Il presidente dell’Aiad (Federazione aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza) ed ex coordinatore nazionale di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto, ospite del programma di Rai3 Agorà il 14 ottobre ha sostenuto che «La Turchia non rappresenta nulla nell’export delle armi italiano».

È davvero così? Quali e quante armi esporta l’Italia in Turchia? Abbiamo verificato.

L’export di armi italiano

L’esportazione e l’importazione di “materiali d’armamento” sono disciplinate dalla legge 185/1990 (e successive modifiche). L’applicazione della legge è garantita dall’Autorità nazionale – UAMA (Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento), che fa parte del Ministero degli Esteri.

In sintesi, le autorizzazioni avvengono «nell’ambito delle direttive di Governo e Parlamento», sono più semplici per i Paesi Ue e Nato (l’alleanza di cui fa parte anche la Turchia) e in generale «l’Italia agisce in stretto raccordo con gli altri Paesi Membri dell’Ue, con i quali vi sono incontri periodici di consultazione operativa a Bruxelles, nonché in un quadro di coordinamento con i nostri principali alleati».

Ogni anno la Presidenza del Consiglio, in base all’articolo 5 della l. 185/1990, presenta al Parlamento una relazione sulle operazioni autorizzate e svolte l’anno precedente. Andiamo quindi a vedere cosa dice l’ultima relazione, presentata dall’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti (Lega), ad aprile 2019.

L’export autorizzato verso la Turchia

La Turchia nel 2018 risulta essere il terzo Paese nella classifica dei principali destinatari dell’export italiano autorizzato di armi: l’anno scorso abbiamo autorizzato l’esportazione di 362,3 milioni di euro di armamenti verso Ankara, il 7,6 per cento del totale.

Davanti alla Turchia ci sono solamente il Qatar (1,9 miliardi abbondanti nel 2018) e il Pakistan (682,9 milioni). Dietro troviamo invece gli Emirati Arabi Uniti (220,3 milioni), la Germania (218,1 milioni), gli Stati Uniti (192,2 milioni) e la Francia (144,3 milioni).

L’autorizzazione di vendita di armi alla Turchia è oltretutto andata in forte crescita negli ultimi anni. Dagli 11,4 milioni di euro del 2013, quando la Turchia era ventottesima nella classifica dei Paesi destinatari del nostro export di armamenti, siamo passati a 52,5 milioni nel 2014, 128,8 milioni nel 2015, 133,4 milioni nel 2016, 266,1 milioni nel 2017 e – come detto – 362,3 milioni nel 2018.

Armi o altro?

Come riporta la relazione presentata al Parlamento, nella categoria “armamenti” vengono in generale inclusi anche strumentazioni che non sono direttamente utilizzabili sui campi di battaglia. Tra questi rientrano – ad esempio – le «corazzature o equipaggiamenti di protezione e costruzione» e le «apparecchiature criogeniche», ovvero le protezioni di una nave o di un mezzo – per un carro armato, le corazzature sono composte di lamiere di acciaio di diverso spessore saldate tra loro per proteggere l’equipaggio, l’armamento e il motore – e le apparecchiature che servono a trasportare o utilizzare materiali a bassissime temperature.

Non è quindi detto, in generale, che l’esportazione di armamenti verso un Paese implichi la vendita da parte dell’Italia di armi da utilizzare direttamente in conflitto.

Non è però questo il caso della Turchia. Tra le categorie di armamenti esportati dalle aziende italiane verso il Paese anatolico si trovano infatti anche «bombe, siluri, razzi, missili ed accessori», «armi o sistemi d’arma di calibro superiore a 12,7 m» e «munizioni».

Autorizzazioni e armi consegnate

Come ci ha spiegato Francesco Vignarca, della Rete Italiana per il Disarmo, non tutto l’export di armi autorizzato tuttavia si concretizza. Ad esempio nel 2018, a fronte di 5,2 miliardi di euro circa di autorizzazioni verso tutti i Paesi, il consegnato – e quindi fatturato – ammonta a circa 2,5 miliardi di euro, meno della metà.

Per quanto riguarda in particolare la Turchia, negli ultimi quattro anni sono stati consegnati – secondi i dati riportati da Rete Italiana per il Disarmo, che ogni anno analizza nel dettaglio la relazione del governo al Parlamento sull’import/export di armi – 463 milioni di euro di armamenti sui circa 890 milioni di euro di armamenti autorizzati (il 52 per cento).

Dei 463 milioni citati, 162,6 milioni di euro di armi sono stati consegnati nel solo 2018. Rispetto ai 2,5 miliardi circa di armi consegnate in totale l’anno scorso, la quota della Turchia è dunque pari al 6,5 per cento.

La Turchia risulta essere, considerando il consegnato, la quarta destinazione delle armi italiane nel 2018, dietro a Germania, Regno Unito e Pakistan.

Il verdetto

Dai documenti ufficiali, la Turchia risulta essere stata nel 2018 il terzo Paese per importazione di armamenti la cui esportazione è stata autorizzata dall’Italia e il quarto per armamenti effettivamente consegnati.

La vendita di armi ad Ankara è cresciuta parecchio negli ultimi anni: dal 2013 al 2018 le autorizzazioni sono aumentate di più di 30 volte.

È però vero che, sul totale dell’export di armi italiano, Ankara nel 2018 abbia pesato per il 7,6 per cento circa le autorizzazioni e per il 6,5 per cento circa le effettive consegne. Una quota superiore al “nulla” di cui parla Crosetto ma comunque piuttosto ridotta. Per Crosetto nel complesso un “Nì”.