** Aggiornamento, 7 novembre 2018 **



L’analisi, al momento della sua prima pubblicazione, conteneva una inesattezza. Il piano europeo Horizon 2020 prevede che nell’area Ue la spesa in ricerca e sviluppo dovrà essere pari al 3 per cento del PIL entro il 2020 mentre, nello specifico, per il nostro Paese, l’obiettivo complessivo è pari all’1,53 per cento.



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Il presidente della Camera Roberto Fico (M5S), in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico del Politecnico di Milano, ha dichiarato che lo Stato investe troppo poco nella ricerca: guardando alla «percentuale rispetto al Pil» e al confronto con gli altri Paesi europei, l’Italia si troverebbe «molto» al di sotto della media.



Verifichiamo.



Quanto investiamo in ricerca e sviluppo?



Prima di confrontare la realtà italiana e quella degli altri Paesi europei, cerchiamo di capire quanto investe l’Italia nella ricerca e nello sviluppo. I dati consolidati più recenti (pubblicati a settembre 2018) sono quelli messi a disposizione dall’Istat e relativi al 2016.



Il nostro Paese ha speso in ricerca e sviluppo (R&S) una quota del suo Pil pari all’1,38 per cento – circa 23,2 miliardi di euro. Questo dato è in lieve aumento rispetto all’1,34 per cento del 2015. La spesa riportata si riferisce agli investimenti in R&S sostenuti da imprese, istituzioni pubbliche, istituzioni private non profit e università.



La sola quota delle istituzioni pubbliche, presumibilmente quella a cui si riferisce Fico, è pari al 12,6 per cento del totale, circa 2,9 miliardi di euro.



… e nel resto d’Europa?



Gli ultimi dati condivisi da Eurostat e, anche in questo caso, relativi al 2016, sembrano dare ragione a Fico.



Due anni fa, infatti, tra i Paesi che fanno parte dell’Unione europea, la media di investimenti in ricerca e sviluppo è stata pari al 2,03 per cento del Pil (dato provvisorio e condiviso a febbraio 2018), cifra superiore alla percentuale italiana.



Nella tabella Eurostat viene riportato per il nostro Paese un investimento pari all’1,29 per cento. La discrepanza tra questo dato e quello dell’Istat citato sopra (1,38 per cento) è probabilmente dovuta ai diversi periodi di pubblicazione dei dati (febbraio 2018 per Eurostat e settembre 2018 per Istat). In entrambi i casi, comunque, sia che si tratti di dati provvisori sia consolidati, l’Italia è al di sotto della media dei Paesi membri Ue.



La differenza è nell’ordine di mezzo punto percentuale: può sembrare irrisoria, ma stiamo parlando di percentuali relative al Prodotto interno lordo (Pil). Equivalgono quindi a miliardi di euro, e una variazione decimale può già considerarsi significativa (basti pensare che quel 1,38 per cento del Pil italiano del 2016 corrisponde a 23,2 miliardi di euro).



Per investimenti in R&S tra gli Stati membri dell’Unione Europea spiccano la Svezia (3,25 per cento), l’Austria (3,09 per cento), la Germania (2,94 per cento), la Danimarca (2,87 per cento), il Belgio (2,49 per cento) e la Francia (2,25 per cento).



L’“eccezione” italiana



Come viene sottolineato dalla stessa Commissione europea, l’investimento che fanno in R&S questi Paesi è distante da quello italiano. Nella relazione per Paese 2018 pubblicata lo scorso marzo e relativa all’Italia, si rileva infatti il ritardo del nostro Paese rispetto al resto dell’Ue per quanto riguarda la spesa pubblica impegnata nella ricerca.



Lo Stato italiano impegna lo 0,5 per cento del Pil a fronte di una media Ue dello 0,7 per cento. Per di più, tra il 2008 e il 2016, gli investimenti pubblici in R&S sono diminuiti da 10 miliardi a 8,7 miliardi di euro.



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Grafico 1: Percentuale di investimento in ricerca e sviluppo rispetto al Pil – Fonte: Eurostat



Perché questo ritardo?



L’Italia non solo si mantiene al di sotto della media degli Stati membri per investimenti in R&S, ma è anche lontana dagli obiettivi fissati dall’Unione europea stessa.



Nel 2014 è nato, per iniziativa dell’Ue, Horizon 2020. Il programma è il principale strumento con cui l’Unione finanzia e supporta ricerca e innovazione. Durante i sette anni di attività vengono messi a disposizione finanziamenti europei per una cifra totale pari a quasi 80 miliardi di euro a cui si aggiungono, poi, investimenti privati e pubblici nazionali.



L’obiettivo è quello di creare 3,7 milioni di posti di lavoro complessivi e realizzare un aumento annuo del Pil di circa 800 miliardi di euro. Come viene riportato dall’Ue, «i Paesi dell’Ue dovranno investire, da qui al 2020, il 3 per cento del Pil in R&S (1 per cento di finanziamenti pubblici, 2 per cento di investimenti privati». In media, quindi, nell’area Ue la spesa in R&S dovrà essere pari al 3 per cento del PIL entro il 2020. Per il nostro Paese l’obiettivo complessivo è dell’1,53 per cento.



L’Italia, dunque, è in ritardo rispetto al percorso di crescita da portare a termine entro la data stabilita.



Il rapporto dell’Osservatorio sulla Ricerca e l’Innovazione della Commissione Europea individua alcune cause del ritardo italiano: la bassa intensità di R&S delle piccole e micro imprese, che rappresentano la maggior parte del tessuto imprenditoriale italiano ma che operano in una realtà generale sfavorevole (ad esempio per le condizioni di prestito restrittive); i tagli di bilancio che hanno interessato la spesa per la ricerca e lo sviluppo; la riduzione del personale universitario; le forti disparità economiche tra il Nord e il Sud del Paese.



Il verdetto



Roberto Fico ha dichiarato che la percentuale di Pil che lo Stato italiano destina agli investimenti in ricerca, se messa a confronto con i valori degli altri Paesi Europei, è molto al di sotto della media.



Gli ultimi dati disponibili condivisi dall’Istat e relativi al 2016 sottolineano come l’Italia investa l’1,38 per cento del proprio Pil in ricerca e sviluppo, a fronte di una media dei Paesi membri Ue del 2,04 per cento. Non è chiaro se l’esponente del Movimento Cinque Stelle volesse riferirsi alla spesa complessiva italiana in R&S o alla sola quota delle istituzioni pubbliche. Ad ogni modo, la percentuale degli investimenti statali in R&S è pari allo 0,5 per cento del Pil, mentre la media Ue si attesta sullo 0,7 per cento. Quindi, anche in questo caso, la media Ue supera quella italiana. Inoltre, il nostro Paese è in ritardo sull’obiettivo del 1,53 per cento di Pil investito in ricerca e sviluppo previsto dal programma europeo Horizon 2020.



Roberto Fico merita dunque un “Vero”.