Il 24 marzo, durante un comizio della Lega a Treviso, in Veneto, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha detto (min. -21:01) che «con questa legge l’Italia è già oggi il Paese che dà più cittadinanze a cittadini stranieri in tutta Europa, quindi non penso ci sia bisogno di cambiare niente».

Il leader della Lega ha così commentato la possibilità di poter concedere la cittadinanza italiana in anticipo, rispetto a quanto previsto dalla legge, a uno dei ragazzini che ha permesso il salvataggio di 51 adolescenti presi in ostaggio su un autobus a Milano il 20 marzo.

Ma è vero che l’Italia, per merito della legge attuale, è così “generosa”? Che cosa dicono i numeri e come funzionano le norme in Italia rispetto agli altri Paesi? In effetti, l’Italia ha il record delle concessioni di cittadinanza: ma sarebbe sbagliato concludere che questo avvenga perché le nostre leggi in materia siano particolarmente generose. Vediamo perché.

Che cosa dicono i numeri?

Secondo i dati più aggiornati dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), nel 2017 hanno acquisito la cittadinanza italiana 146.605 cittadini stranieri, mentre nel 2016 erano stati 201.591, oltre il 27 per cento in più.

Ogni anno, l’Istat comunica questi dati anche all’Ufficio statistico dell’Unione europea (Eurostat), che permette di fare un confronto con le cifre degli altri Stati membri.

Nel 2017 (ultimo aggiornamento disponibile), l’Italia è stato il Paese Ue che ha concesso più cittadinanze di tutti agli stranieri, seguito dal Regno Unito (123.106), Germania (115.421) e Francia (114.274).

Il nostro Paese ricopre questo primato dal 2015, quando le cittadinanze concesse a stranieri erano state 178.035. Nel 2014 e 2013 il record era invece andato alla Spagna (rispettivamente, 205.880 e 225.793 concessioni), mentre nel 2012 al primo posto c’era il Regno Unito, con 193.884 nuovi cittadini stranieri diventati britannici.

I dati però cambiano – e di molto – se si allarga la prospettiva su un periodo più lungo di tempo.

Dal 2006 al 2017, l’Italia ha infatti concesso un totale di 1.138.120 nuove cittadinanze italiane a cittadini stranieri, partendo da un minimo di 35.266 nel 2006. Negli anni successivi si è registrato un costante aumento, con una flessione tra il 2009 e il 2010 e il 2016 e il 2017.

Altri Paesi Ue hanno però concesso molte più cittadinanze di noi (Grafico 1). Dal 2006 al 2017, la Germania ne ha date 1.317.796 (il 13,6 per cento in più dell’Italia); la Spagna 1.393.999 (il 18,3 per cento in più dell’Italia); la Francia 1.456.978 (il 21,8 per cento in più dell’Italia); e il Regno Unito 1.941.311 (il 41,3 per cento in più dell’Italia).

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Grafico 1. Cittadinanze acquisite dagli stranieri nei principali Paesi Ue dal 2006 al 2017. Fonte: Eurostat

Chi sono i “nuovi italiani”?

Secondo i dati Istat, tra le 146.605 nuove cittadinanze concesse agli stranieri in Italia nel 2017, le due nazioni più rappresentate sono state Albania (27.112) e Marocco (22.645), un primato che queste due nazionalità si sono alternate almeno a partire dal 2012.

Il motivo è presto spiegato: rispetto ad altri Stati europei (come Regno Unito, Francia e Germania) l’Italia è un Paese dove l’immigrazione è cresciuta più tardi, in particolare alla fine degli anni Ottanta. E proprio negli anni Novanta, sia Albania che Marocco sono state le due nazioni con il flusso migratorio più consistente verso l’Italia.

Negli ultimi anni, con la legge attualmente in vigore, sono quindi maturate le condizioni affinché i cittadini albanesi e marocchini hanno potuto ottenere la nostra cittadinanza. Ma queste condizioni sono davvero così generose come lascia intendere Salvini e i dati più recenti? In realtà, non è così.

Come si ottiene la cittadinanza italiana

Ad oggi, la concessione della cittadinanza italiana è regolata dalla legge n. 91 del 5 febbraio 1992. Quindi i dati visti sopra dipendono da una norma approvata quasi trent’anni fa.

Come spiega il Ministero dell’Interno, «la cittadinanza italiana si acquista iure sanguinis, cioè se si nasce o si è adottati da cittadini italiani», mentre per i cittadini stranieri il percorso può prendere strade diverse.

In generale, lo straniero può richiedere la cittadinanza italiana se risiede in Italia da almeno 10 anni e se è in possesso di una serie di requisiti (come dimostrare di avere redditi sufficienti al sostentamento e di non avere particolari precedenti penali). Può inoltre ottenere la cittadinanza italiana anche per matrimonio, sposando qualcuno che ne è già in possesso.

