Beppe Grillo sostiene già da tempo la necessità di allargare la platea degli elettori, abbassando l’età minima legale per votare da 18 a 16 anni. In un post recente sul suo blog ha portato diverse argomentazioni, tra cui il fatto che alcuni Paesi lo permettono già oggi. Avrà citato quelli giusti?



I Paesi dove si vota a 16 anni



Sei Stati del mondo permettono ai sedicenni di votare, secondo il CIA World Factbook, questa scheda del gennaio 2011 a cura del Danish Youth Council (prima che l’ampliamento dei votanti fosse approvato in Argentina) e un articolo del giugno scorso della sezione Datablog del Guardian. In molti casi si tratta di un ampliamento avvenuto nell’ultimo decennio. Qui considereremo quelli in cui si può votare alle elezioni del parlamento o di altri organi rappresentativi nazionali, e non i molti Paesi in cui i sedicenni sono elettori nelle elezioni locali.



In Austria il voto ai sedicenni attualmente in vigore è stato introdotto nel 2007 da un governo di grande coalizione conservatori-socialdemocratici, dopo molte discussioni. La prima elezione in cui il diritto è stato esercitato è avvenuta nel settembre del 2008 (quando quel governo è caduto). L’Austria è stato il primo Paese dell’Unione Europea – e finora l’unico – ad abbassare l’età minima legale per il voto. Vale la pena ricordare che l’età minima per candidarsi alle cariche pubbliche, in Austria, è rimasta a 18 anni.



In Argentina l’età minima per votare è stata abbassata a 16 anni alla fine del 2012, ma per i sedici e diciassettenni – come per i maggiori di 70 anni – il voto è opzionale e non obbligatorio (chi non vota in Argentina può incorrere in una multa).



In Brasile la Costituzione del 1988 ha abbassato l’età del voto a 16 anni ma, come precisa l’art. 14, il voto è obbligatorio solo tra i 18 e i 70 anni (come nel caso dell’Argentina).



Anche in Ecuador è facoltativo il voto per chi ha 16 e 17 anni, mentre è obbligatorio tra i 18 e i 65, secondo quanto stabilisce l’articolo 63 della Costituzione del 2008. A Cuba si può votare a partire dai 16 anni d’età, fin dalla Costituzione del 1976, e il voto per i sedicenni è previsto anche dalla legge elettorale del Nicaragua (è stato introdotto nella Costituzione del 1984).







In diversi Paesi, in particolare dell’Est Europa, il matrimonio tra i 16 e i 18 anni o l’avere un lavoro permette ad un cittadino di entrare nella maggiore età “in anticipo” e di godere quindi dei pieni diritti civili e politici, incluso quello del voto. Ciò avviene in particolare in Ungheria e nelle Filippine (matrimonio), in Bosnia, Croazia, Slovenia e Serbia (se occupato).



Cinque Paesi prevedono il voto a 17 anni: Timor Est, Etiopia, Indonesia, Corea del Nord e Sudan.



Le elezioni locali



Ci sono poi alcuni casi di territori che non sono del tutto indipendenti ma che godono comunque dell’autogoverno, in particolare tre possedimenti della Corona britannica. Nell’Isola di Man, una legge che ha abbassato l’età minima del voto a 18 anni è stata approvata nel 2008 (l’isola è una dipendenza della Corona britannica posta tra Gran Bretagna e Irlanda, che gode di autogoverno). L’anno precedente lo stesso provvedimento era stato preso nell’isola di Jersey, un’altra dipendenza della Corona nel Canale della Manica. Anche la vicina isola di Guernsey, che gode di un simile status di autogoverno, prese la decisione di abbassare l’età minima per votare a 16 anni alla fine del 2007.



In altri Paesi, il voto a 16 anni è garantito in alcune elezioni locali: nel Cantone di Glarona in Svizzera (dal 2007, lo stesso anno della sua introduzione in Austria), in via sperimentale in alcune zone della Norvegia, in una decina di Länder tedeschi a partire dal 1996, quando aprì la strada il Land della Bassa Sassonia. In Scozia i sedicenni hanno votato per la prima volta in occasione del fallito referendum pro-indipendenza del 2014.



Il verdetto



Beppe Grillo cita correttamente i diversi esempi dei Paesi che permettono il voto ai sedicenni, anche se sarebbe forse generoso qualificarli come “molti”: sono cinque Paesi più uno (Cuba) a partito unico, più una serie di piccoli territori autonomi e diversi casi di elezioni locali. Ad ogni modo, la lista è corretta – dimenticandosi solo il Nicaragua, tra gli Stati indipendenti – quindi “Vero” per il fondatore del Movimento 5 Stelle.