Il 29 agosto 2019, il segretario del Partito democratico Nicola Zingaretti ha scritto su Facebook che «con i risultati dell’asta dei titoli di Stato di stamattina risparmieremo 300 milioni di euro di interessi», anche grazie al nuovo governo Pd-M5s.

Secondo Zingaretti, questi soldi «ora andranno nelle tasche degli italiani».

Ma è davvero così? Abbiamo verificato e il ragionamento di Zingaretti, seppur citando dati corretti, ha qualche problema.

Di che cosa stiamo parlando

Per rifinanziare il debito pubblico del Paese, il Ministero dell’Economia e delle Finanze emette titoli di Stato che periodicamente vengono venduti sul mercato primario – dove operano investitori abilitati, come banche e fondi d’investimento. Questi titoli possono avere una scadenza variabile, da pochi mesi a diversi anni.

L’acquisto di queste obbligazioni avviene tramite aste pubbliche, dove il prezzo del titolo, e di conseguenza il suo tasso d’interesse, dipende dalla differenza tra la domanda e l’offerta.

In sostanza, più è alto il numero di titoli richiesto dal mercato, minori saranno i tassi di interesse che lo Stato dovrà garantire agli investitori per farsi prestare del denaro.

Le aste del 29 agosto

Il 29 agosto 2019 – giorno della dichiarazione di Zingaretti – il Dipartimento del Tesoro ha comunicato sul suo sito i risultati di tre aste per altrettante tipologie di titoli a medio-lungo termine: i Buoni del tesoro poliennali (Btp) con scadenza a 10 e 5 anni e i Certificati di Credito del Tesoro indicizzati all’Euribor (CCTeu).

Prendiamo in considerazione solo i Btp, dal momento che i CCTeu – indicizzati all’Euribor, un particolare indice europeo – hanno un tasso variabile nel tempo.

Btp a 10 anni

A fine agosto, il Mef è riuscito a collocare sul mercato Btp a 10 anni per un valore pari a 4 miliardi di euro (a fronte di una domanda pari a circa 5,265 miliardi di euro), con un tasso di rendimento dello 0,96 per cento, 60 punti base in meno rispetto all’1,56 per cento dell’ultima asta di fine luglio 2019. Un mese fa erano stati venduti Btp a 10 anni per un valore pari a 3,250 miliardi di euro.

Un rendimento dello 0,96 per cento – che ricordiamo, è calcolato su base annuale – su 4 miliardi di euro significa che lo Stato nei prossimi 10 anni arriverà a pagare 380 milioni e 400 mila euro di interessi, rispetto ai 620 milioni e 400 mila euro se il tasso fosse rimasto all’1,56 per cento precedente.

Una minor spesa, in sostanza, di 240 milioni di euro.

Btp a 5 anni

I Btp a scadenza quinquennale sono stati collocati per un valore complessivo di 2,250 miliardi di euro (a fronte di una richiesta di quasi 2 miliardi e 900 milioni di euro), con un rendimento dello 0,32 per cento. A fine luglio 2019 questa percentuale era stata più alta di quasi 50 punti base (lo 0,80 per cento).

Sulla base dell’asta di fine agosto, nei prossimi 5 anni lo Stato arriverà così a pagare interessi per un valore totale di 36 milioni di euro; 54 milioni di euro in meno rispetto ai 90 milioni di euro se il tasso fosse rimasto sullo 0,80 per cento.

Se sommiamo la minor spesa per interessi dei Btp a 5 anni con quella dei Btp a 10 anni otteniamo la cifra di 294 milioni di euro, molto vicina ai «300 milioni di euro» citati da Zingaretti.

Il trend degli ultimi mesi

Abbiamo visto che il calo dei rendimenti e, quindi, dei costi per lo Stato menzionato dal segretario del Pd si è effettivamente realizzato.

È però da alcuni mesi che si registra una tendenza positiva per le casse dello Stato italiano. Nelle tre aste dei Btp a 10 anni tra maggio e luglio 2019, per esempio, il rendimento è calato di 104 punti base (2,6 per cento a maggio contro 1,56 per cento a luglio). Questo è avvenuto nonostante in quei mesi fosse in carica il governo Lega e Movimento 5 stelle.

È vero che i tassi sono calati rapidamente (come illustrato dall’andamento dello spread) dopo la caduta dell’esecutivo Conte, ma le ragioni di questo trend non possono essere collegate solamente alle vicende politiche italiane delle ultime settimane.

La tendenza ribassista coinvolge infatti anche altre economie in Europa. Secondo i dati Eurostat sul rendimento dei titoli di Stato a lunga scadenza dei Paesi Ue, una diminuzione generalizzata è iniziata già a ottobre 2018.

Da un parte, è plausibile che la caduta dell’esecutivo Lega-M5s abbia spinto il rendimento dei titoli di Stato italiani a livelli inferiori di quelli precedenti, come ha scritto in un articolo del 30 agosto su lavoce.info Francesco Daveri, professore di macroeconomia all’Università Bocconi di Milano.

Dall’altra, secondo Il Sole 24 Ore e altri commentatori, esistono elementi di portata globale che negli ultimi mesi stanno facendo decrescere i rendimenti globale sui titoli di Stato nel mondo.

Che cosa cambia per le “tasche” degli italiani

Secondo Zingaretti, i 294 milioni di euro “risparmiati” con l’asta dei titoli di Stato del 29 agosto 2019 andranno «nelle tasche degli italiani». Questo ragionamento non è però del tutto convincente.

Da un lato, è vero che lo Stato spenderà nei prossimi 10 anni circa 294 milioni di euro in meno sui titoli venduti il 29 agosto scorso, ma dall’altro non è detto che sulle prossime aste questo risparmio non possa ridursi o persino annullarsi. Il trend al ribasso visto in precedenza potrebbe infatti invertirsi in futuro.

Inoltre, non esiste un automatismo per cui queste risorse ora potranno essere direttamente investite in beni e servizi per i cittadini. Infatti, la minore spesa per interessi realizzata nell’ultima asta dei titoli potrà avere un effetto sul bilancio dello Stato solamente se questo trend al ribasso durerà nel tempo.

Ricordiamo infatti che lo Stato destina ogni anno circa 45 miliardi l’anno per la spesa per interessi. Di conseguenza, se questa tendenza dovesse invertirsi, un risparmio di 294 milioni in 10 anni su una singola asta avrà un impatto trascurabile sul bilancio dello Stato.

Il verdetto

Il segretario del Pd Zingaretti ha detto che anche grazie al nuovo governo con il M5s lo Stato risparmierà subito 300 milioni di euro di interessi sui titoli di Stato, soldi che «ora andranno nelle tasche degli italiani». La cifra citata da Zingaretti è sostanzialmente corretta, stando al collocamento delle aste del 29 agosto.

Zingaretti però è impreciso quando dice che questi soldi ora finiranno in spese per i cittadini. Si tratta di minori spese per interessi in futuro, e non esiste un automatismo per cui queste minori spese potranno essere direttamente investite in beni e servizi per i cittadini.

In conclusione, Zingaretti merita un “Nì”.