Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, ospite di Giovanni Floris a DiMartedì su La7, ha espresso l’intenzione – che, secondo gli annunci, dovrebbe concretizzarsi in un decreto – di impedire l’accoglimento della domanda di asilo dei richiedenti che commettono reati in Italia, come, negli esempi del vicepresidente del Consiglio, «picchiare un poliziotto» o «scippare un’anziana».
Per sostenere le sue ragioni, Salvini ha anche detto che alcuni Paesi – in particolare il Canada – revocano la cittadinanza agli ex stranieri che hanno commesso un certo tipo di reati, per poi rimpatriarli. Una misura ancor più drastica di quella che pare stia per introdurre il segretario della Lega.
Ma è vero che nel Paese nordamericano esiste una norma simile? No, e ancora meno dall’anno scorso. Vediamo meglio i dettagli.
Come funzionano le norme sul tema in Canada?
Fino al 2017, in base alla legge denominata Citizenship Act (sottosezioni 10(1) e 10.1.(1)), il cittadino straniero che avesse ottenuto la cittadinanza canadese poteva perderla per due motivi.
Il primo aveva a che fare con la procedura di rilascio della cittadinanza: se questa era stata viziata da false dichiarazioni del richiedente, da frode o dall’aver nascosto alcune informazioni cruciali, allora si poteva annullarne l’esito e revocare la cittadinanza concessa.
Il secondo ordine di motivi riguardava invece determinati comportamenti del cittadino e solo un certo gruppo di cittadini. In questo caso, si poteva privare della cittadinanza solamente chi aveva una doppia cittadinanza – canadese e straniera. Insomma, il cittadino straniero che avesse ottenuto la cittadinanza del paese nordamericano e non ne avesse avuto un’altra ufficialmente, non poteva subirne la revoca.
I comportamenti sanzionati erano (sottosezioni 10(2) e 10.1.(2)): terrorismo, alto tradimento, tradimento e spionaggio, a seconda della sentenza del giudice; oppure l’aver servito in un esercito straniero o in una milizia armata, se il Paese straniero o la milizia erano impegnati in un conflitto armato con il Canada.
Si trattava quindi di casi particolarissimi, come il terrorismo, e di altri che in sostanza includevano il tradimento del Paese o l’aver combattuto contro di esso: nessun reato comune come lo scippo o lesioni a un pubblico ufficiale.
Che cosa ha cambiato la riforma del 2017?
Nel 2017, tuttavia, questa norma è stata modificata dal ministro dell’Immigrazione Ahmed Hussen, membro del governo del primo ministro Justin Trudeau.
Non è stato toccato il primo gruppo di motivi per cui si può perdere la cittadinanza – quello che riguarda eventuali comportamenti scorretti che hanno viziato la procedura di rilascio della cittadinanza – mentre è stato integralmente eliminato il secondo gruppo.
Come risulta dall’attuale Citizenship Act, le sottosezioni 10(2) e 10.1.(2) sono infatti state abrogate, e non c’è alcun riferimento alla possibilità di rimpatriare nel suo Paese di origine un cittadino straniero che ha perso la cittadinanza canadese. Salvini ha dunque torto.
Che cosa prevede la legge italiana?
Anche in Italia è prevista, in alcuni casi la possibilità, di perdere la cittadinanza.
La disciplina vigente è la legge n. 91 del 1992, che indica come un cittadino italiano può perdere automaticamente la cittadinanza italiana. Per esempio, secondo l’articolo 12, comma 2, il cittadino italiano che si arruola volontariamente nell’esercito di uno Stato straniero o accetta un incarico pubblico presso uno Stato estero nonostante gli venga espressamente vietato dal governo italiano perde in automatico la cittadinanza.
In un secondo gruppo di casi, si può perdere la cittadinanza italiana a condizione che vi si rinunci formalmente. Per esempio (art. 11, legge 91/92), questo avviene per un cittadino italiano che stabilisce la propria residenza all’estero e acquista un’altra cittadinanza, non volendo più mantenere quella del suo Paese di origine.
In realtà, da anni in Italia esiste un dibattito sul tema della revocabilità della cittadinanza e su numerose sentenze dei Tribunali amministrativi regionali – in particolare quello del Lazio – che hanno confermato la definitività dei decreti di concessione della cittadinanza.
Effettivamente, però, la revoca della cittadinanza concessa a uno straniero coinvolto in atti di terrorismo può sembrare uno strumento in più nelle mani dello Stato per contrastare certi fenomeni criminali. E questo avviene in alcuni Paesi Ue, ma limitatamente ai foreign fighters che vanno a combattere all’estero.
Inoltre, il tema diventa più articolato se si prende in considerazione anche quello che dice la nostra Costituzione. L’articolo 22, infatti, specifica che «nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome». Questa formulazione da un lato non esclude la privazione della cittadinanza per altri motivi che non siano “politici”, ma dall’altro lato evidenzia che la revoca della cittadinanza non sembra uno strumento necessario per far valere l’autorità dello Stato nei confronti di chi commette un reato.
Conclusione
In passato, il ministro dell’Interno Matteo Salvini aveva evidenziato – sebbene con alcune imprecisioni – la reale difficoltà in Italia di rimpatriare i richiedenti asilo che commettono reati in territorio italiano dopo aver fatto la domanda di protezione internazionale.
Salvini sbaglia invece nel sostenere che Paesi come il Canada arrivino addirittura a revocare la cittadinanza e a rimpatriare i cittadini stranieri che commettono certi tipi di reati.
Nello Stato nordamericano, infatti, questa revoca viene messa in atto solo se ci sono stati vizi di forma o frodi per ottenere la cittadinanza. In passato (la legge è stata modificata nel 2017), la revoca poteva avvenire solo in casi molto particolari – per esempio, se il cittadino era stato coinvolto in atti di alto tradimento e terrorismo – e non per reati più comuni come gli scippi.
Per Salvini, dunque, il verdetto è “Panzana pazzesca”.
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7 dicembre 2024
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