Giovanni Paglia, esponente di Liberi e Uguali, ha mosso una critica nei confronti della cosiddetta “manovra del popolo”, ossia la manovra economica approvata dall’attuale governo.



Secondo l’ex deputato (eletto nel 2013 nelle liste di Sel), il Documento di economia e finanza (Def) prevede 15 miliardi di privatizzazioni per i prossimi tre anni. Una «svendita», a parere di Paglia, che ammonterebbe ad almeno il 30% di tutto ciò che lo Stato possiede nei settori energetici, ferroviari, bancari, postali, cantieristici, degli armamenti e delle telecomunicazioni.



Verifichiamo.



L’entità delle privatizzazioni



La Nota di aggiornamento al DEF 2018 prevede in effetti, per il triennio 2018-2020, operazioni di privatizzazione annue per lo 0,3% del Prodotto Interno Lordo (Pil). Allo stesso tempo, il governo stima il valore del PIL in 1.767,6 miliardi di euro nel 2018, in 1.816,1 miliardi nel 2019 e, infine, in 1.866,7 miliardi nel 2020.



Se le previsioni sul valore del Pil si rivelassero corrette, le privatizzazioni ammonterebbero dunque a 5,3 miliardi nel 2018, 5,4 miliardi nel 2019 e 5,6 miliardi nel 2020, per un totale di circa 16 miliardi. Il totale delle privatizzazioni è quindi molto vicino al dato citato da Paglia.



Le partecipazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze




Come è chiaro dal sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), le privatizzazioni riguardano la cessione di quote di partecipazione in società che lo Stato controlla totalmente o in parte.



A quanto ammontano queste partecipazioni oggi?






Il Dipartimento del Tesoro pubblica (e aggiorna costantemente) l’elenco delle partecipazioni detenute dal Mef. Queste si dividono in due gruppi: le società quotate in borsa e le società non quotate.



Tra le società quotate, il Mef detiene direttamente il 68,25% di Monte dei Paschi di Siena, il 4,34% di Eni, il 30,20% di Leonardo, il 29,26% di Poste Italiane, il 53,28% di Enav e il 23,58% di Enel.






Figura 1: Le quote di partecipazione diretta del Mef in società quotate e non quotate in borsa – Fonte: Ministero delle Finanze, Dipartimento del Tesoro




Le società (quotate o non quotate in borsa) che vedono una partecipazione del Ministero dell’Economia sono attive in diversi settori, tra cui quelli citati da Giovanni Paglia: il settore energetico per ENI e ENEL, quello ferroviario per Ferrovie dello Stato, il settore bancario e postale per Poste Italiane e Monte dei Paschi, quello degli armamenti per Leonardo, delle telecomunicazioni per Sogei e il settore cantieristico per Ram-Rete Autostrade.



Se consideriamo il valore delle azioni di ciascuna società al 10 ottobre 2018 e lo moltiplichiamo per il numero di azioni detenute dal Mef, otteniamo un valore pari a circa 20 miliardi di euro*.



A queste si aggiungono le quote di queste società detenute indirettamente tramite il controllo del Ministero su Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), che corrispondono a un valore di mercato pari a 14,34 miliardi di euro**: il totale tra controllo diretto e indiretto è di 34,34 miliardi circa.



A prima vista sembrerebbe dunque che i 15 miliardi (in realtà 16) di privatizzazioni citati da Paglia costituiscano in effetti più del 30% di ciò che possiede lo Stato. Ma il patrimonio dello Stato in questo campo non può essere semplicemente fatto coincidere con l’ammontare del valore delle quote azionarie detenute dal Mef.



Le società non quotate in borsa



Le cifre non tengono infatti conto delle quote detenute dal Ministero in società non quotate sui mercati azionari, che costituiscono una parte ingente del patrimonio dello Stato.



Se una società come Trenitalia, ad esempio, venisse quotata in borsa – come era stato annunciato inizialmente dall’allora ministro Delrio, ma successivamente smentito dall’attuale ministro Toninelli – è facile prevedere che avrebbe un valore di numerosi miliardi di euro.



Il valore delle quote di società azionarie detenute dal Ministero delle Finanze aumenterebbe quindi ben oltre i 34,4 miliardi citati in precedenza.



Cassa Depositi e Prestiti



Come già accennato, il Mef detiene inoltre l’82,77% di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), una società con un attivo di circa 367 miliardi di euro al 30 giugno 2018 e un utile netto di circa 24 miliardi di euro.



