Maurizio Martina, in una relazione in assemblea del Partito Democratico, ha affermato che è cruciale oggi cominciare a rispondere alle esigenze delle madri single italiane, la metà delle quali oggi è a rischio di povertà, e la cui vita familiare e lavorativa è peggiore rispetto a quella delle madri in coppia. Abbiamo verificato.



Il numero di madri single



Martina riporta i numeri corretti. In base al rapporto Istat “Madri sole con figli minori” pubblicato il 19 aprile 2018, risulta che nel 2015-16 sono quasi 900 mila, precisamente 893 mila, le madri single, che rappresentano l’86,4% dei nuclei monogenitore. Il numero è raddoppiato rispetto al 1983, quando si contavano 402 mila madri single. Molto più contenuto il numero dei padri soli: 141 mila nel 2015-2016 contro i 66 mila del 1983. Di queste madri single del 2016, il 57,6% è separata o divorziata, il 34,6% è nubile e il 7,9% è vedova.



In totale, nel 2015-2016, sono un milione e 215 mila i bambini fino a 17 anni che vivono solo con la madre, pari al 12,1% dei minori. Una quota che è molto cresciuta rispetto al 1995-1996, quando si attestava al 5,3% (per un totale di 558 mila bambini).



Il rischio povertà



Se non proprio la metà, il 42% di queste madri vive oggi con i propri figli in condizioni a rischio di povertà o di esclusione sociale, e nel Mezzogiorno questa percentuale tocca il 58%, cioè quasi sei madri single su dieci. Per fare un paragone, fra le madri in coppia, “solo” il 29,3% è a rischio povertà o esclusione sociale. Sperimenta cioè almeno una delle seguenti condizioni: rischio di povertà, grave deprivazione materiale e/o bassa intensità di lavoro.






Sempre in base a quanto riporta l’Istat, in particolare una madre single su tre è a rischio povertà, cioè di impossibilità di acquistare i beni primari (lo è il 23,5% delle madri in coppia), e il 16,3% è a rischio di grave deprivazione materiale.



Quando si parla di “grave deprivazione materiale” si intende un indicatore europeo che misura la percentuale di persone in famiglie che registrano almeno quattro segnali di deprivazione materiale, sui nove indicati di seguito:



1. essere in arretrato nel pagamento di bollette, affitto, mutuo o altro tipo di prestito;

2. non poter riscaldare adeguatamente l’abitazione;

3. non poter sostenere spese impreviste di 800 euro (l’importo di riferimento per le spese impreviste è pari a circa 1/12 del valore della soglia di povertà annuale calcolata nel 2014, il cui valore era pari a 9,455 euro);

4. non potersi permettere un pasto adeguato almeno una volta ogni due giorni, cioè con proteine della carne, del pesce o equivalente vegetariano;

5. non potersi permettere una settimana di vacanza all’anno lontano da casa;

6. non potersi permettere un televisore a colori;

7. non potersi permettere una lavatrice;

8. non potersi permettere un’automobile;

9. non potersi permettere un telefono.



Più della metà delle madri sole non può dunque sostenere una spesa imprevista di 800 euro e neanche permettersi una settimana di vacanza all’anno. Quasi una su cinque è in ritardo nel pagamento delle bollette, affitto e mutuo, e altrettante non possono riscaldare adeguatamente l’abitazione.



Il motivo di questo scenario è semplice: le madri single lavorano paradossalmente di meno rispetto alle madri in coppia.



La situazione lavorativa delle madri single



Ancora il rapporto Istat, infatti, mostra che non solo le madri single lavorano meno e hanno più di frequente un part-time involontario rispetto a quelle in coppia, ma sono anche quelle che hanno risentito maggiormente della crisi rispetto alle madri in coppia, tra le quali la quota di occupate è rimasta praticamente invariata rispetto al 2006.



Nel 2016, lavora il 63,8% delle madri sole, il 24,4% è inattiva, l’11,8% è disoccupata. Rispetto al 2006, la quota di occupate ha subito una forte riduzione per effetto della crisi (era il 71,2%). Eppure, il 63,3% delle madri sole possiede la laurea o il diploma (18,5% la laurea e il 44,8% il diploma).



Dal 2006 al 2016 si è invertita la percentuale di madri single che ha un part-time volontario rispetto a chi ha dovuto, suo malgrado, fare questa scelta meno remunerativa. Nel 2006, prima della crisi, il 43% delle madri single aveva un part-time involontario, mentre il 62% di loro lo aveva scelto. Nel 2016 la situazione è ribaltata: si è dimezzata la percentuale delle madri che ha scelto un part-time, mentre è cresciuta fino a raggiungere il 56% quella delle donne che si sono trovate a dover accettare questa situazione economicamente più sfavorevole.






Il verdetto



Quanto dichiarato da Maurizio Martina è esatto: le madri single sono quasi 900 mila e quasi la metà di loro è a rischio povertà o esclusione sociale, mentre fra le donne in coppia questa percentuale è del 29%. Questo perché queste donne lavorano meno (hanno un impiego tre madri sole su cinque) e sono spesso costrette ad accettare un part-time involontario (il 56% delle madri sole, contro il 43,2% delle donne in coppia), per poter seguire i propri figli. Quindi un “Vero” per Maurizio Martina.



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2018-05-08 11:06:15 UTC
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Pagella Politica rating logo Pagella Politica Verdetto:
Vero
“Possiamo farcela se arriviamo prima di altri a rispondere ai bisogni delle 900 mila madri single del nostro paese di cui ben la metà rischia la povertà e certamente più in difficoltà delle altre madri”
Maurizio Martina
Segretario reggente del Pd
http://www.mauriziomartina.it/relazione-di-apertura-della-direzione-nazionale-del-partito-democratico-del-3-05-2018/
Relazione all’assemblea del Pd
giovedì 3 maggio 2018
2018-05-03