II presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha affidato al suo profilo Facebook alcune considerazioni sulla difficoltà dei produttori di riso italiani a causa della concorrenza dei concorrenti asiatici. Ha parlato di una “invasione” di riso basmati dall’India e ha citato diversi dati.



Verifichiamo se quanto riportato da Zaia è corretto o meno.



Il riso basmati dall’India



Le affermazioni di Zaia si fondano in gran parte su una nota di Coldiretti dello scorso 16 febbraio, che riporta le stesse cifre.



Possiamo confrontarle con quelle che riporta nei documenti dell’Ente Risi, un ente pubblico che si occupa della produzione nel nostro Paese. L’Unione Europea, nel semestre tra settembre 2017 e febbraio 2018, ha importato in totale 250.190 tonnellate di basmati, di cui 174.354 tonnellate dall’India. L’anno precedente, nello stesso periodo, dall’India erano state importate 119.116 tonnellate di riso basmati. L’aumento dunque (55.238 tonnellate) è stato del 46,37%.






La percentuale è abbastanza diversa da quella riportata da Coldiretti e Zaia (62%), anche se è possibile che la differenza dipenda dal diverso periodo di tempo preso in considerazione.



Quanto alle richieste dell’India, è vero – come dice Zaia – che in occasione del 14esimo summit Ue-India tenutosi a Nuova Delhi il 6 ottobre scorso, si è parlato di inserire le nuove varietà di riso basmati tra quelle esentate dai dazi (punto 33). Ci torneremo più sotto.




Quanto riso per un caffè?



La Coldiretti dà ragione a Zaia quando dice che i prezzi riconosciuti ai produttori sono diminuiti anche del 58%: secondo l’associazione degli agricoltori, mentre nell’ultimo anno il prezzo di un chilo di riso sullo scaffale è rimasto pressoché stabile con una valore medio di circa 3 euro, i prezzi a cui il riso viene comprato dagli agricoltori hanno fatto registrare contrazioni consistenti per le principali varietà di riso: dal 58 % per l’Arborio al -57 % per il Carnaroli, dal -41 % per il Roma al -37% per il Vialone Nano. Sempre secondo Coldiretti, il riso Arborio viene pagato tra i 27,5 e i 29,5 centesimi al Kg, il Carnaroli tra i 24,5 e i 30,5 centesimi.



Confrontando i prezzi riportati da Coldiretti con quelli più aggiornati forniti dall’Ente Risi sul mercato di Pavia, se ne ricava un prezzo medio che si aggira sui 28 cent/Kg.



Zaia ha affermato che “per comprarsi un caffè, i nostri agricoltori debbono vendere 4 chili di riso”: dunque, se un chilo si vende a 28 centesimi, 4 si venderanno a 1,12 €, grosso modo proprio il prezzo di un caffè, come indicato da Zaia.



Un pacco ogni quattro contiene riso straniero?



Anche il dato citato da Zaia sulla quota di pacchi di riso venduti in Italia che conterrebbero prodotto straniero viene da un articolo della Coldiretti. Abbiamo chiamato l’associazione per chiedere i dettagli e la provenienza della stima, e ci hanno spiegato che il dato è stato ricavato loro facendo una proporzione tra riso prodotto in Italia e riso importato.



Ma l’Ente Risi certifica che, nella campagna 2016/2017, la produzione netta di riso in Italia è stata pari a 1.547.555 tonnellate e quella di “riso lavorato” – il dato che ci interessa, considerato che il riso che importiamo appartiene a quella categoria – pari a 970.219. Le importazioni sia da Paesi terzi che dalla Ue, si legge ancora nel documento, nello stesso periodo sono state pari a 154.065 tonnellate.







La proporzione è di un pacco ogni 6,3 contenente (solo) riso non italiano. La stessa Coldiretti ha detto di aver procurato il dato con la proporzione tra le due cifre, ma naturalmente questo non indica quanti pacchi sugli scaffali contengano chicchi stranieri. La proporzione potrebbe essere molto diversa. Tutti i pacchi potrebbero contenere un po’ di riso estero, oppure solo uno su sei circa potrebbe essere ottenuto solo da riso straniero.