Questo ente viene classificato ufficialmente come “istituto nazionale di promozione”. Ciò gli permette di non essere compreso tra gli enti propri dell’amministrazione pubblica, e quindi di non dover sottostare agli stessi vincoli di bilancio incombenti sugli organi dello Stato.



È per questa ragione che, in passato, il Ministero ha trasferito una parte delle azioni di società quotate che deteneva a Cdp – ad esempio, come avvenuto nel 2011 con Sace, Simest e Fintecna. Alcuni commentatori prevedono (e si ipotizzava uno scenario simile anche nell’aprile 2017) che una mossa di questo tipo potrebbe essere adottata in futuro per arrivare a quei 16 miliardi di privatizzazioni menzionati in precedenza.



Un’operazione che avrebbe però ben poco della privatizzazione, essendo Cdp controllata per più del 80% dallo stesso Mef. Sarebbe più simile a un passaggio di proprietà tra enti comunque statali.



Il verdetto



L’esponente di Liberi e Uguali Giovanni Paglia ha dichiarato che la manovra economica varata dal governo attuale, prevedendo un piano di 15 miliardi di privatizzazioni in tre anni, comporterà la svendita di almeno il 30% del patrimonio dello Stato.



La dichiarazione è però corretta solo per le cifre. Da una parte è vero che il Def 2018 prevede un piano di privatizzazioni per un totale di 16 miliardi di euro per i prossimi tre anni. Dall’altra, affermare che queste privatizzazioni corrispondano alla vendita di più del 30% di tutto ciò che possiede lo Stato è errato. Tra società quotate e non, il patrimonio dello Stato ammonta a valori ben più alti di quelli riportati.



Inoltre, se il Mef decidesse di cedere a Cdp parte delle azioni detenute di società quotate in borsa, sarebbe comunque difficile catalogare queste operazioni come privatizzazioni. Queste decisioni di vendita risulterebbero infatti più un escamotage finanziario che un vero e proprio trasferimento di proprietà ai privati, modificando ben poco in termini di patrimonio dello Stato. L’interpretazione dei numeri è insomma fuorviante e Giovanni Paglia si merita quindi un “Nì”.





* Per Eni sono 157.552.137 azioni controllate dal Mef che al prezzo di 16,35€ cadauna fanno un totale di circa 2,576 miliardi di euro.

Per Monte dei Paschi di Siena sono il 68,247% di 1.140.290.072 azioni pari a 778.213.765 azioni, per un valore di circa 1,497 miliardi di euro se valutate al prezzo di 1,924 € cada una.

Per Enav sono il 53,28% di 541.744.385 azioni per un totale di circa 288.641.408 detenute dal Mef. Al prezzo di 4€ ad azione fanno circa 1,155 miliardi di euro.

Per Leonardo sono il 30,204% di 578.150.395 azioni per un totale di circa 174.624.545 azioni detenute dal Mef. Al prezzo di 10,13€ ad azione fanno circa 1,769 miliardi di euro.

Per Poste Italiane sono il 29,26% di 1.306.110.000 azioni, per un totale di circa 382.167.786 azioni. Al prezzo di 6,49€ fanno circa 2,480 miliardi di euro.

Per Enel sono il 23,58% di 10.166.679.946 azioni, per un totale di circa 2.397.303.131 azioni detenute dal Mef. Al valore di 4.413 € ad azione fanno circa 10,579 miliardi di euro.



** Cdp detiene 936.179.478 di azioni Eni e circa 457.138.500 azioni di Poste Italiane (il 35% di 1.306.110.000 azioni). Utilizzando la metodologia adottata dal professor Stefano Caselli – prorettore dell’Università Bocconi – per calcolare il valore delle quote pubbliche pure, possiamo affermare che il Mef controlli l’82,77% di queste azioni, pari a circa 774.875.753 per Eni e 378.373.536 per Poste Italiane, poiché a tanto ammonta il controllo del Mef su Cdp. Utilizzando i prezzi delle azioni applicati in precedenza si ha dunque che il valore di queste azioni è pari a 1,670 miliardi di euro per Poste Italiane e 12,670 miliardi per Eni, per un totale di approssimativamente 14,34 miliardi di euro.



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2018-10-12 08:39:53 UTC
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«La “manovra del popolo” prevede 15 miliardi di privatizzazioni in 3 anni. Significa praticamente svendere almeno il 30% di tutto ciò che lo Stato possiede: energia, ferrovie, banche e poste, cantieristica, armamenti, telecomunicazioni».
Giovanni Paglia
Liberi e Uguali
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domenica 7 ottobre 2018
2018-10-07