Il 2 settembre, ospite a L’aria che tira su La7, il viceministro dello Sviluppo economico Dario Galli (Lega) ha detto (min. 2:20) che «paghiamo la residenza in albergo a 3-4 milioni di persone che arrivano da altri Paesi».

Ma già qualcosa non torna subito da questa dichiarazione. Secondo i dati Istat (aggiornati al 2018), in Italia i posti letto negli alberghi sono circa 2 milioni e 300 mila: decisamente non abbastanza per accogliere la quantità di migranti citata da Galli.

Il viceministro ha dunque detto una “Panzana pazzesca”, ma vediamo nel dettaglio i suoi errori.

La questione degli alberghi

Semplificando, il sistema di accoglienza dei migranti in Italia funziona su due livelli.

Per prima cosa, quando un migrante arriva nel nostro Paese riceve assistenza nelle aree hotspot. Qui vengono eseguite le pratiche di identificazione e lo screening sanitario, al termine del quale si può fare richiesta d’asilo.

A questo punto i richiedenti vengono trasferiti nei centri di prima accoglienza oppure in strutture temporanee.

Quest’ultime sono i centri generalmente chiamati di “accoglienza straordinaria” (i cosiddetti ex Cas). Sono strutture che, dopo procedure di affidamento con un contratto pubblico regolate dalle prefetture, vengono adibite all’accoglienza in convenzione con cooperative, associazioni, albergatori e soggetti privati.

Come spiega l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) nel suo approfondimento sui luoghi comuni circa l’accoglienza dei migranti, «è vero che alcune volte i rifugiati sono ospitati in alberghi e pensioni, ma si tratta di situazioni eccezionali e non certo lussuose».

«Nella maggior parte dei casi – ha raccontato poi Il Post in un lungo reportage del 2016 – si tratta di strutture completamente riadattate che non assomigliano se non nella forma esterna a un hotel».

Dopo la prima accoglienza, i migranti transitano nella cosiddetta “seconda accoglienza”, che fino a fine 2018 era costituita dal sistema Sprar: una rete di comuni che, utilizzando apposite risorse, fornivano vitto, alloggio e percorsi di integrazione agli aventi diritto all’asilo.

Lo Sprar è stato sostituito con il decreto Sicurezza dal sistema Siproimi, che ne mantiene in sostanza le stesse caratteristiche.

I numeri dell’accoglienza

Il 15 agosto 2019, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha presentato il tradizionale dossier del Viminale, dove si legge che al 31 luglio 2019 i migranti nelle strutture d’accoglienza italiane erano 105.142 (-34 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso).

Sempre a Ferragosto, però, il Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione – del Ministero dell’Interno – ha pubblicato dati ancora più aggiornati, secondo cui a quella data i migranti nell’accoglienza erano 102.402. Cioè 40 volte in meno del numero citato da Galli.

Di questi, 142 persone erano presenti negli hotspot, 77.128 nei centri di accoglienza e 25.132 negli alloggi messi a disposizione dal sistema Siproimi.

Il verdetto

Secondo il viceministro allo Sviluppo economico Galli, l’Italia paga la residenza in albergo a 3-4 milioni di migranti. Ma questo è falso, e non di poco.

Innanzitutto, la cifra citata da Galli è sbagliata di 30-40 volte: al 15 agosto 2019, il sistema di accoglienza italiano si occupava di circa 102.400 persone (in calo rispetto all’anno scorso), non di 3-4 milioni.

In secondo luogo, sarebbe sbagliato anche dire che questi 100 mila migranti stanno tutti in hotel. Dei 77 mila migranti (non 100 mila) che si trovano in centri di accoglienza, solo una parte sta in quelli di “accoglienza straordinaria”, e di questa parte è una esigua minoranza quella che viene ospitata in alberghi.

Oltretutto queste strutture dedicate all’accoglienza straordinaria – che ricevono dalla prefettura il compito di far fronte alla carenza di posti nei centri ordinari con una procedura di affidamento pubblica – vengono adattate e adibite appositamente per l’accoglienza di migranti, e non di turisti in vacanza.

In conclusione, Galli si merita una “Panzana pazzesca”.