L’accordo EBA e l’import a dazio zero



Verifichiamo ora le importazioni “illimitate” di riso “a dazio zero”, di cui parla Zaia, provenienti dai Paesi EBA – dalla sigla Everything But Arms, perché per quei Paesi praticamente tutti i beni entrano in Europa senza dazi, ad eccezione delle armi. Questo regime tariffario speciale riguarda alcuni Paesi poco sviluppati.




Nell’elenco di questi Paesi non compare l’India, che però fa parte di un gruppo di nazioni più ampio – denominato GSP – che comunque godono di esenzioni tariffarie concesse dall’Unione Europea.




Per il caso particolare del riso, è vero che – pur al di fuori dell’accordo EBA – il basmati indiano arriva nell’Unione europea “a dazio zero”. Grazie al “Accordo in forma di scambio di lettere” tra la Comunità europea e India ci sono infatti otto varietà di riso basmati provenienti dal Paese asiatico che non devono pagare dazio.



Si tratta di otto varietà su 29 totali riconosciute il governo indiano. Di qui la richiesta – di cui si è detto – di inserire nuove varietà di riso basmati tra quelle esenti da dazio.






Ma il riso basmati compete con le nostre qualità?



Veniamo dunque al cuore della dichiarazione di Zaia, cioè che i produttori italiani verrebbero danneggiati da un’eventuale decisione Ue di ampliare le qualità di riso basmati indiano importabili a dazio zero.



Secondo la roadmap che la Commissione Ue pubblica online per informare e avere il parere dei cittadini sulle azioni normative in corso (qui scaricabile), garantire che nuove specie vengano importate dall’India senza dazi doganali non le metterebbe in competizione con le altre qualità di riso prodotte in Europa per due motivi*:



– perché il riso basmati e i risi europei appartengono a segmenti di mercato differenti, non in competizione tra loro (se non marginalmente). In parole povere: il basmati non compete direttamente con il carnaroli o l’arborio;



– perché le nuove qualità non accrescerebbero la quota di basmati presente nel mercato Ue, ma andrebbero a sostituire le qualità di quel tipo di riso già diffuse da noi.






Il verdetto



Luca Zaia ha ragione, al netto di qualche imprecisione, sulla richiesta dell’India di aumentare l’export verso l’UE del basmati (più precisamente, di ampliare le varietà esenti da dazi), sul calo dei prezzi per i produttori e sul sostanzioso aumento recente delle importazioni. Esagera la proporzione del riso straniero presente in Italia, più vicino a un sesto che a un quarto. La Commissione europea sostiene le nuove varietà di riso basmati che potrebbero essere esentate dai dazi non sarebbero in concorrenza con le varietà autoctone, e oltretutto andrebbero a sostituire le varietà già esistenti più che ad aggiungersi. Ma si tratta appunto di una previsione, per quanto informata. Sui dati fondamentali il governatore del Veneto ha ragione, e dunque per lui un “C’eri quasi”.



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2018-03-08 15:09:28 UTC
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C’eri quasi
«L’India ha chiesto alla UE di aumentare l’export a costo zero verso l’Europa, che ad oggi supera le 170.000 tonnellate (+62% nel solo 2017). Pensate: per comprarsi un caffè, i nostri agricoltori debbono vendere 4 chili di riso: i prezzi riconosciuti al produttore sono calati anche del 58%. Un pacco di riso su quattro venduti in Italia contiene prodotto straniero, visto che l’import dall’Asia gode di un regime fiscale favorevole (l’accordo EBA consente l’ingresso in Ue di quantitativi illimitati di riso a dazio zero, come avviene anche per il Basmati indiano)».
Luca Zaia
Presidente della Regione Veneto
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martedì 20 febbraio 2018
2018-02-20