I minori stranieri che sono invece nati in Italia possono ottenere la cittadinanza italiana – su richiesta – solo dopo il diciottesimo anno di età e in seguito a una residenza legale ininterrotta nel nostro Paese, ossia senza periodi momentanei di residenza nel proprio Paese di origine.

Nel 2017 – secondo i dati Istat – oltre 62 mila stranieri (il 42,4 per cento su 146.605) hanno ottenuto la cittadinanza italiana tramite il percorso della “residenza”, mentre circa 22.500 (il 15,3 per cento) grazie a un matrimonio. Inoltre, come mostrano i dati Eurostat, nel 2017 degli oltre nuovi 146.600 italiani ben 135.804 provenivano da Paesi extra-Ue.

Il dibattito sullo ius soli

Nel corso della scorsa legislatura, gli esecutivi a guida Partito democratico hanno provato – senza successo – a modificare le attuali norme in vigore in Italia, proponendo un percorso di riforma della cittadinanza nel nostro Paese (con il disegno di legge n. 2092 del 2015).

Come spiega il sito della Camera, la proposta di riforma «si concentrava sulla questione fondamentale della tutela dell’acquisto della cittadinanza da parte dei minori», introducendo due nuovi criteri per ottenere la cittadinanza italiana.

Da un lato, il cosiddetto ius soli “temperato” avrebbe permesso di diventare automaticamente italiano a un bambino straniero nato in Italia da famiglia con un genitore soggiornante nel nostro Paese da almeno 5 anni.

Dall’altro lato, il cosiddetto ius culturae avrebbe permesso di diventare automaticamente italiano a un minore straniero che, nato in Italia o arrivato entro i 12 anni, avesse superato un ciclo scolastico o frequentato le scuole italiane per almeno 5 anni.

Come funziona nel resto d’Europa

Confrontare i vari sistemi legislativi in tema di cittadinanza non è semplice: ogni Paese ha infatti le sue particolarità che lo rendono più o meno restrittivo a seconda dei criteri imposti per ottenere la propria cittadinanza.

Dal 2009, i ricercatori dell’Osservatorio sulla democrazia dell’Unione europea (European democracy observatory, Eudo – un’organizzazione accademica interdisciplinare e indipendente, nata nel 2006 all’interno dell’Istituto universitario europeo finanziato dall’Ue) hanno però avviato un progetto per comparare a livello europeo e internazionale le varie norme nell’ambito della concessione della cittadinanza.

Dal 2017, questa iniziativa ha preso il nome di Global Citizenship Observatory (Globalcit), che raccoglie diversi report sul tema per i singoli Paesi del mondo. Secondo il Country report pubblicato nel 2010, da anni l’Italia ha una legge sulla cittadinanza (quella del 1992) tra le più restrittive in Europa.

Il Globalcit ha anche, per così dire, “mappato” 27 criteri di assegnazione della cittadinanza in vigore negli Stati europei, confrontandone in una scala con un valore da 0 a 1 la restrittività, dal più severo al meno severo.

Come mostra il database Citizenship Law Indicators – Modes of Acquisition of Citizenship in Europe (qui scaricabile), l’Italia ha quasi tutti gli indicatori analizzati sotto il livello della media europea.

Per esempio, per quanto riguarda la particolare forma di ius soli in vigore nel nostro Paese (se sei nato in Italia da cittadini stranieri, puoi diventare italiano dopo 18 anni di età e a seguito di un periodo di residenza legale ininterrotta), i ricercatori hanno calcolato un valore di restrittività dello 0,23, contro, per esempio, lo 0,73 delle norme presenti in Francia e lo 0,60 di quelle del Regno Unito.

Conclusione

Quando dice che «con questa legge l’Italia è già oggi il Paese che dà più cittadinanze a cittadini stranieri in tutta Europa», Matteo Salvini cita un dato corretto, ma ne suggerisce un’interpretazione discutibile.

Secondo i dati Eurostat, è vero che nel 2017 l’Italia ha dato più cittadinanze agli stranieri rispetto agli altri Paesi europei, ma il ministro dell’Interno esagera il “merito” dell’attuale legge, omettendo di dire almeno due cose.

Da un lato, negli ultimi 10 anni Regno Unito, Spagna, Francia e Germania hanno fatto meglio di noi.

Dall’altro, i recenti “record” del nostro Paese non sono spiegati dalla “generosità” del sistema vigente, ma dal fatto che negli ultimi anni stanno maturando i requisiti per ottenere la cittadinanza italiana soprattutto quegli stranieri – come albanesi e marocchini – che sono arrivati in Italia a partire dagli anni Novanta.

Come documentato da studi comparativi di ricercatori indipendenti che si sono occupati del tema, le norme italiane restano infatti tra le più restrittive rispetto a quelle degli altri grandi Stati membri dell’Ue.

In conclusione, Salvini merita un Nì.