta congiunta, hanno approvato due identici emendamenti (i numeri 14.1 e 14.2) all’articolo 14, che recavano la sola indicazione: «Sopprimere l’articolo». Entrambe le modifiche sono state presentate da senatori del M5s (tra cui Barbara Lezzi, ex ministra per il Sud).
«Il relatore e il sottosegretario Alessia Morani si rimettono alle Commissioni riunite in merito agli identici emendamenti 14.1 e 14.2 soppressivi dell’articolo recante disposizioni urgenti in materia di Ilva SpA», si legge nel resoconto della seduta sul sito del Senato. «Posti congiuntamente ai voti, gli identici emendamenti sono approvati, risultando pertanto preclusa la votazione dei restanti emendamenti all’articolo 14».
Il 23 ottobre, il Senato ha poi approvato con la fiducia (168 voti favorevoli, 110 contrari) il testo emendato, con la soppressione dunque della reintroduzione di una forma di impunità penale. Tra i sì, ci sono anche quelli dei senatori di Italia Viva, tra cui figura nell’elenco della votazione (avvenuta per chiamata nominale) il nome di Matteo Renzi.
La legge ha poi ricevuto il via libera definitivo dalla Camera il 31 ottobre 2019.
Il verdetto
Il leader di Italia Viva Matteo Renzi ha scritto su Facebook che la responsabilità dell’eliminazione dell’impunità penale per i manager di ArcelorMittal – che ha annunciato la volontà di recedere dalla gestione dell’ex Ilva di Taranto – è del precedente governo Lega-M5s.
È vero che con il “decreto Crescita” l’esecutivo Conte I aveva eliminato la protezione legale, attirando le critiche della multinazionale, ma una forma di immunità era stata reintrodotta a inizio settembre dal governo gialloverde con il “decreto Salva Imprese”, che aveva ricevuto un giudizio positivo da parte di ArcelorMittal.
Nella discussione del decreto al Senato, un emendamento del M5s del 21 ottobre ha soppresso l’articolo che reintroduceva lo scudo penale. Il testo emendato è stato poi approvato con la fiducia del Senato, anche con il voto di Matteo Renzi.
L’ultima responsabilità sulla questione non è dunque solo del precedente governo, ma soprattutto del nuovo esecutivo, supportato anche da Italia Viva.
In conclusione, Renzi si merita una “Pinocchio andante”.
«Le agenzie di rating per la prima volta, due agenzie di rating, per la prima volta hanno rivisto in positivo le stime sull’Italia. Dal 1989 questa cosa è accaduta tre volte in Italia»
30 ottobre 2024
Fonte:
Porta a Porta – Rai 1