Il 30 settembre 2019, l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha scritto un tweet in cui caldeggia l’estensione del diritto di voto ai sedicenni. L’obiettivo è quello di arginare «la sottorappresentazione dei giovani nella nostra società». Nel tweet, Letta scrive che nel dopoguerra i sedicenni erano il doppio delle persone «over 65», mentre oggi sono quasi la metà.

Andiamo a verificare.

Il contesto

La dichiarazione dell’ex premier Letta è una risposta su Twitter a un altro ex premier, il senatore Mario Monti che, commentando un’intervista del 29 settembre che lo stesso Enrico Letta aveva rilasciato a Repubblica, si era invece dichiarato contrario all’estensione del voto.

Nell’intervista con Repubblica, Enrico Letta esortava il governo a fare una riforma costituzionale che nel giro di un anno dia la possibilità ai sedicenni di votare: in questa maniera sarebbe possibile dare maggiore potere alle nuove generazioni.

Due epoche a confronto

Del tema ci eravamo occupati già nel 2016, a proposito dei Paesi nel mondo in cui i sedicenni hanno diritto di voto.

Non è chiaro, dal testo del tweet, che cosa intenda Enrico Letta per “giovani”. Abbiamo quindi preso in considerazione la fascia d’età che va da zero a 16 anni. I dati che abbiamo preso in considerazione vanno dal 1952 – il primo anno di cui sono disponibili statistiche Istat sull’età della popolazione – al 2019.

Secondo le statistiche Istat, nel secondo dopoguerra – i primi dati che abbiamo a disposizione sono appunto quelli relativi al 1952 – i giovani entro i sedici anni presenti in Italia erano circa 14 milioni (14.029.450 per la precisione). Di questi, poi, i sedicenni erano quasi 830 mila (827.650). Nello stesso anno, gli over 65 – e cioè quelle persone che avevano dai 65 anni in su, includendo gli ultracentenari – erano circa 3 milioni e 900mila (3.897.673).

Nel 1952, quindi, il numero dei giovani erano circa tre volte e mezzo rispetto a quello degli over 65: molti di più del doppio citato da Letta. Se poi conteggiassimo anche i diciassettenni e i diciottenni, il rapporto sarebbe anche maggiore.

Tempi moderni

Ancora secondo i dati Istat, nel 2019 i giovani con un’età compresa tra gli zero e i 16 anni presenti sul territorio italiano sono poco meno di 8 milioni (7.854.045). Tra questi, i sedicenni sono 568.910.

Per quanto riguarda invece gli over 65, si calcola che nel 2019 il totale delle persone con un’età dai 65 anni in su in Italia è di 13.783.580 persone. Lo scarto tra i 7,8 milioni di giovani e i 13,7 milioni di over 65 è quindi di quasi 6 milioni di persone: gli anziani non sono il doppio dei giovani, ma quasi. Anche in questo caso, se conteggiassimo anche i diciassettenni e i diciottenni l’errore di Letta sarebbe più marcato.

Riassumendo…

In sintesi possiamo dire che nel 1952 i “giovani” erano 14 milioni circa e gli “anziani” 3,9 milioni scarsi. Nel 2019 invece ci sono 7,8 milioni scarsi di “giovani” e quasi 13,8 milioni di “anziani”. Nel complesso si può dire che, rispetto al secondo dopoguerra, l’Italia abbia “perso” più di 6 milioni di giovani e “guadagnato” circa 10 milioni di anziani.

Il verdetto

L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha dichiarato che, nell’immediato dopoguerra, i sedicenni erano il doppio rispetto alle persone «over 65», mentre oggi sono quasi la metà. Le proporzioni sono in realtà ancora più sbilanciate.

Nel 1952 il numero dei giovani era circa tre volte e mezzo in più rispetto a quello degli over 65 (14 milioni di giovani rispetto a 3 milioni e 900 mila “anziani”), e non il doppio. Per quanto riguarda poi il periodo attuale, i giovani sono in realtà un po’ più della metà (il 57 per cento) rispetto agli over 65 (7.854.045 giovani rispetto alle 13.783.580 persone sopra i 65 anni). Per l’ex premier quindi un “C’eri quasi”.